Cronaca

Guerra tra Israele e Hamas: fuori il coraggio! Da che parte stai?!

Nei talk show e sui giornali prosegue, come è stato per l’Ucraina e per altre questioni nazionali, il dialogo tra sordi dei politici italiani. A che servono i talk show se non si fanno per capirsi ma per sovrapporsi? Per offendere? Per nascondere la realtà? Perché si impedisce il diritto di critica?

Il dialogo tra sordi su Hamas e Israele

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, all’articolo uno afferma: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».

Non si parla di ideologie, religioni o Stati, si parla di esseri umani. Ma sembra che quello che scriviamo nelle Leggi Universali poi ce lo dimentichiamo.

Sarebbe meglio ascoltare persone qualificate nei talk show

Assistendo a una serie di dibattiti in tv in questi giorni, sulla questione Israele Hamas, mi sono accorto che il dibattito di fatto non c’è.

Manca il rispetto per l’altro, manca il rispetto per l’essere umano in sé. Come spesso succede nella nostra vita culturale e politica, non ci si parla per capirsi ma per ribadire la propria visione del mondo, senza nessuna volontà di fare passi in avanti. Spero che voi lettori non siate come questi ultras della politica, che sembrano più dei tifosi che dei giornalisti e che abbiate la disponibilità a comprendere gli altri e non solo voi stessi e a calarvi nei piccoli meandri della discussione, per venire a capo dei problemi.

Forse nella calma della lettura e quindi di un momento meno emotivo, com’è la visione televisiva, si riesce a stabilire perché sia inutile il talk show. Meglio sarebbe ascoltare una serie di interventi qualificati su Youtube da parte di analisti politici e liberi pensatori con conoscenza dei fatti e trarne le conseguenze.

Israele e la risposta dura per autodifesa

La polemica vede schierati su due fronti i sostenitori di Israele e quelli dei diritti dei Palestinesi. Nessuno difende Hamas, se non gli stessi dirigenti dell’organizzazione terroristica, com’è ovvio.

Da un lato abbiamo in genere la destra israeliana, sorretta da quella europea e americana, che chiede parole nette di condanna per Hamas (l’aggressore e terrorista) e di assoluzione per Israele (lo stato democratico che ha diritto di esistere e di autodifendersi). Ogni tentativo di distinguo, di analisi, di approfondimento, viene scambiato per volersi sottrarre alla necessità di una condanna senza appelli di Hamas e un riconoscimento del diritto di Israele di avere la sua reazione per impedire futuri e nuovi attentati da parte dei terroristi.

Si esprimeva in tal senso il direttore di Libero, Mario Sechi a Otto e mezzo di Lilli Gruber il giorno 12 ottobre su La7. «Gaza non viene da Marte, i palestinesi hanno festeggiato e protetto i miliziani di Hamas. Israele deve dare una risposta dura che prevede una strategia di invasione di terra e di assedio». Insomma, la risposta di Israele deve essere ferma e deve puntare a sferrare un colpo decisivo a Hamas. 

Israele nei territori occupati alimenta l’odio dei palestinesi

Dall’altro ci sono intellettuali, opinionisti di una sinistra più variegata, meno compatta, che comprende anche israeliani ed ebrei non sionisti o contrari a Nethaniau, che rivendica il principio di realtà e di non schierarsi per l’una o l’altra parte ma di individuare le ragioni dell’attacco terroristico (comunque condannato) e in maniera più ampia del conflitto tra palestinesi e israeliani in questi 75 anni di storia. Nell’occupazione dei territori palestinesi da parte di 800mila coloni ebrei, in spregio alle molte risoluzioni dell’Onu (che poi sentirete invocare a difesa di Israele) e alle intimazioni a ritirarsi da quei territori, c’è una delle principali cause della rabbia di un popolo oppresso nel suo stesso paese.

Detto in altre parole, 75 anni di occupazioni illegittime dei loro territori in Cisgiordania, di limiti, vessazioni e di apartheid subiti da tutto il popolo palestinese hanno prodotto un progressivo distacco dall’OLP, organizzazione moderata e la crescita di Hamas, una organizzazione che chiede la eliminazione dello Stato di Israele e nessun accordo. In pratica da questa parte della barricata si vuole fare il cosiddetto “distinguo”.

Hamas commette atti atroci ed è da condannare, ma Israele non può comportarsi come i suoi nemici. Non può mantenere nell’apartheid il popolo palestinese, un popolo privo di diritti civili, sotto occupazione militare, arrestare civili anche minori che non hanno colpe. Non può controllare le vie di accesso, la fornitura di acqua ed energia, impedire che si ricostruiscano le abitazioni distrutte dall’esercito israeliano per fare spazio ai coloni, protetti dai militari.

Dal diritto a difendersi al bombardamento dell’ospedale

Il 17 ottobre su La7 va in onda a Di Martedì uno scontro chiarificatore tra Alessandro Di Battista e Italo Bocchino, direttore del Secolo d’Italia.

Nel suo intervento Di Battista si chiede cosa c’entri il diritto all’autodifesa di Israele con il bombardamento dell’Ospedale di Gaza, dove sono morte oltre cinquecento persone tra cui molti bambini.

«Ad oggi secondo i dati di Save the Children sono morti in 6 giorni di bombardamenti israeliani a Gaza oltre 1000 bambini, uno ogni 14 minuti. In questo studio la settimana scorsa si parlava del sacrosanto diritto di Israele di difendersi. Cosa c’entra con la legittima difesa bombardare un ospedale? Con la legittima difesa, colpire un convoglio di profughi che stanno obbedendo all’ordine tremendo israeliano di abbandonare il nord di Gaza per arrivare al sud? È legittima difesa bombardare strutture delle Nazioni Unite? Cosa c’entra con la legittima difesa intimare a un milione centomila disgraziati, poveri in maniera sconvolgente, malati, bambini e anziani di lasciare il nord di Gaza per arrivare al sud nel giro di 24 ore…».

Italo Bocchino: «Israele è l’unica democrazia, la dobbiamo difendere»

«Sono un po’ confuso. Non so se ci siamo accorti che Hamas, organizzazione terroristica ha aggredito Israele, stato legittimo, voluto da una risoluzione delle Nazioni Unite o non ve ne siete accorti? Il monologo teatrale di Di Battista, molto efficace dal punto di vista teatrale ma poco efficace dal punto di vista di riflessione sulla politica estera, non tiene conto che Israele non è uscita come un fungo autunnale, visto che siamo in stagione. Israele sta lì perché l’ha deciso l’Onu».

Replica Italo Bocchino alle affermazioni di Di Battista «Dovevano nascere due stati, uno è nato: Israele e l’altro non è potuto nascere perché insieme con la Lega Araba e con gli altri Paesi Arabi hanno deciso che la propria missione era quella di distruggere Israele. Giustamente parla dell’Ospedale, Di Battista. È una cosa che a me colpisce nel cuore, ma Di Battista dimentica che prima qualcuno ha sgozzato i bambini, li ha rapiti. Voglio dire… stiamo parlando dell’aggressione di una organizzazione terroristica contro uno Stato legittimo. Di organizzazioni non democratiche contro l’unica democrazia del Medio Oriente. Noi dovremmo avere più democrazia in Medio Oriente. Voi volete distruggere chi esiste lì e voi state giustificando gli atteggiamenti dei terroristi. Perché voi dite hanno sbagliato ma Israele ha tutte le colpe del mondo!»

Inizia il tifo da stadio: tira fuori le palle! Con chi stai?

Inizia un battibecco tra Alessandro Di Battista e Italo Bocchino, dove il primo dà del lei per marcare la distanza di opinioni e il secondo del tu perché continua a irridere usando il sarcasmo.

Di Battista: «Quando non si hanno argomenti si giudica l’opinione altrui come performance teatrale, questo è piuttosto avvilente e anche puerile».

Bocchino: «Scusa se non ho pagato il biglietto, per ascoltarti».

Di Battista: «È un comportamento adolescenziale che non le fa onore».

Bocchino: «Ma tu stai con la democrazia o col terrorismo?»

Di Battista: «Sto parlando… questo è un giochetto che fate spesso…»

Bocchino:« Tira fuori le palle! Dove stai?»

Di Battista: «Fammi rispondere…»

Bocchino: «Rispondi, sei capace di rispondere?»

Il passaggio al tu anche da parte di Di Battista fa pensare che siamo prossimi a uno scontro non solo verbale che Floris seda abbassando l’audio e passando ad altri.

I morti di serie A e quelli di serie B

Massimo Gramellini editorialista del Corriere della Sera conduce il programma In altre parole, su La7, il solo servizio pubblico rimasto in Italia. Il 17 ottobre ospita un dibattito su Hamas e Israele e dice: «Il fisico Carlo Rovelli ha pubblicato un tweet in cui si chiedeva perché quando vengono massacrati bambini israeliani tutti gridano all’orrore, mentre quando si sterminano bambini palestinesi per l’Occidente non c’è problema?» E chiede al giornalista Federico Rampini, anche lui editorialista dl Corriere della Sera e naturalizzato americano da qualche anno, è vero?

Rampini risponde: «Rovelli è un grande scienziato ma evidentemente occupandosi di fisica vive su un altro pianeta. Il mondo reale in cui vivo io è l’esatto contrario di quello che dice lui. Nelle grandi città occidentali e anche nella città in cui vivo, New York, le piazze si sono riempite prevalentemente di manifestazioni pro Palestina, addirittura pro Hamas. Manifestazioni in cui non è stato mai segnalato il minimo sentimento di orrore, empatia, solidarietà, per i bambini israeliani uccisi, anzi, quei bambini quelle vittime israeliane sono state imputate a Israele».

Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio, a L’Aria che tira dell’11 ottobre, sempre su La7, lancia un atto di accusa su Hamas e soprattutto su chi non difende abbastanza Israele: «Hamas si muove sempre di più, come ha detto Biden, come se fosse una succursale dell’Isis. L’appello alla mobilitazione purtroppo potremmo anche leggerlo in un senso più ampio come un appello alla mobilitazione nei confronti di tutte le cellule, che considerano Israele il simbolo del male e tutti coloro che appoggiano Israele come dei complici del male».

Hamas si muove sempre di più

Interviene anche ad Omnibus, ancora una volta su La7 per precisare meglio il suo pensiero: «Chi cerca di individuare una faglia tra i palestinesi e Israele sta commettendo un errore, per essere generosi oppure sta giocando con le parole in un momento in cui le parole dovrebbero essere nette. La faglia è tra Israele e Hamas, che tiene in ostaggio non soltanto i cittadini di Israele rapiti ma anche gli stessi cittadini palestinesi che sono ostaggi di un gruppo di terroristi, contro i quali non riescono a ribellarsi e che usano i palestinesi come scudi umani.

La seconda questione riguarda il fatto che ci sono sfumature diverse nella difesa di Israele.  Penso sia ipocrita mettere una a fianco all’altra le bandiere di Israele e della Pace, perché oggi per difendere la Pace basta sventolare una bandiera e quella bandiera è quella di Israele, che difende la sua libertà, difende la democrazia e difende il diritto di esistere, di resistere e di difendersi». A parte delle ripetizioni superflue è chiaro e semplice il pensiero di Cerasa, che prendo qui a titolo d’esempio di molti altri giornalisti conservatori. Israele deve esistere, si deve difendere, chi l’attacca è un terrorista. Se reagisce fa bene.

Moni Ovadia ebreo che pensa al popolo palestinese

Moni Ovadia, ebreo, artista, che ha vissuto molti anni negli Usa, interviene a Piazza Pulita ancora su La7, il 22 ottobre: «Il popolo palestinese vive in Cisgiordania in una prigione a cielo aperto e nella striscia di Gaza in una scatola di sardine. Parliamo di 75 anni per Gaza e di 56 anni per la Cisgiordania. Non fermiamoci sull’evento specifico (l’assalto di Hamas n.d.r). C’è un popolo che vive in prigione, in una condizione infernale e questo scatena la rabbia. In questo l’Occidente mostra il suo doppiopesismo. Cioè è sempre pronto a imputare la ferocia ai palestinesi ma non batte ciglio per il fatto che il popolo da decenni e decenni subisce una condizione di segregazione, oppressione, vessazione interminabile».

«Quando indico che la responsabilità pesa sulle spalle del Governo e dell’autorità militare israeliana, dico che la situazione del popolo palestinese è stata lasciata marcire nella sua ferocia per decenni e decenni e non ci si può solo fermare sull’ultimo episodio, per quanto violento, per quanto terribile. Bisogna capire che è stato costruito da parte israeliana un autentico brodo di coltura della disperazione terrificante che non può che produrre frutti avvelenati».

Rivolgendosi poi al direttore del Foglio che gli chiedeva una condanna esplicita per Hamas e se Israele avesse diritto a difendersi, risponde: «Cerasa a me piacerebbe sentire da lei… l’OLP ha riconosciuto lo Stato di Israele, ha accettato un accordo sul 22% della Palestina storica. Qual è stato il risultato? I governi israeliani hanno dimostrato disponibilità? No. Hanno mandato 800mila coloni. Cosa c’entra questo con la difesa di Israele? Israele ha sempre voluto… parlo degli ultimi governi, dopo Rabin, cancellare la stessa identità palestinese. Vada a vivere come palestinese, un paio di mesi, a Gaza o in Cisgiordania, poi mi viene a raccontare qualcosa».

L’estremista non si fa sconvolgere i pensieri dalla realtà

Corrado Formigli di Piazza Pulita (La7) intervista il giornalista Michele Serra su Israele-Hamas, il 22 ottobre.

Serra fa una riflessione pacata sulla questione di fondo: «Anche se riuscissimo a ricostruire con una qualche attendibilità quello che è successo all’Ospedale di Gaza, siamo già certi adesso, che la parte responsabile non lo ammetterà. Le opinioni pubbliche non lo ammetteranno. Non c’è più spazio per la realtà delle cose. L’ha detto bene oggi Paolo Giordano sul Corriere della Sera: “l’estremista non può farsi scompaginare i pensieri dalla realtà“. Quindi la realtà è la prima vittima, non ha più diritto di esistere. I veri martiri sono quelli che cercano disperatamente di ristabilire un principio di realtà in quello che sta accadendo. Non vedo come si possa mettere i due fronti davanti all’evidenza delle cose. L’evidenza viene negata vicendevolmente».

L’altra vittima, oltre al principio di realtà, è la libertà di critica

L’altra vittima è la libertà di espressione e di critica. Come esprimi un pensiero diverso dalla sola condanna per il gesto di Hamas subito vieni messo a tacere, attaccato come filo terrorista, sospeso, finanche licenziato, diventa vittima di ostracismo, come la scrittrice palestinese Adania Shibli (Un dettaglio minore) al festival del libro di Francoforte, non più premiata in quanto palestinese o come il vignettista Steve Bell che da 40 anni lavorava per The Guardian, che è stato licenziato per aver disegnato e pubblicato una vignetta satirica su Nethaniau, o la modella Gigi Hadid attaccata dal Governo Israeliano per aver solidarizzato con il popolo palestinese, come anche è accaduto al calciatore francese di origini algerine Benzema ora in forza a una squadra dell’Arabia Saudita.

Lo stesso Patrick Zaki, prima osannato come vittima del regime dispotico egiziano, ora viene attaccato perché, pur se ha condannato il gesto di Hamas, chiede con forza il rispetto dei diritti del popolo palestinese. Chiede che si cerchi un cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi israeliani e che si giunga alla pace per avviare trattative per la costituzione di uno stato di Palestina, che sorga nei territori della Cisgiordania e di Gaza, riconosciuto anche da Israele. Chiede una cosa difficile ma non è forse sensata? Eppure è considerato un pericoloso filo palestinese. Ma non era il democratico studente di Bologna, vittima degli egiziani?

La Francia, dal divieto alla possibilità di manifestare

Per fortuna in Francia è stato revocato il divieto di manifestazioni pro Palestina. Un provvedimento assolutamente censorio. Ciò che vieta porta come conseguenza più radicalismo. Ogni volta che si vieta la libertà di espressione questo comporta una reazione violenta, perché limitare la libertà è già un atto di violenza. Noi ci riempiamo le bocche con il fatto di essere società democratiche e difendiamo Israele perché è una democrazia, poi di fronte agli atti di censura, di apartheid nei confronti del popolo palestinese e di chi lo difende non diciamo niente.

Siamo sicuri che sia questa la democrazia? Non manca qualcosa?

Carlo Raspollini

Autore e regista televisivo, responsabile marketing, consulente gastronomo e dello spettacolo, viaggiatore.

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