Religione

Il battesimo di Gesù: la testimonianza della Spirito rivela il Figlio

L’appuntamento al Giordano

Il racconto del battesimo di Gesù (Mc. 1, 7-11) chiude una sorta di piccola preparazione all’inizio del ministero vero e proprio di Gesù, sulle rive del mare di Galilea, che sarà narrato a partire Mc. 1, 14. Questa preparazione è segnata dal legame tra la profezia di Giovanni il Battista e il suo compimento nella venuta di Gesù: “Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo” (v. 8). Un’immersione in acqua è cosa ben chiara, date le scene precedenti e future; meno esplicito è il senso di una immersione nello Spirito, anche se la memoria dell’A.T. fa risuonare la promessa del profeta Ezechiele: “Porrò il mio Spirito dentro di voi” (Ez. 36, 27).

“Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea…” (v. 9). Il lettore resta sorpreso che il protagonista del vangelo faccia il suo ingresso sulla scena senza alcuna presentazione adeguata, ma imparerà a conoscere e ad apprezzare lo stile asciutto ed essenziale dell’evangelista Marco. Gesù giunge da Nazaret di Galilea, un villaggio piuttosto sconosciuto, per il momento. Al Giordano convergono sia la Giudea con Gerusalemme e sia la Galilea: sono i due poli geografici del vangelo, ma anche i poli di una teologia tipica dell’evangelista Marco che mette in tensione il centro e le periferie: la periferia come luogo delle profezie dimenticate.

Un battesimo rivelatore

Gesù viene battezzato nel Giordano da Giovanni (v. 9) immergendosi completamente nelle acque del fiume. Certamente l’azione compiuta da Gesù lo accomuna a tutti gli altri uomini e donne in fila lungo il Giordano, con i quali condivide la supplice preghiera a Dio che non lasci affogare nel peccato i suoi figli. Ma, dopo questo abbassamento, Gesù risale dall’acqua ed ecco che subito egli assiste a una teofania (Dio si rivela).

La prima manifestazione descritta è l’apertura dei cieli, segno che prelude a una discesa dall’alto e indica il rimettersi in gioco di Dio nella storia dell’uomo. Infatti, su Gesù scende lo Spirito, come colomba, richiamo al segno per eccellenza della riconciliazione tra Dio e l’umanità dopo il diluvio, quando il Signore aveva deciso di riporre per sempre il proprio arco sopra le nubi. A ciò si aggiunge una voce proveniente dal cielo, ma Marco non specifica chi possa udirla. Tuttavia il suo destinatario è chiaro, così come il suo contenuto: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (v. 11).

Questa rivelazione è per Gesù e per il lettore: per Gesù, perché il Padre gli rivela la sua identità di Figlio amato e così Gesù, nella consapevolezza di essere il Messia, l’unto di Dio, può iniziare il proprio ministero; per il lettore, perché il “tu” di Dio a suo Figlio Gesù conferma nel lettore ciò che il prologo (il titolo del vangelo di Marco) aveva annunciato: proprio Dio ci dice che costui sul quale scende lo Spirito è il Figlio del suo compiacimento, la sua gioia.

La dignità di questo figlio è espressa dalla voce stessa di Dio, con un’espressione che ricorda quella relazione speciale esistente tra Abramo e Isacco, il figlio unigenito, il figlio amato (Gen. 22,2). Nel vangelo di Marco le comparse in scena di Dio sono così rare che questa non può non rimanere a lungo nella memoria del lettore, fino a quella ulteriore conferma sull’identità di Gesù nella scena della Trasfigurazione, quando, con parole non dissimili da quelle del battesimo, di Gesù sarà detto: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!” (Mc. 9, 7).

Nella festa di oggi, il Battesimo di Gesù, la scena del Natale è completamente cambiata: non c’è più il Bambino deposto nella mangiatoia, né Maria e Giuseppe. In effetti quel Bambino ora è un Uomo, ha circa trent’anni e questo è il momento di cominciare la sua missione. C’è un’umanità dolente, provata dal male, dal peccato, dalla sofferenza che attende l’inviato di Dio per essere liberata e generata a una speranza nuova.

E’ a questa gente che Gesù si mescola: essi vanno da Giovanni il Battista, vanno per compiere un gesto di conversione, di cambiamento, per andare incontro a colui che viene nel nome di Dio. Anche Gesù riceve quel battesimo, lui che non ha commesso peccato. E così il suo battesimo diventa una “manifestazione”: si aprono i cieli, lo Spirito discende su Gesù, la voce del Padre che lo riconosce come Figlio prediletto. Una manifestazione per noi oggi. Noi che abbiamo celebrato il Natale sapremo aprirci alla parola che ci raggiunge, al dono dello Spirito? Sapremo vivere quella relazione con Dio che ci rende figli pieni di fiducia e di amore, generati a un’esistenza nuova?

Al Giordano comincia la missione di Gesù e si conclude il compito del Battista; al Giordano, attorniato da uomini e donne che confessano i loro peccati, le loro infedeltà e sono disposti a cambiare vita, il vangelo inizia la sua strada e sarà buona novella per tutti quelli che sono poveri e si affidano a Dio, che sono esausti e spossati e invocano consolazione e forza, che sono lacerati dal male e non ne vengono fuori da soli. Al Giordano i cieli si aprono perché Dio, attraverso Gesù, dona la possibilità di entrare in alleanza con Lui, di diventare suoi figli, di sperimentare la dolcezza della sua presenza, della sua azione.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Guida, 2021; Laurita, 2021.

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