Opinioni

Il Covid sta tornando? In Italia in 4 settimane 27 mila nuove infezioni

Pensavamo fosse finita ma la crescita di nuovi casi della ultima variante preoccupano le autorità. Si torna a parlare di tamponi e di vaccini mentre tutta la struttura messa in piedi per la Pandemia è stata smantellata. Se torna che succederà?

Da qualche settimana di seguito, in Italia, assistiamo alla crescita di nuovi casi di contagi da Covid. Dal 1° settembre l’Italia è il secondo paese per contagi. Ha registrato in 4 settimane 26.998 nuove infezioni, con un aumento dell’81%.

Una nuovissima variante di SARS-CoV-2, che potrebbe essere battezzata con un nuovo nome poiché molto diversa dalle precedenti, è ora sotto stretta osservazione perché potrebbe imprimere una nuova svolta alla pandemia. Intanto il rapporto sul quadro dei contagi in Europa rilasciato dall’Ecdc, ovvero l’Eurepean Centre for Disease Prevention Control, conferma l’aumento dei casi ma non registra contraccolpi negli ospedali. Insomma c’è un fenomeno legato alle nuove varianti che viene monitorato giorno dopo giorno che desta preoccupazione ma non ancora allarme.

Crescono i casi, i ricoveri e le terapie intensive

I dati del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di sanità e del Ministero della Salute mostrano “un’incidenza dei casi diagnosticati e segnalati pari a 31 casi per 100mila abitanti, in aumento rispetto alla settimana precedente (24 casi per 100mila abitanti).  Si registra anche – secondo l’Istituto superiore di sanità  (ISS) – una crescita dei ricoveri che è attualmente al 3%, contro il 2,7% della scorsa settimana, e in leggero aumento anche l’occupazione delle terapie intensive (0,6% rispetto allo 0,4% della rilevazione della scorsa settimana), dove sono ricoverate 49 persone. 

Nel 2019 gli esperti ci avevano messo in guardia ma non vennero ascoltati

Il mondo non è pronto per la prossima pandemia. Se comparisse un nuovo virus, ci vorrebbe almeno un anno per avere i primi vaccini. Bisognerebbe sviluppare farmaci a spettro più ampio“, aveva profetizzato John Neyts, professore di virologia dell’Università belga di Leuven, in occasione dell’ottavo simposio internazionale di virologia moderna tenutosi nel settembre del 2019 a Wuhan, in Cina.  Fatalità, solo un paio di mesi dopo, in quella stessa città, la previsione del professore si sarebbe avverata dando inizio al caos globale che tutti abbiamo vissuto. “Se un nemico ti attacca, è meglio avere già le armi pronte. Bisogna costruirle in tempo di pace”, ricorda Neyts. “Invece, quello che abbiamo fatto con la SARS-CoV-2 (il virus che ha causato la pandemia di Covid-19) è stato aspettare l’attacco e solo allora iniziare a costruire le armi per combatterla“.

Adesso dobbiamo tornare a domandarci: siamo pronti per la prossima pandemia?

Come non eravamo pronti per la pandemia di Covid nel 2019 e nel 2020, così ora di nuovo l’Unione Europea rischia di trovarsi impreparata se dovesse scoppiare una nuova pandemia con una variante del virus di Covid.

Recuperate le mascherine come misura preventiva

Nonostante in Italia i numeri siano in aumento, la situazione non fa scattare campanelli d’allarme, anche se rende necessaria maggiore prudenza. I nuovi contagi sono, nel 42% dei casi sequenziati, causati dal dilagare della variante Eris, quella attualmente prevalente. Non dobbiamo allarmarci, ma prendere precauzioni si. Come quelle che avevamo imparato a usare negli anni appena passati, a partire dalle mascherine che spero non avrete buttato via. 

Se le avete riposte, tornate a prenderle e cominciate a usarle quando vi recate in luoghi affollati: stazioni, aeroporti, scuole, supermercati, manifestazioni, ovunque sia facile essere contagiati da possibili portatori sani o malati. I medici sono preoccupati soprattutto per le persone più fragili, quelle over 65, con patologie serie, che potrebbero aggravarsi a seguito del contagio.

In arrivo una circolare: eseguire più test diagnostici dei virus

Il Ministero della Salute sta preparando una circolare il cui obiettivo è dare nuove regole per gestire, circoscrivere e isolare i contagi in aree particolari come gli ospedali dove il virus potrebbe proliferare e fare più danni che altrove, in connessione con altri agenti patogeni. La nuova circolare della Direzione Prevenzione del Ministero della Salute disciplinerà l’esecuzione dei tamponi all’arrivo in ospedale e in pronto soccorso.

L’obiettivo è quello di proteggere le persone fragili ricoverate e  (secondo quanto apprende l’Adnkronos Salute) anche avere una diagnosi differenziale, nei pazienti sintomatici, con le altre patologie respiratorie circolanti. È importante stabilire, quando entra un paziente in Ospedale, se è affetto da una banale influenza o da una variante Covid, oltre al fatto se sia o meno un paziente fragile, over 65, magari non vaccinato con la quarta dose.

Una variante nuova, del tutto differente dalla zuppa di varianti del passato

Non dev’essere stato un agosto facile per chi ha dovuto seguire l’evoluzione di SARS-CoV-2, come i medici chiamano questa nuova variante. La quale ha provocato molto scompiglio quando si è palesata nella sua nuova veste, del tutto sconosciuta rispetto a quelle che coesistono da mesi. L’ ondata di Omicron, che provocò un numero record di casi a cavallo tra il 2021 e il 2022, è ormai alle nostre spalle e nessun altro virus mutante o ricombinante è finora riuscito a spazzare via tutti gli altri.

Con alti e bassi, convivono decine di versioni diverse del coronavirus pandemico, come del resto gli scienziati ci avevano avvisato. Ci troviamo a dover una “zuppa di varianti”. Tuttavia bisogna essere molto prudenti per questa ultima variante potrebbe costituire una nuova svolta nella storia della pandemia.

L’hanno chiamata Eris e, secondo la ricerca condotta dall’Università di Tokyo, sembra essere particolarmente aggressiva per le vie respiratorie. Lo studio, però, non è stato ancora confermato dalla comunità scientifica, perciò, per il momento, la presunta capacità di Eris di infettare i polmoni rimane solo un’ipotesi. Nel frattempo, in tutto il mondo, il personale sanitario che ha a che fare con i pazienti colpiti da questa nuova variante, sta riscontrando come questi siano affetti da sintomi molto più lievi rispetto alle varianti precedenti.

Infatti, i medici stanno paragonando gli effetti di Eris ai sintomi di un’allergia, che possono essere più aggressivi solo per pochi soggetti fragili. I disturbi causati da questa nuova variante sembrerebbero colpire soprattutto le vie respiratorie, provocando mal di gola, tosse, congestione, mal di testa e dolori muscolari. Al contrario, a causa delle mutazioni del virus sembrano essere spariti alcuni sintomi come la nausea, la perdita dell’olfatto e del gusto, propri delle varianti precedenti.

La variante Eris ha provocato un discreto aumento del numero dei contagi

La nuova mutazione del virus è iniziata in Estremo Oriente, in particolare in Corea del Sud, ma ha raggiunto il resto del mondo con molta rapidità. In questi giorni, in Europa è stato registrato un aumento del 39% dei casi rispetto al mese scorso. Anche i decessi sono in aumento (+47,7%), così come il tasso di positività ai tamponi, che sale all’1,3% in più. L’unico dato che non ha subito impennate è quello legato agli ospedali, che fortunatamente non sembrano subire gli effetti di Eris.

Al momento, dunque, la nuova variante non sembra spaventare e il merito è da attribuire anche alla campagna vaccinale passata. Proprio in questi giorni, l’Ema, l’Agenzia Europea del Farmaco, ha iniziato a diffondere il vaccino aggiornato a XBB.1.5 di Pfizer e BioNTech, in grado di proteggere dalla nuova variante Eris. La somministrazione del vaccino partirà ad ottobre e sarà raccomandata agli anziani, ai soggetti fragili, alle donne in gravidanza e a chi vive a stretto contatto con persone ritenute ad alto rischio.

Pochi casi hanno fatto scattare l’allerta in tutto il mondo

Siccome da tempo ogni giorno si registrano varianti del Covid con sequenze genetiche diverse, non è stata data molta importanza a un caso verificatosi a fine luglio in Israele. Ogni caso certificato viene segnalato su una piattaforma accessibile a tutti gli esperti del mondo. Come una struttura sanitaria integrata planetaria, che viene informata tempestivamente. Solo che di queste informazioni se ne ricevono a migliaia e quindi si comincia a non fare più tanto caso alle nuove forme del virus. Poi, però, sono state pubblicate altre due sequenze genetiche uguali, di due pazienti danesi, viventi in località diverse.  

Alcuni esperti hanno cominciato a prestare maggiore attenzione a una possibile catena di contagio sotto traccia, perché niente legava i danesi all’israeliano. Poteva esse la nascita di una mutazione. Ai primi tre è seguito un paziente ricoverato a Londra e poi ancora due americani, uno asintomatico, casualmente sottoposto a controllo dopo un viaggio a Tokyo. A questi via via si sono aggiunti casi relativi ad altri continenti. A questo punto l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha cominciato a considerare questa variante una variant under monitoring, ovvero da tenere d’occhio, raccomandando ai governi l’isolamento dei pazienti colpiti e il sequenziamento del virus.

In conclusione non abbiamo imparato niente e rischiamo di trovarci punto e da capo

Da noi è stato buon profeta il professor Matteo Bassetti, ricercatore e direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova. Nella trasmissione Che c’è di nuovo del 12 gennaio di quest’anno, su Raidue, condotta da Ilaria D’Amico, il professore disse che in quel momento preciso rischi non ne correvamo, “perché siamo un paese con molta parte della popolazione vaccinata, però ci siamo aperti troppo presto senza avere gli strumenti per riaprire. La Cina (dove allora erano iniziati nuovi contagi, n.d.r.) non dà la certezza che non vi siano contaminati. In Cina abbiamo persone anziane e fragili non vaccinate che costituiscono un rischio. Significa che non abbiamo imparato niente. Il Ministro

Schillaci ha detto che dobbiamo controllare le persone che vengono dalla Cina. L’Europa ha frenato dicendo che forse non era necessario rimettere in piedi il sistema dei controlli.

Poi l’ECDC ha raccomandato invece di fare il tampone a chi arriva dalla Cina. Questi ritardi di 15 gg tra la dichiarazione del ministro la raccomandazione europea, possono essere pericolosi, significa non avere imparato la lezione dell’altra volta. Bisogna agire preventivamente e tempestivamente.”

Abbiamo smantellato tutto pensando fosse finita

Questa nuova variante forse non è pericolosa come le prime di Covid, ma solo se gli over 65 hanno completato il ciclo delle vaccinazioni, compresa la quarta dose. Di fatto si è abbassata la soglia di preoccupazione e la quarta dose non è stata così diffusa come le altre tre. Per questo adesso bisognerebbe farla.  Ma il problema è che in Italia è stato smobilitato completamente tutto il sistema di tamponi e vaccinazioni.

Non c’è stata più paura, non c’è stata tensione e le unità di controllo non esistono più, i reparti di rianimazione sono tornati ad essere pochi, in pratica sono stati smobilitati, pensando che non servivano più. Abbiamo dato per scontato che la battaglia fosse finita ma se per caso dovesse arrivare una variante non coperta dai vaccini, saremmo punto e da capo.

Il rischio è che alle prime ondate vengano occupate di nuovo tutte le rianimazioni per il Covid e non ve ne siano più disponibili per altre malattie, con la certezza, a quel punto, se non altro, di causare un numero di morti eccezionale nelle altre casistiche non Covid.

Covid. Aumentano i contagi, Lazio regione con più positivi

Carlo Raspollini

Autore e regista televisivo, responsabile marketing, consulente gastronomo e dello spettacolo, viaggiatore.

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