Gratteri: la mafia 2.0 è su Tik Tok, nuova frontiera del reclutamento giovanile
Secondo Gratteri, le mafie italiane hanno preso ispirazione dai cartelli della droga messicani, che furono i primi a utilizzare i social per costruire un’immagine vincente
In un mondo sempre più digitalizzato, anche le organizzazioni criminali si sono adattate alle nuove tecnologie, trovando nei social network uno strumento potente per avvicinare e sedurre le giovani generazioni. È la Camorra, in particolare, a essere stata la prima mafia italiana a utilizzare piattaforme come Facebook per attrarre nuovi “soldati”, come affermato dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Nicola Gratteri, in occasione della seconda edizione di Capri D’Autore. “Mostrandosi come modello vincente”, afferma Gratteri, “la Camorra ha saputo sfruttare i social per accalappiare giovani in cerca di riscatto sociale, imitata poi dall”ndrangheta di Gioia Tauro”.
L’esempio delle mafie messicane: lusso e potere come strumenti di propaganda
Secondo Gratteri, le mafie italiane hanno preso ispirazione dai cartelli della droga messicani, come il Cartello del Golfo e quello di Sinaloa, che furono i primi a utilizzare i social per costruire un’immagine vincente e attraente. Questi gruppi criminali condividevano video e foto in cui si mostravano ricchi, potenti e invincibili, circondati da auto di lusso e stili di vita opulenti. Un’immagine che ha attirato l’attenzione di giovani in cerca di un riscatto sociale rapido e privo di regole, creando una pericolosa connessione tra violenza, potere e successo economico.
Con il passare del tempo, il focus si è spostato dalle piattaforme più “tradizionali” come Facebook a quelle più recenti e popolari tra i giovani, come TikTok. Gratteri sottolinea come il cambiamento nei modelli di consumo social sia stato seguito a ruota dalle mafie, sempre pronte a sfruttare nuovi strumenti per il reclutamento di nuovi adepti. Le mafie italiane, e non solo, utilizzano TikTok per diffondere un’immagine glamour del crimine organizzato, alimentando miti di potere e successo.
TikTok e la lotta contro l’influenza mafiosa
Grazie al lavoro svolto dal procuratore Gratteri e dal professor Antonio Nicaso, TikTok ha intrapreso un’azione concreta contro l’influenza mafiosa sulla sua piattaforma. Dopo un incontro a Roma con i rappresentanti del social, la piattaforma ha sviluppato un software specifico per monitorare e rimuovere contenuti che inneggiavano alle mafie o al consumo di droga. In poco tempo, sono stati cancellati oltre 36.000 video e audio legati al mondo della criminalità organizzata, dimostrando che un’azione coordinata tra magistratura e aziende tecnologiche può fare la differenza.
La magistratura e la lotta alla criminalità organizzata
Durante il suo intervento, Gratteri non si è limitato a parlare dell’uso dei social da parte delle mafie, ma ha anche affrontato temi scottanti legati alla magistratura e alla gestione della giustizia in Italia. Il procuratore ha sottolineato come, a causa di errori interni e mancanza di un’azione decisa, la magistratura italiana stia attraversando una fase di crisi. Il caso Palamara ha esposto al pubblico le tensioni e le contraddizioni interne al sistema giudiziario, con correnti che sembrano più preoccupate di mantenere le proprie posizioni di potere piuttosto che affrontare con rigore le sfide poste dalla criminalità organizzata.
Gratteri ha anche sottolineato come la mancata presa di posizione netta da parte delle istituzioni, in particolare del Presidente della Repubblica, abbia ulteriormente indebolito la credibilità della magistratura agli occhi dei cittadini. Secondo il procuratore, sarebbe stato necessario un atto simbolico forte, come la richiesta di dimissioni dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, per dimostrare che si stava veramente voltando pagina.
Sovraffollamento carcerario e tossicodipendenza: le proposte di Gratteri
Tra i molti problemi affrontati da Gratteri, uno dei più urgenti è sicuramente quello del sovraffollamento delle carceri italiane. Il procuratore evidenzia come questo sia un problema condiviso da molti paesi europei, ma aggravato in Italia dalla mancanza di personale nella polizia penitenziaria e dall’assenza di trattamenti adeguati per i detenuti, in particolare per quelli tossicodipendenti. Gratteri propone una soluzione pragmatica e concreta: spostare i detenuti tossicodipendenti dalle carceri alle comunità terapeutiche, dove il costo del loro mantenimento sarebbe molto inferiore rispetto al carcere e dove potrebbero ricevere le cure necessarie per il loro recupero.
Inoltre, Gratteri suggerisce di utilizzare le ville confiscate ai capimafia per creare strutture protette destinate ai malati di mente, completando il quadro di un approccio più umano e terapeutico alla gestione del sistema carcerario.
La lotta alla droga: nessuna depenalizzazione
Il tema della droga è un altro punto centrale dell’intervento di Gratteri, che si dichiara fermamente contrario alla depenalizzazione delle cosiddette “droghe leggere”. Secondo il procuratore, non esistono droghe leggere dal punto di vista scientifico, poiché il principio attivo della marijuana, il THC, ha ormai raggiunto concentrazioni che lo rendono altamente pericoloso. Gratteri lancia un appello agli insegnanti e ai dirigenti scolastici affinché portino i giovani nelle comunità terapeutiche, per farli confrontare direttamente con le storie dei tossicodipendenti e fargli comprendere i rischi reali legati all’uso di droghe.
Pubblicazione delle ordinanze e trasparenza giudiziaria
Infine, Gratteri affronta il tema della trasparenza nelle inchieste giudiziarie, esprimendosi contro il divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. A suo avviso, la possibilità di rendere pubblici i contenuti delle ordinanze, pur con tutte le dovute cautele, ridurrebbe il rischio di errori di interpretazione da parte dei media e garantirebbe una maggiore trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica.