Guglielmo Mollicone ha raggiunto sua figlia Serena, senza aver ottenuto giustizia
Muore alla vigilia dell’anniversario della scomparsa della figlia Serena
Alla fine non ce l’ha fatta. Guglielmo Mollicone ha raggiunto sua figlia Serena, per la quale non ha ancora ottenuto giustizia, dopo quasi 19 anni di battaglie per arrivare a ottenere giustizia. La sua morte alla vigilia dell’anniversario della scomparsa della figlia.
A novembre del 2019 era stato colpito da un arresto cardiaco e non si era più ripreso. Nel 2001 della 18enne di Arce, in provincia di Frosinone, si erano perse le tracce. Era l’1 giugno, dopo un paio di giorni era stata ritrovata senza vita nel boschetto dell’Anitrella, a pochi chilometri da casa.
Per ritrovarla si erano mobilitati in tantissimi, altrettanti l’avevano salutata ai funerali alla chiesa di Arce. Qui, un altro dolore per papà Guglielmo: prelevato dai Carabinieri durante la veglia al corpo della figlia: era stato trattenuto per ore in caserma, ma solo per firmare dei fogli.
Per quel fatto era stato anche indagato un carrozziere di Arce, finito in carcere ma subito scarcerato. Guglielmo, però, era stato subito chiaro e diretto: il segreto della scomparsa di Serena era nella caserma di Arce.
Perché lì era andata la ragazza a denunciare lo spaccio del paesino ciociaro, in quel periodo crocevia di un traffico di droga. Ma Serena da li’ non era più uscita. A confermarlo, infatti, la testimonianza del carabiniere Santino Tuzi, poi ritrovato senza vita l’11 aprile 2008, ucciso da un colpo partito dalla sua pistola di servizio.
La svolta delle indagini sulla morte di Serena
Subito si parlò di suicidio, seppure tra molti dubbi: pochi giorni prima aveva parlato con gli inquirenti, confermando la presenza di Serena in Caserma. Tanti anni di indagini, poi la svolta grazie anche al lavoro dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo e del Ris dei Carabinieri di Roma.
Indagini che hanno consentito al corpo di Serena di ‘parlare’: dopo aver riesumato il corpo della giovane, infatti, è emerso che la giovane sarebbe stata uccisa perché colpita e dopo essere finita con la testa contro una delle porte della caserma. Porta poi sequestrata ed analizzata, avrebbe confermato il tutto.
La Procura di Cassino ha quindi chiesto il rinvio a giudizio per cinque persone per la morte di Serena: si tratta dell’ex comandante della stazione dei Carabinieri di Arce, Franco Mottola, suo figlio Marco, la moglie Anna. E poi del luogotenente dei Carabinieri Vincenzo Quatrale e dell’appuntato Francesco Suprano.
Per la famiglia Mottola le accuse sono di omicidio volontario e occultamento di cadavere, per Quatrale di concorso morale esterno in omicidio e dell’istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi. Favoreggiamento, infine, per l’appuntato Suprano.
Serena avrebbe denunciato lo spaccio di droga in cui pare fosse coinvolto il figlio di Franco Mottola. Da qui, la lite. Infine, la tragedia.
Guglielmo Mollicone se n’è andato nell’anniversario della morte della figlia
“Serena adesso è con il suo papà”, scrive la famiglia in un post su Facebook.
“In questo momento di immenso dolore – continua il post – ringraziando tutti coloro che ci sono vicini con l’affetto di sempre, la famiglia chiede la massima riservatezza. E un rispettoso silenzio per questa nuova grande e dolorosa prova a cui siamo sottoposti. Grazie”, le parole dei familiari di Gugliemo Mollicone.
Ma con la morte di Guglielmo non finisce la ricerca della giustizia per Serena: “Finisce la sua vita ma non finisce la sua istanza di giustizia”, sono le parole di Dario De Santis, legale di Guglielmo Mollicone, interpellato dall’agenzia Dire.
Dichiarazioni del criminologo perito di parte della famiglia del maresciallo Mottola
“Mi dispiace per la morte di Guglielmo Mollicone per motivi umani, per il fatto che se ne sia andato senza conoscere la vera identità dell’assassino della figlia Serena, per lo strascico di sofferenza che lo ha accompagnato negli anni causa gli errori e i pressappochismi investigativi e giudiziari.
L’ho sempre rispettato per tutto quello che era ed ha rappresentato: come uomo, come padre, come familiare della vittima e come sofferente ricercatore della verità.
Ora il momento storico, processuale e investigativo è molto delicato per parlare: in questo momento dobbiamo cercare la verità dei fatti, senza ripiombare nella caccia alle streghe ed all’untore. Senza innamoramenti dei sospetti e delle tesi e delle chiacchiere da villaggio globale come purtroppo accadde per il carrozziere Carmine Belli.
Mi auguro che Guglielmo riposi in pace accanto alla figlia, alla moglie ed al padre e che nessuno strumentalizzi la sua morte per indegni interessi di bottega, di visibilità mass mediatica e per pennivendolismi vari. RIP Guglielmo: io cercherò la Verità e la Giustizia!”. Così il post su Facebook di Carmelo Lavorino, criminologo e perito di parte della famiglia del maresciallo Mottola.