Il diabete mellito di tipo 2 (detto volgarmente “diabete alimentare”) è una patologia cronico-degenerativa, purtroppo sempre più frequente ai giorni nostri, in particolare nei paesi più ricchi, tanto da essere definita una vera e propria pandemia silente che nel 2015 ha causato 5 milioni di morti (un decesso ogni 6 secondi).
Si stima che entro il 2040 saliranno a 642 milioni i soggetti affetti da questa malattia per cui è necessario riconoscerne le cause e intervenire in ottica di prevenzione oltre che di trattamento. Se fino a non molti anni fa il diabete di tipo II era visto come una malattia assolutamente controllabile con i diversi farmaci disponibili ma non reversibile oggi è ben noto il contrario: è possibile guarire con interventi mirati e non solo farmacologici soprattutto se applicati nei primi anni dall’insorgenza della patologia.
Ai pazienti, che fino a poco fa venivano ritenuti irrimediabilmente “condannati” a convivere con il diabete e le relative complicanze per tutta la vita, oggi si offre una possibilità: modificare la propria alimentazione e lo stile di vita per vivere a lungo, in salute!
Già in passato diversi studi avevano osservato che in seguito ad una perdita di peso importante (come ad esempio quella raggiunta a seguito di un intervento di chirurgia bariatrica) si otteneva una completa remissione del diabete e quindi la sospensione della terapia farmacologica.
Uno studio clinico effettuato su soggetti che avevano ricevuto una diagnosi di diabete di tipo 2 negli ultimi 4 anni ha dimostrato che una dieta marcatamente ipocalorica per 2 mesi può ridurre i livelli di grasso nel pancreas, nel fegato e nei muscoli, riportando così ad una condizione di normale produzione e utilizzo periferico di insulina. Su 11 pazienti, ben 7 sono guariti dal diabete tre mesi dopo la dieta. Nel corso dell’esperimento i soggetti hanno seguito un piano alimentare marcatamente ipocalorico basato unicamente su verdure non amidacee (come bietole, cavoli, broccoli, insalata, etc.), proteine magre e pochi grassi “buoni” sotto forma di olio extravergine d’oliva. Già dopo una sola settimana di dieta i livelli di glicemia prima della colazione era rientrato nei valori normali.
Al termine della dieta, i pazienti, che avevano ricevuto consigli e indicazioni su come mangiare in modo sano e sulla misura delle porzioni, sono tornati ad alimentarsi normalmente e la maggioranza di loro non presentava più diabete.
Risultati ancor più convincenti si sono ottenuti in uno studio successivo in cui, dopo 6 mesi di dieta normolipidica, moderatamente iperproteica ma a ridotto contenuto di carboidrati (30% proteine, 30 % in grassi, 40% carboidrati) il 100% dei soggetti arruolati ha ottenuto una completa remissione del pre-diabete rispetto a quella ottenuta in solo il 33% del gruppo che seguiva una dieta con elevato contenuto in carboidrati complessi (integrali), normoproteica e normolipidica.
Ma studi più recenti dimostrano che la guarigione è possibile anche con interventi sul peso meno drastici e potenzialmente più attuabili nel lungo termine. Su 867 persone di 40-69 anni con diabete, 257 hanno ottenuto una completa remissione, semplicemente perdono il 10% del proprio peso entro 5 anni dalla diagnosi di diabete, modificando la propria alimentazione e attività fisica. La particolarità di questo studio è che dimostra come non siano assolutamente necessari interventi drastici: meglio modifiche meno rigide, ma che siano più facili da mantenere nel tempo.
Sicuramente la riduzione dell’apporto calorico con la dieta, in particolare se associata ad un incremento dell’attività fisica, può migliorare (e nel tempo normalizzare) la capacità dell’organismo di metabolizzare correttamente il glucosio. Non sorprende che un approccio basato, oltre all’apporto calorico, sulla riduzione dell’assunzione di carboidrati con la dieta a favore dei grassi “buoni” (come ad esempio olio extravergine d’oliva, frutta secca oleosa, pesce azzurro, avocado, cioccolato fondente etc.) e delle proteine, sembri fornire i migliori risultati nel breve termine ma non bisogna mai ragionare secondo “schemi” o “protocolli” rigidi e definiti.
Ogni persona è un organismo con specifiche esigenze e caratteristiche metaboliche, è sufficiente trovare la corretta “chiave di lettura” di ognuno di noi che ci permetta di preservare il bene più prezioso, la nostra salute.
“Il desiderio di prendere medicine è forse la grande caratteristica che differenzia l’uomo dagli altri animali.”
William Osler
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