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Punto e accapo

Il criminologo Carmelo Lavorino sul delitto di Garlasco

di Fabio Vergovich
... "e, poiché in Italia una condanna in primo grado non si nega a nessuno, Stasi venne condannato"
Alberto Stasi
Alberto Stasi

Il delitto di Garlasco risale al 13 agosto 2007, quando Chiara Poggi, 26 anni, fu brutalmente assassinata nella sua casa di Garlasco (Pavia) mentre i genitori erano in vacanza. A scoprire il corpo fu il fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, che all’epoca aveva 24 anni e studiava alla Bocconi di Milano. Stasi chiamò il 118, affermando di aver trovato la fidanzata morta in casa. La vittima era stata colpita ripetutamente alla testa e al volto con un’arma mai identificata.

Nel corso delle indagini, Alberto Stasi fu inizialmente iscritto nel registro degli indagati e successivamente arrestato, ma venne rilasciato per insufficienza di prove. Nel 2009, durante l’udienza preliminare, scelse il rito abbreviato. Nonostante la richiesta di condanna a 30 anni da parte dei pubblici ministeri, il giudice dispose ulteriori perizie. Nel dicembre dello stesso anno, Stasi fu assolto in primo grado, e tale assoluzione fu confermata in appello nel 2011. Tuttavia, nel 2013, la Cassazione annullò queste assoluzioni, ordinando un nuovo processo d’appello. ​

Nel 2015, la Corte d’Assise d’Appello di Milano condannò Alberto Stasi a 16 anni di reclusione per omicidio volontario semplice, escludendo le aggravanti di crudeltà. Stasi fu anche interdetto perpetuamente dai pubblici uffici e obbligato a risarcire la famiglia Poggi con un milione di euro. ​

Attualmente, Alberto Stasi, 41 anni, sta scontando la pena nel carcere di Bollate, Milano. Nel 2023, ha ottenuto il permesso di lavoro esterno, svolgendo mansioni contabili e amministrative presso una cooperativa sociale. Esce dal carcere ogni giorno per lavorare, rientrando la sera. Il suo fine pena è previsto per il 2030, ma potrebbe essere anticipato al 2028 grazie alla buona condotta e alla liberazione anticipata. ​

Recentemente, a 18 anni dall’omicidio, è stato notificato un avviso di garanzia ad Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi. Sempio era già stato indagato in passato, ma le accuse erano state archiviate. La sua posizione è stata riaperta dopo che il DNA trovato sotto le unghie di Chiara è risultato compatibile con il suo profilo genetico. Alberto Stasi ha espresso fiducia nel fatto che venga fatta piena luce sulla vicenda, ribadendo la sua innocenza. ​

In sintesi, dopo anni di incertezze giudiziarie, Alberto Stasi è stato condannato per l’omicidio di Chiara Poggi e sta attualmente scontando la pena. Tuttavia, nuovi sviluppi stanno emergendo, suggerendo che potrebbero esserci ulteriori responsabilità nell’omicidio, e le indagini sono in corso per fare piena luce sulla vicenda.

Prof. Lavorino: “Sin dall’inizio ho nutrito molti dubbi sulla colpevolezza di Alberto Stasi”

Quello che sta succedendo ANCHE per il caso di Garlasco è l’ennesima prova che in Italia (tutto il mondo è paese) le indagini molte volte sono arruffate, superficiali e a senso unico, tanto da produrre errori giudiziari e/o sentenze con molti dubbi.

Attenzione: l’errore giudiziario nasce dall’errore investigativo che, a sua volta, nasce dall’inadeguatezza personale, professionale, strutturale, mentale e tecnica degli inquirenti e dall’assenza di circuiti interni di controllo.

Purtroppo quando gli inquirenti raccolgono indizi a molteplice interpretazione (non certi e univoci) e quando, contemporaneamente, si innamorano dell’illazione, del sospetto e della pista gradita, si va incontro alla catastrofe.

Sin dall’inizio ho nutrito molti dubbi sulla colpevolezza di Alberto Stasi, e li ho espressi, ma quello che sconcerta è che gli investigatori invece di seguire TUTTE le piste con distacco e freddezza, invece di cercare indizi, elementi ed eventuali prove con scientificità e meticolosità, prima puntano un soggetto perché così dice loro “l’intuito” (sic!), poi gli adattano le prove (forzate, travisate o reali) attorno, così costruendogli addosso il “famoso vestitino”. Di fatto adattano i fatti e gli elementi alla teoria e non la teoria ai fatti certi e dimenticano le altre piste.

“Gli inquirenti avevano il dovere di percorrere tutte le piste”

Contro Stasi mai ci sono state prove schiaccianti, ma solo congetture non provate che hanno direzionato le indagini contro di lui. Diverse trasmissioni televisive e testate giornalistiche, come al solito, hanno osannato l’impianto accusatorio, hanno dato la caccia “al biondino Alberto” e, poiché in Italia una condanna in primo grado non si nega a nessuno, Stasi venne condannato.

Gli inquirenti avevano il dovere di percorrere tutte le piste e di ipotizzarle tutte, di ascoltare i suggerimenti della difesa di Stasi. Dovevano sospettare di tutti e di tutto, dovevano ipotizzare tutti gli scenari possibili e collegarli ai vari moventi, alle tracce di qualunque tipo dentro e fuori la scena del crimine, alla linea cronologica del crimine ed ai c.d. “indicatori del crimine”.

Avevano il dovere di sospettare anche dell’attuale “nuovo indagato”, invece hanno preferito riposare sugli allori dell’errorifico brocardo “Il caso è risolto”, e ora siamo “quasi” a punto e accapo senza foglio e senza rigo.

(Prof. Carmelo Lavorino – Criminologo, Criminalista e Consulente tecnico iscritto nell’Albo dei Periti Criminologi presso il Tribunale Penale di Roma)

Foto AGI (Agenzia Giornalistica Italia)

 

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