Il Magnificat e l’Assunzione di Maria, benedetta fra le donne
Il vangelo di oggi ci racconta l’incontro di due donne che portano nel loro corpo il segno tangibile della presenza di Dio
Maria in viaggio verso Elisabetta (Lc. 1, 39-56)
Nella visita a Elisabetta e nella preghiera del Magnificat Maria appare come una creatura che percorre la strada della sua configurazione a Cristo, rendendo grande in sé il Signore. Il “salire in fretta sui monti” (v. 39) nasconde il rapido salire interiore di Maria verso la comprensione del piano di Dio. Per questo la dimensione del suo amore si dilata orizzontalmente, per comunicare agli altri il Signore di cui è piena.
La sua voce diventa voce del Verbo e irruzione dello Spirito Santo. Maria, all’annuncio inatteso dell’angelo, esce dall’anonimato, si mette in cammino, si pone al servizio della Parola ricevuta, iniziando un cammino di fede con prove e crescite. Il mistero che si compie nel suo intimo non è un affare privato. Al contrario, la sua vocazione di maternità la apre al servizio del piano divino, la mette in un ruolo di responsabilità dinanzi all’umanità che in quel momento rappresenta: ella vi corrisponde e si impegna con tutto il proprio essere.
Maria “si alzò e andò in fretta” (v. 39), con sollecitudine, da Elisabetta. Il sostantivo indica il desiderio di Maria di arrivare subito. Perciò non perde tempo, anche se il viaggio richiedeva molti preparativi. Da Nazaret si arriva a Betlemme in quattro giorni. La visita di Maria a Elisabetta provoca il primo incontro tra Gesù e Giovanni Battista, pur se nel grembo delle rispettive madri. Maria costituisce il fulcro di questo episodio: va a vedere il “segno” che l’angelo le aveva dato per il progetto di Dio. “In fretta, entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (v. 40).
La duplice maternità
Elisabetta, all’arrivo di Maria, balza di gioia, riceve il dono dello Spirito Santo, e proclama una beatitudine: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore ha detto” (vv. 41-45). C’è nell’incontro e nel saluto fra le due donne un fatto nuovo: Elisabetta riceve il dono dello Spirito Santo che la rende capace di comprendere e interpretare il significato profondo di ciò che sta avvenendo. Maria porta un dono: la comprensione della Parola, lo Spirito e il frutto del suo grembo, Gesù.
Elisabetta, per ispirazione dello Spirito Santo, intuisce il significato profondo della presenza di Maria e del bambino che ella porta in grembo. La proclama “benedetta” fra le donne per il “frutto benedetto” del suo seno. Benedetta perché madre del suo Signore, beata per la fede con la quale ha risposto alla rivelazione divina. Maria ha concepito Gesù non solo con il suo corpo, ma anche nella sua mente e nel suo cuore; sotto il profilo fisico, la sua maternità è inimitabile, però sotto quello etico-spirituale Maria è diventata modello per tuti i credenti.
Magnificat: come prega Maria
Il canto di Maria è chiamato “Magnificat” dalla sua prima parola della versione latina della Bibbia di san Girolamo (Vulgata). Si tratta di un inno dei “poveri del Signore”, quei fedeli ebrei che si affidavano a Dio e alla sua Parola. Maria propone nell’inno una celebrazione dell’azione divina attraverso “sette verbi”, che rivelano la radicale diversità della scala di valori agli occhi di Dio: ha spiegato il suo braccio potente; ha disperso i progetti dei superbi; ha rovesciato i troni dei potenti; ha innalzato i poveri; ha ricolmato gli affamati; ha rimandato senza più nulla i ricchi; ha soccorso Israele.
Il numero “sette” nella Bibbia è il numero simbolico della totalità, della perfezione: abbraccia tutta l’opera creatrice e salvifica di Dio. Il Magnificat compendia e interpreta i sentimenti di Maria al momento dell’incontro con Elisabetta. Maria legge la propria esperienza personale alla luce e nel quadro della storia di Israele. In tal modo, ella non solo si riconosce e si presenta come “figlia del suo popolo”, ma indica al popolo eletto la via, unica, che porta alla salvezza. Il Magnificat esalta la fedeltà di Dio alle sue promesse e segnala in modo inequivocabile e paradigmatico la legge fondamentale dell’azione salvifica di Dio: predilezione degli umili, ricordo della misericordia, scelta delle cose povere…
Risalta la differenza di fondo tra la lode di Elisabetta e quella di Maria. Mentre Elisabetta si era rivolta a lei che era venuta a trovarla, Maria si rivolge a Dio, salutandolo come “Salvatore” sin dalle prime parole. Tale direzione verticale della sua lode non impedisce a Maria di definire la sua posizione nel piano di Dio: ella è la “serva” del Signore (v. 38), d’ora in poi “beata” per tutte le generazioni. E’ grande il contrasto tra l’umiltà della creatura e la grandezza di Dio, tra ciò che la figlia di Sion pensa di sé e ciò che gli altri diranno di lei. Maria nel Magnificat non azzarda una definizione di Dio, ne descrive le opere salvifiche, a iniziare dalla storia personale. Mistero sommo della storia, l’incarnazione ha un solo testimone e un solo poeta capace di celebrarlo: è una donna, Maria di Nazaret.
Il vangelo di oggi ci racconta l’incontro di due donne che portano nel loro corpo il segno tangibile della presenza di Dio: Dio entra nella storia, Dio fa grazia, Dio prende carne, la carne di un uomo. Chiede a ognuno di noi di amarlo e di amare i nostri fratelli e sorelle. Amare concretamente: attraverso il nostro corpo, attraverso le nostre mani e le nostre braccia, il nostro volto, attraverso il calore fisico che siamo in grado di comunicare. L’Assunzione è la logica conseguenza dell’incarnazione. Il nostro corpo è destinato a essere trasfigurato dalla gloria di Dio perché ha partecipato, totalmente, all’avventura della fede e dell’amore.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Mazzeo, 2021; Laurita, 2021.