Nei primissimi anni della mia vita lavorativa, vivevo a Trastevere. Avevo un sottotetto in un palazzo disastrato del ‘500, in vicolo del Bologna, a due passi da Santa Maria della Scala. Per accedervi, dovevo passare da un ballatoio esterno che sembrava di volare sui tetti delle antiche case del più affascinante quartiere di Roma.
Ma il vero volo lo facevo ogni mattina, quando mi svegliavo e aprivo la finestra della “camera da letto”, un piccolissimo spazio proprio sotto le travi di legno del tetto, raggiungibile con una stretta scala a chiocciola dalla quale potevo ammirare in tutta la loro struggente bellezza, il Gianicolo e la terrazza su cui giace come una pigra matrona romana la Mostra dell’Acqua Paola, “Er Fontanone” quello dove si specchia la luna di Venditti e di tutti i romani.
È da quando mi addormentavo con lo sguardo rivolto per l’appunto ar Fontanone con la luce della luna a illuminarne i contorni e ad accendere mille riflessi sull’acqua della vasca, che sogno di poterla visitare. La vita frenetica di ogni giorno, purtroppo, ci costringe quasi sempre a sfiorare i tesori di Roma senza neanche notarli e per anni mi sono adeguato a questa sorta di cruda legge non scritta alla quale molti noi si assoggettano troppo passivamente.
Ed eccomi varcare il cancello laterale, con un’emozione che non so descrivere. Ora, di lei, della fontana, intendo, trovate tutto e di più sulla rete e per questo non darò notizie che il web offre a vagonate a chiunque voglia saperne di più. A me piace trasmettere e condividere le sensazioni che luoghi come questo emanano. Luoghi magici, unici come solo una città con la storia millenaria di Roma può possedere e offrire. Dunque, il cancello. E dopo il cancello, pochi gradini.
A mano a mano che li salgo, il rumore dell’acqua si fa sempre più forte. Sembra di avvicinarsi alle rapide impetuose di un fiume. E dopo i gradini, un giardino. A destra, palazzo Torlonia. A sinistra la Mostra. Attraverso lentamente uno degli archi di accesso alle finestre sulla Meraviglia, con un senso di reverenza misto a timore. Guardo avanti a me mentre mi avvicino a uno degli affacci più suggestivi della città eterna.
Mi appoggio dalla finestra e quasi mi si ferma il respiro in gola. Roma è davanti a me, con i suoi monumenti, i suoi colori, la sua bellezza senza confini. È un’orgia di meraviglie, una accanto all’altra, una sull’altra, in un ordine caotico che rapisce, stordisce e più guardi, più non riesci a fare altro, non desideri altro che possederla, ma sai che non potrai mai farlo.
Volgo lo sguardo verso sinistra e mi sposto lentamente verso destra, scorrendo su una linea immaginaria parallela all’orizzonte, finché non arrivo ai tetti di Trastevere. Cerco qualcosa. E lo trovo. Trovo quel ragazzo non ancora ventisettenne affacciato a una piccola finestra di un palazzo disastrato del ‘500 che guarda con aria sognante verso di me. Pare riconoscermi perché sorride. Gli sorrido a mia volta e annuisco impercettibilmente. Anche lui annuisce. Il boato dell’acqua copre le nostre parole mute. Chiudo gli occhi. Quando li riapro, quella finestra è chiusa. Abbasso allora lo sguardo.
Dalla bocca sotto i miei piedi l’acqua schiumosa si riversa rabbiosamente nella vasca dove diventa improvvisamente calma e azzurra come il cielo. Lo specchio è lievemente increspato da mille piccole piccole onde che si separano l’una dall’altra, a mano a mano che si avvicinano ai bordi.
Noto due sposi in posa per essere immortalati dal fotografo. Lei è radiosa, lui imbarazzato, ma felice. I capelli lunghi e neri della sposa ondeggiano al vento mentre i due si fondono in un abbraccio su cui si disegnano i riflessi di luce dell’acqua Paola e sul quale si poggia lo sguardo benevolo e sorridente di Roma.
E sorrido anch’io mentre torno in me e volgo le spalle alla finestra. Prima di andare via, cerco qualche notizia curiosa sul web. Tra le tante, apprendo che in questo capolavoro del ‘600, progettato, ironia della sorte, dall’architetto Giovanni Fontana insieme a Flaminio Ponzio e Ippolito Buzio, convivono, in una perfetta armonia, marmi provenienti dai Fori Romani e dal Tempio di Minerva e colonne appartenenti all’antica Basilica costantiniana di San Pietro.
Ancora una volta, come in tanti casi, Roma ci insegna che la vera bellezza è il risultato di un abbraccio tra le diversità. Come l’abbraccio degli sposi, lei vestita di bianco, lui di nero, lei sorridente, lui imbarazzato e serio, confusi nell’azzurro del cielo e dell’acqua più affascinanti del mondo.
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