Il 21, 22 e 23 giugno 2019 nelle Dolomiti, in un momento in cui la natura subisce il vero exploit di fioritura e crescita, l’Engel gourmet et spa propone un evento culinario di grande particolarità: "Taste Nature The Forest Edition". Il ristorante stellato Johannesstube con il suo apprezzatissimo Chef Theodor Falser aprirà le sue porte in mezzo agli abeti, al profumo di muschio e di bosco e si trasferirè per 3 giorni in mezzo alla natura all’aperto. Un evento straordinario in cui lo chef preparerà le pietanze in esclusiva per voi sul fuoco aperto unplugged tipo "Back to the roots". Un'esperienza straordinaria che sarà seguita dalla stampa e dagli appassionati di natura e di enogastronomia. Una vera avventura nel cuore delle Dolomiti.
Theodor Falser
Gourmet, un concetto a tutto tondo. Dalla cucina alla cantina. Theodor, da quando si può parlare di gourmet?
Il gourmet inizia tra le mani del contadino, lì dove viene coltivato il giusto prodotto senza l’uso di agenti chimici. I prodotti che entrano nella nostra cucina sono proprio quelli che crescono in modo naturale.
Come nascono le tue creazioni gourmet? Da che cosa trai ispirazione?
Tutto dipende dalla stagione e dai suoi frutti. Noi non diciamo mai: “Adesso cuciniamo una pietanza con questa verdura o con quella carne”. Quando arriva la stagione della zucca valuto cosa creare con la sua polpa e cerco di interpretarla nel modo migliore.
È la natura a fornirmi gli spunti, in modo del tutto naturale, per l’appunto. Le mie idee dipendono dalla stagione, dai contadini, dai prodotti stessi. Bisogna valutare gli ingredienti e utilizzarli nel momento in cui la loro qualità è al massimo. Non prendo ispirazione da una persona in particolare, non ho un modello di riferimento… Mi basta semplicemente camminare nella natura. Cerco sempre di dar vita ad una cucina gourmet completamente dipendente da ciò che la terra ha da offrire.
E per quanto riguarda la lavorazione degli ingredienti? Come fai a preservare il gusto?
Il gusto deve rimanere invariato, non può venire manipolato in alcun modo! Non con spezie e nemmeno con metodi di cottura che alterano il sapore originale. Il gusto deve semplicemente rimanere il più naturale possibile, questa è, dal nostro punto di vista, la cosa in assoluto più importante. Nella Johannesstube usiamo pochissimi prodotti provenienti da altre zone. Per farti un esempio non usiamo spezie che non crescono qui da noi: dunque niente pepe nero e niente pepe bianco. In realtà sono solo sei i prodotti che non provengono dall’Alto Adige a trovare spazio nella nostra cucina: sale e zucchero naturalmente, il caviale di salmerino, le lumache dal Piemonte, il tartufo dall’Umbria e il riso per i risotti. Tutto qua. Inoltre non utilizziamo neppure olio d’oliva, limoni e cioccolato provenienti da altre regioni.
Come si svolge una classica giornata nella cucina di Theodor Falser?
Ci incontriamo alle otto del mattino e discutiamo su come si dovrà svolgere la giornata e quella seguente. Poi verifichiamo la qualità della merce consegnata. Tutti i giorni tra le nove e le dieci, infatti, passa il nostro contadino. Assieme a lui controlliamo di nuovo i prodotti, pensando a che piatti cucinare con questi ingredienti. Poi diamo inizio alla preparazione del pranzo e anche della cena. Ma prima di cominciare ad occuparci di servire il pranzo agli ospiti, mangiamo tutti insieme. Una volta soddisfatti i clienti facciamo una pausa e alle 17 ci incontriamo di nuovo per iniziare con il servizio serale.
Chi è questo contadino di cui hai appena parlato?
È Michael del Maso Eisath di Nova Levante. Con lui collaboriamo esclusivamente per la Johannesstube. Michael coltiva per noi 178 tipi di verdure, 42 dei quali vengono conservati per i mesi invernali, perché l’inverno offre chiaramente una varietà minore di ortaggi. Il procedimento è lo stesso da secoli: lasciamo fermentare, produciamo una specie di erbetta, conserviamo gli alimenti nel sale o nell’olio, in un olio di semi d’uva eccezionale. Gli ortaggi a radice, come ad esempio le carote, vengono conservati nella sabbia, così possiamo utilizzarli durante l’intera stagione. In questo modo rimangono freschi per cinque, sei mesi e la perdita d’acqua fa sì che il gusto si intensifichi!
Michael del Maso Eisath di Nova Levante
Come funziona la collaborazione con Johannes per quanto riguarda i vini? Abbini i tuoi piatti alla sua scelta dei vini o è lui che li sceglie in base alle tue pietanze?
Theodor: Normalmente sono io che creo il piatto e poi lui compie la sua scelta in base al suo gusto e alle sue conoscenze. Ma non sarebbe una cattiva idea provare a fare l’incontrario! (ride)
Johannes Kohler
Johannes: Procedere nel modo inverso non sarebbe affatto semplice. Dato che tutta la verdura proviene da un solo agricoltore è necessario essere incredibilmente flessibili, perché gli ingredienti disponibili cambiano di giorno in giorno. Se acquistassimo le verdure dal fruttivendolo e se potessimo ordinare cinque chili di pomodori per il giorno seguente, sarebbe tutto diverso. Di fatto può succedere che il contadino quel determinato giorno abbia solo due chili di pomodori a disposizione, o che non ne abbia affatto. È per questo che è necessario ideare il piatto prima di procedere con l’abbinamento dei vini.
Theodor: È proprio come ha spiegato Johannes. Lavorando in base ai prodotti che il nostro agricoltore ci fornisce, il menù è sempre nuovo ed assolutamente imprevedibile. Due anni fa, per esempio, non abbiamo mai cucinato carote, perché continuavano a marcire alla base. Tutto ciò che Michael coltiva è biologico e dunque dipende in primis dall’estro della natura. Ma è proprio questo il bello: in fatto di pietanze siamo estremamente flessibili, perché le adattiamo alla stagione e non viceversa. Chiaramente sarebbe più semplice ordinare gli ingredienti al mercato all’ingrosso. In tal caso avremmo sempre tutto a disposizione, ma sarebbe anche sempre tutto uguale.
In questo modo anche il vostro lavoro mantiene un pizzico di suspense…
Assolutamente, c’è sempre un po’ di suspense, perché ogni menù è diverso! In questa stagione dell’anno, per esempio, si raccolgono gli ortaggi da radice. La radice di Rodiola, la sedanina, la ossalida tuberosa sono varietà che vengono coltivate in queste zone ormai da secoli. Nel Medioevo, ad esempio, la radice di luce rappresentava una fonte importante di vitamina D e le persone la mangiavano per sopperire alla mancanza di luce solare. Una volta le piante dall’elevato contenuto di vitamine usate in cucina erano tantissime, oggi molte di queste sono completamente sconosciute! A quel tempo non c’era bisogno di frutti esotici come limoni o arance per soddisfare il fabbisogno vitaminico. Noi con la nostra verdura vogliamo fare da contrappeso. Per questo motivo utilizziamo tutte le specie di verdure antiche che non sono più disponibili sul mercato. Coltivarle e raccoglierle è molto dispendioso. In più sono a dir poco antiestetiche, davvero incredibilmente brutte. In fondo non sono altro che radici. E lavorarle richiede molta pazienza ed abilità. Oggi si presta attenzione solo al fatto che una carota sia grande, deve pesare 400 grammi e deve essere piacevole alla vista. Ma non sono queste caratteristiche a determinarne il gusto!
Quando anche tu puoi accomodarti a tavola, cosa rende secondo te una cena perfetta?
Tutto ciò che è autentico e che viene dal cuore. Tutto quello che è stato fatto con ingredienti di qualità. Non deve essere perfetto, ma fatto con amore. Non deve necessariamente essere il prodotto più richiesto e non deve provenire dallo specialista più quotato. Ciò che conta è la passione che c’è dietro!
Johannes, la parola gourmet da voi all’Engel acquista un significato speciale. Da dove inizia per te il concetto di gourmet?
Dal vino! (ride) Sì, proprio così… Nel frattempo scelgo i ristoranti dove andare a cena a seconda della loro carta dei vini. Il piacere più grande lo provo quando il vino si sposa con i piatti. Sono stato in così tanti ristoranti rinomati dove la carta dei vini era poco ponderata. La scelta ricadeva solo su vini “mainstream”, quelli che bevono tutti. Così non mi si fa che felice a metà, anche se il cibo è delizioso… Preferisco addirittura rinunciare a qualche piatto piuttosto che al vino.
E lasciando da parte il vino e la cucina, come si manifesta il concetto di gourmet all’Engel?
Nel tempo trascorso assieme. Il cibo più ricercato e il vino più strepitoso sono doppiamente più amabili, se li si condivide con gli amici e se ci si versa a vicenda un calice scambiando qualche chiacchiera. In fondo il cibo riunisce e lo stare in compagnia è ciò che lo rende davvero squisito e completo.
In qualità di sommelier, cosa pensi sia particolarmente importante quando si serve un ospite?
Lasciare che sia l’ospite a decidere in base al suo gusto personale e non forzarlo a compiere una scelta piuttosto che un’altra, solo perché si ritiene che l’abbinamento sia migliore. Alla fine è la sua serata, è il suo cibo, è il suo denaro che decide di spendere, e deve poterne essere felice. Accade spesso che un ospite scelga di accompagnare una pietanza con un vino per il quale io non avrei mai optato. Ma farlo lo diverte, ne apprezza il sapore e alla fine lascia il ristorante contento di aver trascorso una serata piacevole. Per me non esiste ricompensa migliore!
È difficile trattenersi dal dispensare consigli?
No, in realtà non lo è più. Quando un ospite viene alla Johannesstube, l’obiettivo primario è quello di fargli assaporare il piacere a tutto tondo. Vogliamo offrire ai nostri ospiti un’esperienza eccellente, non solo qualche piatto delizioso e un buon vino. A contare è anche tutto il contorno. È importante che l’ospite possa assecondare il suo gusto senza che qualcuno gli impartisca degli insegnamenti. Poi, chiaramente, quando un ospite mi chiede un consiglio, gli indico volentieri il vino che secondo me si abbina meglio. Mi piace moltissimo farlo! Chiedo cosa beve normalmente e a quel punto sono contento di consigliargli qualcosa di nuovo.
Johannes, quanto spazia la vostra carta dei vini? Proponete esclusivamente vini provenienti dall’Alto Adige o anche da altre parti del mondo?
Qui in Alto Adige produciamo vini davvero eccellenti, ma il mondo del vino è così variegato… Scegliere esclusivamente vini della nostra terra significherebbe autolimitarsi. Molti dei nostri ospiti altoatesini mi dicono addirittura: “Per favore non portarmi un vino di questa zona, lo bevo già tutti i giorni”. E non averne degli altri sarebbe un peccato. Credo che l’aspetto interessante del vino sia proprio la sua eterogeneità. Questo vale sia per me che per l’ospite.
Uscendo dai confini dell’Alto Adige, qual è il tuo vino preferito?
Non ho un vino preferito. Dipende tutto dal mio umore e dalle persone con cui lo condivido. Ho amici che hanno a che fare con il vino e che se ne intendono ed altri a cui piace berne solo un bicchiere. Insomma, mi adatto volentieri alle circostanze.
Quanti vini conservate nella vostra cantina?
Il quantitativo varia. Abbiamo 500 etichette diverse e circa 8.000 bottiglie. Dipende dal periodo. In bassa stagione il numero di bottiglie è chiaramente minore, ma puntualmente, prima dell’alta stagione, facciamo di nuovo rifornimento!
Come funzionano di solito le vostre degustazioni di vino? La procedura è sempre la stessa?
Iniziano sempre con un bicchiere di Coca Cola. Appoggio una bottiglia davanti agli ospiti e li invito a berne un sorso. Prima bevono la bibita da un bicchiere per l’acqua e successivamente da un bicchiere realizzato ad hoc. Lo faccio per mostrare loro che differenza può fare un bicchiere. Ed è davvero enorme! Questo vale naturalmente sia per la Coca Cola che per il vino! Solo con il calice giusto, infatti, il vino può esprimere tutto il suo potenziale. All’inizio non mi crede mai nessuno, ma poco dopo tutti vogliono comprare il calice. E poi con un esempio così anticonvenzionale si apprende di più. In fondo gli ospiti vengono qui per una degustazione di vini e poi viene offerta loro una Coca Cola…
Quanto durano all’incirca le tue degustazioni di vino?
Di solito durano circa un’ora e mezza. Ma tutto dipende sempre dall’interesse delle persone. Ci è già successo di saltare la cena perché ci siamo intrattenuti troppo a lungo ad assaggiare vini. Abbiamo iniziato alle 18:00 e alle 21:00 eravamo ancora seduti davanti ai nostri calici. Questo dimostra che il vino unisce. Quando le persone si siedono ad un grande tavolo, anche se non si conoscono davvero, cominciano subito a chiacchierare tra di loro. Lo trovo un fenomeno decisamente affascinante!
Come decidi se e quali bottiglie aggiungere alla carta dei vini?
I nostri ospiti hanno età diverse e provengono da paesi differenti; devo essere in grado di offrire a tutti ciò che cercano. Sostanzialmente scelgo solo vini di piccoli produttori, evitando sempre le grandi aziende industriali. Inoltre ci interessano molto i vini biologici e biodinamici.
Cosa rende secondo te un vino perfetto?
Deve essere unico ed avere carattere. Meglio ancora se conosco il viticoltore, in questo modo instauro un legame personale con il vino. Solo di recente mi sono reso conto di quanto sia importante questo aspetto. Da quando ho fatto visita per la prima volta ad un vigneto di cui proponiamo delle bottiglie nel nostro ristorante, trovo che quel vino abbia un sapore ancora migliore! E anche gli ospiti notano la differenza. Perché quando parli di una cosa che hai sperimentato in prima persona, trasmetti emozioni completamente diverse rispetto a quando hai imparato la descrizione a memoria.
Qual è secondo te il fiore all’occhiello della vostra carta dei vini?
Difficile da dire. (ragiona…). Abbiamo un vino molto celebre, il “Chambertin”, che viene prodotto in un vigneto in Borgogna, l’“Armand Rousseau”. Al mondo esistono solo 300 bottiglie di questo vino. Questa bottiglia, che conserviamo nella nostra cantina, al momento della produzione costava 300 € all’ingrosso. Ora che sono passati quattro o cinque anni il prezzo di mercato è pari a 1.800 €. Normalmente si riesce ad acquistare questa tipologia di bottiglia solo se l’importo totale dell’ordine si aggira sulle varie centinaia di migliaia di euro. Noi siamo stati molto fortunati! Speriamo solo che sia originale! (ride) Direi che questo è in assoluto il fiore all’occhiello della nostra carta dei vini!
E tornando alla cucina, i vostri ospiti sono aperti a questa ridefinizione del concetto gourmet?
Sì, in generale sono molto aperti. Nessun ospite ha richiesto del caviale, una volta capita la nostra filosofia. Gli ingredienti che acquistiamo sono di altissima qualità e a volte più costosi dell’aragosta ecc. perché sono prodotti di nicchia dell’Alto Adige.
Si potrebbe parlare di un gourmet fuori dagli schemi…
Theodor: Ci sentiamo i portavoce della natura e come tali vogliamo servire nel piatto solo bontà genuine. Dietro questo intento si cela molto più di un semplice concetto. È una filosofia di vita!
Johannes: Forse questa è la variante più interessante della cucina. Per tagliare una fetta di fegato d’oca, soffriggerla e servirla con una composta di ciliegie, beh, diciamocelo, non serve essere un cuoco. Ma creare qualcosa di sopraffino da un ingrediente rustico e banale come una patata e sentire l’ospite commentare con: “Wow!” è una sfida completamente diversa!
Theodor: Sì, se l’ospite va in un ristorante stellato e legge sul menù “Aragosta con zucchine” sa subito cosa aspettarsi. Ma quando legge “Radice d’avena con caviale di lumaca” si chiede di che cosa si tratti e comincia a ragionarci su e a confrontarsi con i suoi amici, oppure con noi. Ed è proprio questo il bello, quando si parla dei piatti. Questo è il nostro obiettivo.
Carmen e Luis Kohler, proprietari del l'Engel Gourmet & Spa
Hotel engel gourmet & spa
Famiglia Kohler
Via San Valentino 3
39056 Nova Levante, Alto Adige
Tel. +39 0471 613131
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