Il caso del figlio di Loretta Rossi Stuart: la Corte Europea dei Diritti umani gli dà ragione
Una prima vittoria in una storia disseminata di aspetti problematici: il disagio psichico, la dipendenza, l’inadeguatezza del percorso di recupero
Il caso del figlio di Loretta Rossi Stuart: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dispone l’immediato trasferimento, un importante risultato per Giacomo e i tanti Giacomo nella sua situazione.
Non ancora il lieto fine ma sicuramente un importante risultato, una prima vittoria in una storia disseminata di aspetti problematici: il disagio psichico, la dipendenza, l’inadeguatezza del percorso di recupero e l’inesistenza di strutture che vengano incontro alla crescente emergenza giovanile legata ai disturbi psicotici innescati da droghe economiche e devastanti. E poi il carcere, quasi inevitabile visto il mancato compimento della riforma degli OPG (Ospedali psichiatrici giudiziari). L’istituzione delle Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, strutture sanitarie per gli autori di reato affetti da disturbi psichici), doverosa ma piena di criticità: la mancanza di posti ma soprattutto l’intasamento delle liste d’attesa, il vacuum legislativo e la mancanza di comunicazione tra Dsm, Sert e magistratura, determinano che se non c’è posto nella struttura indicata dal magistrato, unica alternativa rimanga il carcere. Oppure la libertà con relativi rischi per il soggetto e la comunità.
Poi quando finalmente si libera un posto, dopo un anno e più, succede, come nel caso di Giacomo, che il quadro clinico e psicologico sia cambiato, che a detta degli psichiatri ci voglia una comunità a doppia diagnosi e la Rems non risulti più idonea, ma rischi di finirci ugualmente, togliendo i pochi posti a chi ne ha bisogno subito. Così come può succedere che se il progetto comunitario fallisse, in caso di recidiva, si ricomincerebbe da capo con la lista d’attesa. Una situazione che auspichiamo si risolva al più presto, grazie anche al ricorso presentato a favore di Giacomo Sy da parte dello Studio legale internazionale Saccucci & Partners, il quale riporta questi importanti dati: “Secondo le ultime statistiche rese note dal DAP a gennaio 2020, risultano 642 le persone destinatarie di provvedimenti di applicazione della misura di sicurezza detentiva in attesa di ricovero nelle 29 REMS attive sul territorio nazionale, 63 delle quali sono illegittimamente detenute in strutture penitenziarie, mentre le restanti 579 sono in stato di libertà“.
Loretta Rossi Stuart, come madre che si sta battendo senza sosta per questa causa, cosa pensa del pronunciamento della CEDU. Con questo risultato potrà finalmente “deporre le armi”?
Sono davvero grata a chi mi ha sostenuta in questa doppia battaglia per mio figlio e le altre persone illegittimamente detenute. Ammetto di essere estenuata, ma sono anche consapevole che quest’importante traguardo è probabilmente una ripartenza, sia per il caso umano specifico di Giacomo e per il suo recupero psicologico, sia per ciò che questo procedimento innesca sotto l’aspetto legale, ovvero una base da cui cercare di far cambiare le cose.
La Dr.ssa Elisa Caponetti Specialista in Psicologia Giuridica, Consulente Tecnico d’Ufficio e Perito del Tribunale, ha visitato Giacomo in carcere, qual è il quadro della situazione sotto l’aspetto psicopatologico?
Giacomo è un ragazzo a cui è stata fatta una doppia diagnosi (per doppia diagnosi si intende la coesistenza nel medesimo individuo di un disturbo dovuto al consumo di sostanze psicoattive e di un altro disturbo psichiatrico, la coesistenza quindi di più patologie).
Giacomo in tutto questo lunghissimo periodo ha mostrato una forza e un coraggio estremo, dando atto di avere anche molte risorse interne, ma se continuerà ancora la sua detenzione, il suo quadro psicopatologico potrà evolvere negativamente mettendo a dura prova la sua tenuta. I pazienti come lui, con doppia diagnosi, data la condizione di particolare gravità e complessità, necessitano di ricevere cure adeguate e altrettanto complesse. E’ necessario quindi che quanto prima possa ricevere le giuste cure, venendo inserito all’interno di un programma di cura fondato sul lavoro di rete tra servizi psichiatrici territoriali, servizi ospedalieri e se necessario, anche con l’integrazione di professionisti privati. Ciò in quanto, questa tipologia di pazienti, presentano un elevato rischio di ricaduta. Occorre pertanto che Giacomo venga immediatamente seguito da un equipe specialistica multidisciplinare.
La detenzione carceraria è una misura inadeguata e non rispondente ai reali bisogni di cura di Giacomo!
Avvocato Valentina Cafaro, ci aiuti a comprendere l’aspetto tecnico giuridico del pronunciamento della Corte Europea
L’intera vicenda di Giacomo presenta, inter alia, evidenti punti di frizione sia con il diritto alla sicurezza e alla libertà personale consacrato dall’art. 5 § 1 CEDU, sia con il divieto di trattamenti e pene inumane e degradanti di cui all’art. 3 CEDU (l’intera detenzione di Giacomo è avvenuta, infatti, nonostante la sua condizione psicopatologica lo rendesse pacificamente incompatibile con il regime carcerario). Conseguentemente, nel marzo 2020, il ricorrente si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, lamentando l’illegittima privazione della libertà e la mancata fruizione in carcere dei trattamenti medico-sanitari richiesti dalla sua patologia psichiatrica. Tenuto conto della gravissima situazione, il 7 aprile u.s. la Corte europea ha accolto la richiesta di misure cautelari presentata dal ricorrente, ordinando al Governo italiano di provvedere al suo immediato trasferimento presso una struttura idonea ad assicurargli un trattamento adeguato alla sua condizione psicopatologica. Il provvedimento emesso dalla Corte europea è vincolante e immediatamente esecutivo nei confronti dello Stato italiano, il quale è ora chiamato a darvi esecuzione nel più breve tempo possibile. La questione pendente dinanzi alla Corte europea trascende il singolo caso del ricorrente in quanto è addebitabile ad un disfunzione strutturale del nostro ordinamento, rappresentata dalla cronica mancanza di posti disponibili nelle REMS. Ci auguriamo, pertanto, che il caso di Giacomo possa costituire il mezzo per incentivare lo Stato italiano ad adottare delle misure di carattere generale volte a superare le attuali criticità del sistema di esecuzione delle misure di sicurezza detentive.
Gabriella Stramaccioni, garante per le persone private della libertà personale di Roma Capitale, a lei una dichiarazione conclusiva
Questo è un risultato importante per Giacomo, ma anche per i tanti Giacomo che sono nella stessa situazione. Mancano i posti nelle Rems e non è ammissibile che ci siano liste di attesa per 1 anno e mezzo. Perché anche i Magistrati continuano ad infliggere condanne da scontare in Rems se si sa che non ci sono posti ? Ci vorrebbe poi una valutazione continua delle persone ricoverate nella Rems per capire se e quando può essere rivista la misura. E’ assurdo il fatto , di cui sono stata testimone, che venga ricoverata una persona dopo un anno e mezzo nonostante nel frattempo questa persona sia guarita. Quindi le Rems rimangono un grave vulnus nel nostro paese che deve essere risolto.