Categorie: Opinioni

Il Fascismo oggi: ma Mussolini è veramente morto?

"Il giorno dovevamo nasconderci dai repubblichini e la notte dai partigiani; la paura la faceva da padrona perché le fucilazioni da parte di tutti avvenivano facilmente. Così il giorno restavamo occultati in ufficio e la notte uscivamo dalla città e ci nascondevamo nei fienili. È stato un periodo incredibile". Queste le parole di Vincenzo V. giovane di un paesino del sud di un migliaio di anime, padre barbiere, madre casalinga, pressoché ventenne il quale, felice di essere entrato in polizia qualche anno prima, in servizio a Milano visse così il periodo seguente all'8 settembre del '43. Oggi a leggere le notizie che si susseguono da un po' sembra di ritornare indietro nel tempo. Le urla mediatiche di "fascista" sembrano l'eco delle urla di 75 anni orsono, quando quello pseudo armistizio siglato nel '43 non fece cessare la guerra ma, per l'Italia, fu l'inizio del  baratro della guerra civile, all'interno di un conflitto mondiale; ma noi italiani, si sa, siamo abituati ad ammazzarci tra di noi e così avviene anche oggi in questi tempi in cui, mentre altri Paesi europei cercano di sfruttare al meglio la posizione geografica e sociale italiana e i nostri problemi per un loro tornaconto in seno alla UE, noi ritorniamo ad usare la parola "fascista" e fascismo con un senso attuale come 80 anni fa, come se ancora fosse vivo Mussolini, al quale si propone di revocare la cittadinanza onoraria, come ad Anzio da parte dell'ANPI, o come se ancora fossero in circolazione le camicie nere con manganello ed olio di ricino.

In realtà questo ritorno anacronistico a un utilizzo attuale di tali termini non nasconde affatto la paura di un ritorno del fascismo; se le profonde ferite di una guerra mondiale, che ha devastato l'Italia, dopo oltre 70 anni si sono richiuse e cicatrizzate allora non possono non essersi richiuse quelle ferite, provocate da una dittatura, delle quali resta il ricordo indelebile ma non l'attualità. Ormai fascismo, partigiani, occupazione, resistenza, fucilazioni sono termini che appartengono alla nostra storia e della quale dobbiamo far tesoro cercando di apprendere sempre più dal passato e dai suoi errori. In realtà se è vero che, a distanza di circa 80 anni, la Corte Internazionale dell'Aja rivede le responsabilità anche dei membri della resistenza in merito a fucilazioni ed atti esecrabili tanto quanto quelli del nazismo, circa 80 anni dopo Norimberga, allora significa rivedere anche la storia sotto un'ottica più obiettiva accertando che in una guerra dalle proporzioni immani non esistono santi e diavoli soprattutto quando emergono quegli istinti di vendetta e di rivalsa che, alla fine, mettono umanamente sullo stesso piano vinti e vincitori.

Non esiste la santificazione dei partigiani e dell'ANPI, cha accanto ai meriti hanno anche delle colpe, così come non esiste la santificazione delle truppe di liberazione che, soprattutto nella ciociaria hanno dato vita a stupri di massa ad opera delle truppe marocchine e a danno di popolazioni inermi e già profondamente provate dall'occupazione nazista. Se si parla e grida al fascismo più oggi che nel periodo post bellico una ragione ci sarà e non è certamente lo spauracchio di Mussolini, ormai morto e sepolto, bensì l'utilizzo pretestuoso di un movimento di oltre 90 anni fa a fini elettorali con l'unico risultato di dar vita a fantasmi del passato che ormai non hanno motivo di esistere se non nella mente di chi non ha proposte e contenuti costruttivi. Se è ormai scomparso il comunismo diffusosi in tutto il pianeta tanto più suona strano sentir parlare di fascismo non in senso storico bensì attuale e contemporaneo; intanto Vincenzo V. servitore di una patria allora divisa in due ha comunque onorato il suo giuramento di fedeltà continuando a prestare servizio per altri decenni ma mai dimenticando quei giorni di paura  che hanno caratterizzato l'inizio della sua carriera e che, a chi non ha vissuto quel tragico periodo,  ascoltando il suo racconto sembravano la trama di un romanzo.

Redazione

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