La curiosità questa volta la solletica un articolo de Il Messaggero di Roma, con il quale invita il lettore a digitare l’ormai famoso acronimo “Roma Nord” su uno dei siti di viaggio più utilizzati al mondo, Wikivoiage. L’invito è a leggere la descrizione che il sito fornisce dell’area in questione: “…per ‘Roma Nord’ si è soliti fare riferimento non solo ad un’area cittadina, ma piuttosto uno stile di vita, un sentire delle cose e soprattutto una elevazione spirituale rispetto a tutto ciò che non è Roma nord. Essere di Roma nord, dalla Balduina a Talenti o dai Parioli a Tomba di Nerone vuol dire essere capaci di assaporare una effimera bellezza tipica di questa parte della città…” (Wikivoiage).
Da qualche anno l’espressione “Roma Nord”, ha acquisito un significato diverso rispetto a quello di coordinata geografica o di mero quadrante cittadino. Tale espressione viene utilizzata infatti, non solo per indicare una particolare area – non riconosciuta in modo ufficiale a livello amministrativo – ma soprattutto per affermare una realtà contraddistinta da modi di vivere peculiari. Questo concetto ha origini sicuramente riferibili a tempi non sospetti, ma oggi vede una forte ridondanza nella capitale e nel suo tessuto sociale. Un concetto che appartiene in primis proprio alla gran parte dei suoi abitanti, “quelli di Roma Nord”, che reputano il proprio status sociale e le rispettive condizioni economiche, superiori ai concittadini che vivono fuori dal quadrante in questione. Insomma un’enclave esclusiva che in qualche modo trova riconoscimento in un territorio circoscritto e ben delimitato all’interno della capitale.
La differenziazione delle aree urbane appartiene da sempre ad ogni città. Le dinamiche di antropizzazione del territorio portano con sé una naturale diversificazione dei tessuti urbanistici con caratteristiche socio-culturali e socio-economiche ben identificative di quel particolare territorio o quartiere. Ma nel caso specifico, l’uso della definizione di “Roma Nord”, ha nel tempo acquisito un significato diverso. È divenuto un vero e proprio “brand” con il quale si certifica l’esclusiva condizione di romano che si distingue dal resto del tessuto cittadino. Un differenziarsi per prendere le distanze da quella Roma che negli anni ha fagocitato la sua storia e cavalcato a briglie sciolte verso una modernità che l’ha resa un ibrido senza anima.
Così con “Roma Nord”, non si finisce per affermare solo una condizione di classe o un modo di essere, ma altresì si creano i presupposti per spostare il baricentro della città, da un centro storico lasciato ai portieri degli alberghi o alle stanze dei B&B, verso un luogo non più solo luogo. Questo perlomeno è il tentativo che l’ormai degradata borghesia romana ha saputo dare come risposta alla deriva capitolina. Un ritirarsi a vita propria nel tentativo di esportare il suo modello senza concessione alcuna. Una borghesia che dietro le palazzine curate con i balconi sempreverdi, le boutique alternative, le punture di botulino, le domestiche filippine, i Suv e le macchinette per i figli, conscia della sua inarrestabile decadenza cerca con un ultimo straziante grido di differenziarsi da tutto il resto.
Nel tentativo grottesco di governare le nuove forze centripete che il mondo e la globalizzazione stanno creando, Roma Nord sembra voler compiere un doppio salto carpiato all’indietro pur di sopravvivere al nuovo caos, offrendo l’opuscolo che promette cose buone e belle ma che poi si scopre essere il luogo degli incontri di Mafia Capitale o di truffe finanziarie ed essere il prestigioso marciapiede di una prostituzione minorile del tutto esclusiva. Altro che “elevazione spirituale” come reclamizzato. Roma Nord è solo parte di una città sempre più lontana da “…damme le stelle più brillarelle che c’hai e nun fà la stupida stasera…” e organicamente inglobata dentro il modello decadente di una città che non ha saputo domare se stessa lasciandosi inquinare anziché contaminare. E per sopravvivere allora non resta che categorizzare.
Generalizzare se stessi in base al proprio modo di saper vivere o semplicemente vestire. In base allo status sociale o a quello economico, pur di riconoscersi in esso e riuscire a respirare ancora. In poche parole ritirarsi dentro il proprio artificiale recinto per affermare di aver vinto la battaglia. Un fenomeno spiegato molto bene dalla “Psicologia sociale” con la “Teoria dell’identità sociale”, con essa viene sottolineato che una parte della nostra identità deriva dalla consapevolezza di appartenere ad un gruppo sociale al quale si attribuisce un significato emotivo. Per esempio sentirsi appartenente ad un ambiente al quale viene assegnato un significato negativo influenza la percezione di sé e inevitabilmente la propria immagine diventerà automaticamente negativa, o al contrario se l’ambiente assegna significati positivi. Un fenomeno che trova reale applicazione quando i significati hanno un riscontro oggettivo e ben strutturato, non quando l’ostentazione di se stessi diventa solo il tappeto per nascondere la polvere al disotto. Insomma un tentativo controproducente quello riferibile alla emancipazione territoriale che si è voluto creare rispetto all’acronimo di “Roma Nord”.
L’ennesima occasione persa per ricostruire un’identità cittadina e di romanità, ormai sopraffatte dal nuova standard relazionale. Un’occasione che alla vigilia delle amministrative invece di unire, frammenta ancor di più Roma in tanti microcosmi diversi e che contribuisce a lacerare un tessuto sociale impoverito culturalmente ed economicamente. Una città eterna che non è più quella di prima come affermava qualche anno fa uno dei suoi più illustri cittadini: “È diventata scomposta, estranea a sé stessa. Non è più un’unità, ma è una somma di almeno sette città diverse con anime diverse” (Gigi Proietti).
Forse è giunto il momento di guardare a nord di “Roma Nord”.
In collaborazione con la Dottoressa Nicoleta Beatu.
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