Le parole di Gesù, nel “Discorso della montagna”, hanno la funzione di mettere in guardia il lettore da ogni dubbio riguardo l’insegnamento che viene dalla Legge e dai Profeti: “Non sono venuto ad abolire la Legge, ma a dare compimento” (v. 17). Gesù sottolinea l’assoluta importanza che non c’è perfino una piccola parte della Legge che possa essere considerata superflua. Gesù non insegna a non rispettare la Legge o la giustizia, anche quando essa risulta superflua. Egli tuttavia non nega che esista una gradazione di importanza tra i vari precetti della Legge e altrove afferma la sua autorità sui singoli precetti (cfr. il Sabato: Mt. 12, 8).
Gesù non abolisce la Legge; la sua autorità è finalizzata a tutelarla, per la precisione a tutelarla nel suo significato più profondo, a riportarla alla radice, al comandamento principale che è quello dell’amore. A questo fa riferimento il v. 20 con cui Gesù invita a vedere la Legge come un aiuto per amare il prossimo e non come una mera esecuzione formale: “Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli”.
“Non ucciderai…Ma io vi dico…” (vv. 21-22). Gesù estende la validità del quinto comandamento oltre la fisicità: per lui non è grave solo togliere la vita al fratello ma anche lasciarsi andare all’ira contro di lui o offenderlo. Anzi, Gesù evidenzia la possibilità di riconciliazione per evitare il giudizio degli uomini e quello divino. Gesù sottolinea l’idea che il precetto dell’amore e amare siano più importanti dei doveri cultuali, come già avevano predicato i profeti nell’Antico Testamento.
“Non commetterai adulterio…Ma io vi dico…” (vv. 27-30). Anche questo comandamento viene portato al cuore da Gesù, nel senso letterale del termine, perché Gesù parla di adulterio del “desiderio”. Non si tratta solo di azioni, né tantomeno di parole, ma addirittura del segreto del proprio cuore. L’adulterio è visto come un atto contro il matrimonio; voluto da Dio come indissolubile, il tema è così importante che verrà ripreso più avanti in una discussione con i farisei (Mt. 19, 3-9).
“Non giurerai il falso… Ma io vi dico…” (vv. 33-37). Nell’ultimo caso del nostro brano Gesù esprime un categorico rifiuto del giuramento. Pur esistendo al tempo di Gesù un invito a evitare i giuramenti, tuttavia continuavano a essere una realtà. Ciò che Gesù afferma va oltre il semplice non giurare: “il sì, sì, no, no” ( v. 37) richiama la verità stessa dell’uomo, che non è tenuto a essere sincero solo quando usa le formule di giuramento, bensì sempre.
Il brano odierno costituisce una sintesi breve ma molto significativa della Legge antica a apre la nuova era a partire dall’Incarnazione del Figlio di Dio. Si tratta del “compimento” della storia della salvezza in Cristo Gesù incarnato, morto e risorto. Dunque occorre un mutamento radicale che costringe a cambiare il cuore. Gesù cerca di far capire che non basta l’osservanza formale dei Comandamenti, perché urge accogliere la “novità” che Cristo stesso è, per ottenere la vita eterna.
La “sclerocardia” (la durezza di cuore) è la malattia dello spirito umano più difficile da curare, perché richiede un costante atteggiamento di abbandono gioioso e fiducioso al Signore, cui confessare umilmente la fragilità dell’essere creatura che rivela il bisogno insopprimibile di stare alla presenza del Padre. Ciò che Dio chiede è di non scadere in forme di moralismo sterile e di non fermarsi mai all’apparenza e all’osservanza della Legge, ferma alla superficie, senza svelare il proprio peccato per esporlo alla misericordia e al perdono del Padre che “ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito” (Gv. 3, 16).
Sorprende sempre il tono e il contenuto pedagogico del Maestro: esso scende in profondità e non lascia dubbi sul lavoro che ciascuno deve fare su sé stesso per superare quella superbia che lo fa sentire un “arrivato”, un “perfetto”. Bisogna lasciarsi trasformare interiormente, anche nelle relazioni interpersonali, acquisendo una condotta che rispecchi, negli atteggiamenti assunti, un cuore che aderisce all’urgenza della carità, all’eccedenza per l’amore degli altri, al bisogno sempre più avvertito di vivere il Vangelo nella sua più forte istanza di radicalità e “forza”, che aiuti a vivere l’appartenenza al Regno, inaugurato da Cristo Gesù, e che si può vivere a partire dal “qui e ora”.
“Ma io vi dico”: Gesù va al fondo delle cose, e questa è la grande novità. Non moltiplica le proibizioni, risale piuttosto alla sorgente, per denunciare il male alla radice e contrapporgli uno spirito nuovo. Quello che Gesù rimette in onore è il rispetto per l’altro e un amore per la verità che fa emergere i rapporti falsi, basati sulla finzione e sull’ipocrisia. E’ il fondamento di una società più umana, più fraterna. Abbandonati a sé stessi, l’uomo e la donna costatano la loro incapacità di vivere in questo modo, ma lo Spirito di Gesù abita anche le profondità dell’uomo e ricrea un’unità e un’armonia compromesse dal peccato.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Busia, 2023; Siviglia, 2023; Laurita, 2023.
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