Immaginate di poter mischiare insieme il borgo di Sperlonga, il villaggio di Lindos, a Rodi, la plaka di Atene e i vicoli di Palermo. Aggiungete un pizzico del profumo di pelli conciate e di cuoio, una musica arabeggiante in sottofondo e i colori e le luci tipiche dell’area mediterranea.
Il risultato è Granada, città dell’Andalusia, nel Sud della Spagna, ai piedi della Sierra Nevada, famosa per la sua architettura medievale risalente al periodo della dominazione araba che trova la sua massima espressione nell’Alhambra, l’imponente fortezza risalente alla dinastia Nasride, l’ultima dinastia musulmana che governò il sultanato di Granada fino al 1492.
Granada è quel tipo di città da “respirare” e guardare più che studiare su una mappa. Devi lasciarti trasportare da lei, dai suoi vicoli strettissimi, dalle piccole piazze, dai “mirador” di Albaicìn, il quartiere arabo diventato patrimonio dell’umanità dal 1984, che si aprono quando meno te lo aspetti sulla parte bassa, caotica e moderna.
Il consiglio è quello di abbandonare guide e Google maps, puntare gli occhi in alto, dove il biancore di Albaicìn riflette la luce del sole, e cominciare a salire. Non importa da quale parte tu lo faccia. L’importante è farti guidare senza opporre resistenza. E se di giorno sei piacevolmente assediato da profumi e colori, di notte, quando si accendono le luci delle lanterne che illuminano scale, vicoli e piazzette, l’atmosfera diventa magica, da mille una notte.
Negozietti arabi di ogni tipo che vengono assaliti dai turisti, locali dove fumare il narghilè, ma anche piccoli pub, gelaterie, piano bar, sale da thè, si susseguono uno dopo l’altro, ma solo fino a un certo punto. Oltre un limite che sembra tracciato da un filo invisibile teso alla stessa altezza su tutti i vicoli, è il silenzio a farla da padrone. E allora, tra le antiche “carmen”, le antiche abitazioni del quartiere, si aprono squarci dove fanno gran mostra di sé gli imponenti torrioni dell’Alhambra.
Il punto migliore per godere la più bella vista sulla fortezza musulmana, è il Mirador di San Nicolás.
Che si voglia o no, ci si arriva per forza di cose, quasi che ci sia una sorta di magnetismo che guida i tuoi piedi sugli scalini che portano in alto. È un belvedere che domina la città con qualche panchina e un muro di cinta dove centinaia di turisti, in un silenzio irreale, contemplano uno spettacolo unico al mondo. Dell’antico quartiere abitato, nel periodo Nasride, da oltre 40.000 persone e delle sue 30 moschee, non rimangono che poche tracce.
Dopo la riconquista spagnola la popolazione diminuì drasticamente sia per l’espulsione sistematica dei musulmani da parte dei governanti cattolici, che per la forzata conversione di molti di questi. Le moschee furono distrutte e al loro posto furono costruite diverse chiese. Ne è un esempio la Cattedrale, la Catedral de la Incarnacion, nella parte bassa di Albaicìn, sorta sui resti della Grande Moschea nasride della città o la Chiesa di San Salvador che prese il posto della Mezquita Mayor, oggi sede della Grande Moschea di Granada.
La città moderna è un centro di media grandezza che conta circa 250.000 abitanti e che sembra vivere distaccata dalla parte antica, preda di un turismo che non conosce stagioni. Viali alberati, giardini, fontane, negozi, le danno un’aria rétro stile francese. Tutto è curato e pulito, a parte qualche graffito di troppo che deturpa muri e vecchi portoni. Non si può non notare come un sistema di isole ecologiche a scomparsa, determini una pulizia che noi, a Roma, neanche sogniamo. Ma questa è un’altra storia che né L’Alhambra, né l’Albaycin, né noi, vogliamo sentire.
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