Intervista ai giovani autori di “Al giorno d'oggi il lavoro te lo devi inventare”. Il corto scritto da Mario Vitale e Francesco Governa ha superato le prime severe selezioni del Los Angeles Cinefest e aspira alla finale di gennaio 2017 che prevede un premio in denaro e la proiezione dell'opera vincitrice nelle giornate del Festival. Una bella soddisfazione per il giovane regista lametino classe 1985, laureato in Saperi e tecniche dello spettacolo cinematografico presso la Sapienza di Roma con una tesi sul cinema di Luis Bunuel, con all'attivo una importante attività come regista di videoclip musicali e dopo un'esperienza come assistente alla regia sul set de Il Giudice Meschino di Carlo Carlei con Luca Zingaretti; la prova registica in solitario con il cortometraggio Il Tuffo, selezionato e premiato in prestigiosi festival in Italia e in America e nel 2015 come regista nel corto collettivo Il Miracolo presentato durante la 72° Mostra del Cinema di Venezia, alla 10° Festa del Cinema di Roma e vincitore di una Menzione Speciale ai Nastri d'Argento 2016.
Dopo l'esordio con il pluripremiato Il Tuffo, in cui il mettersi in gioco e l’affrontare la vita da protagonista, erano i punti cardine, Mario Vitale, sceglie di passare allo step successivo: raccontare cosa può succedere lungo il percorso, quali difficoltà si possono incontrare dopo essersi tuffato. Quello su cui riflette è il concetto di “sapersi adattare”, capacità che hanno tutti gli esseri viventi e che si è costretti a sviluppare per riuscire a sopravvivere. Giovanni, un uomo dedito completamente al lavoro ma con un passato da artista che per rimanere a galla, decide di portare avanti la tradizione di famiglia facendo il falegname, consapevole però che quella presa non è la strada che voleva percorrere. Umberto, un uomo d’affari senza scrupoli che, per accrescere i suoi guadagni, estorce denaro a persone disperate. Due uomini che non si incontrano mai, neanche per vie traverse, ma le cui vicende sono comunque tenute insieme da un legame comune, un legame esclusivamente ideale e simbolico.
E’ proprio il sapersi adattare che sta alla base di questo film scritto da Vitale e lo sceneggiatore Francesco Governa, con l’idea di raccontare le storie parallele di due uomini agli antipodi che, in modi diametralmente opposti, si adattano alle vicissitudini della vita “inventandosi un lavoro”. Noi li abbiamo incontrati per farci raccontare la loro esperienza.
Mario, come nasce “Al giorno d'oggi il lavoro te lo devi inventare”?
“Questo corto nasce da un’idea semplice: raccontare le vicende di due uomini, che viaggiano in parallelo senza mai incontrarsi, per far nascere un senso, un significato, dall’alternarsi delle loro storie. Naturalmente con un titolo così esaustivo è facile intuire che il tema del corto è quello del lavoro e di come al giorno d’oggi ci si debba adattare alle vicissitudini della vita, facendo qualcosa che in realtà non si voleva fare. Questo è stato anche uno spunto per fare una riflessione sulla figura dell’Artista oggi in Italia che viene sempre sminuita e piegata ad adattarsi a cose che con l’arte hanno poco a che fare.”
Cosa pensi possa fare di più il cinema italiano per i giovani registi?
“Io proverei a ribaltare la domanda: cosa possono fare i giovani registi per il cinema italiano? Al di là di questo gioco di parole credo che il cinema italiano abbia bisogno di giovani registi e sceneggiatori, di idee fresche e nuove che possano dare nuova linfa alle produzioni nostrane e questo in parte sta già accadendo con autori coraggiosi che anche senza un supporto forte esterno rischiano e investono di tasca propria per realizzare i propri lavori. I giovani registi vogliono solo che qualcuno creda e investa nelle proprie idee, ma sono consapevoli che perché ciò avvenga devono avere delle idee valide.”
Come ti senti ad essere semifinalista al Los Angeles Cinefest?
“E’ sicuramente una bellissima emozione ricevere una mail da questo festival di Los Angeles in cui si dice “il tuo cortometraggio è semifinalista”. Significa che comunque qualcuno oltreoceano ha visionato e apprezzato il tuo lavoro e questo riconoscimento ci da una forte spinta per andare avanti, per credere sempre di più, che anche se con piccoli mezzi, siamo riusciti a mettere in pedi una produzione valida e a realizzare un’opera che ha qualcosa da dire in giro per i festival.”
Francesco, come ti sei avvicinato alla sceneggiatura?
La passione per i film è sempre stata forte, sin da quando ero bambino. Mi piaceva moltissimo analizzare i film, da cima a fondo. Dovevo mettere in pratica questo amore che nutrivo. Così mi sono ritrovato a fare un corso di sceneggiatura a Cinecittà. Poi ne ho fatto uno di sceneggiatura di fumetti, che mi ha permesso di espandere un po' la visione e il punto di vista.
Raccontaci della tua esperienza con Mario e con il corto.
Con Mario ci conosciamo da tanti anni. Suonavamo nella stessa città, in band diverse. Ci unisce la stessa passione per il cinema e, grazie al cielo, lo stesso punto di vista. Non è facile trovare una persona che ha le tue stesse idee, narrative o visive. Lui aveva questa storia in testa. Non ho fatto altro che parlare con lui, fare tanto brain-storming e ragionare su storia e personaggi. La sceneggiatura l'abbiamo scritta in pochissimo tempo, era una questione meramente tecnica. È stato fantastico.
A cosa ti ispiri quando scrivi? Quali sono secondo te le caratteristiche di una sceneggiatura avvincente per il cinema italiano oggi, cosa manca e che storie vorresti per il pubblico italiano?
Ho tanti riferimenti. Ad esempio, adoro Xavier Dolan per come riesce a raccontare una storia. Ma ce ne sono tanti. Tanto nel mondo del cinema che nella letteratura. Cerco però di non copiare i riferimenti, ma di sviluppare un mio stile e punto di vista sulle storie. Se una storia è raccontata coi giusti meccanismi, con originalità, sincerità e senza essere retorici o ridondanti, hai già la strada spianata. Il pubblico italiano si sta pian piano abituando a nuove logiche e tecniche narrative. A un nuovo cinema fatto da persone che raccontano storie con convinzione. Qualcosa sta cambiando. Mi auguro.
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