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Il segno del tempio e la fede

Il nove Novembre il calendario liturgico della Chiesa universale celebra la festa della “Dedicazione” della basilica di San Giovanni in Laterano, la Chiesa della cattedra di Pietro e del suo successore. Cadendo quest’anno di Domenica, la festa della Dedicazione prende il sopravvento sulla 32^ domenica del Tempo ordinario. Il Vangelo (Gv. 2, 13-25) che ascolteremo si riferisce all’episodio della cacciata dei mercanti dal Tempio, all’inizio della vita pubblica di Gesù in occasione della  sua prima salita  a Gerusalemme per la prima Pasqua. Dopo che Gesù è stato rivelato da Giovanni Battista e si è rivelato lui stesso come messia nelle nozze di Cana di Galilea, ora come tale va a prendere possesso del Tempio.

Il segno del Tempio e il Figlio del Padre (vv. 14-20)

L’episodio narrato da Giovanni è noto a tutti: Gesù, in occasione della sua prima Pasqua giudaica, va nel Tempio e lo trova pieno di venditori di animali, di cambiavalute seduti al banco; prende una frustra di cordicelle e con questa scaccia tutti dal Tempio affermando di non fare della casa del Padre suo una casa di commercio. Il suo tentativo di “purificazione del Tempio” coincide perfettamente con l’ambiente in cui esso avviene: tutti sapevano che il messia venturo avrebbe operato questa purificazione. Per di più, gli ebrei conoscevano la speranza della instaurazione di un nuovo tempio, centro della fede nel Signore per tutti i popoli.

Egli anzitutto agisce senza parlare, cacciando dal Tempio i buoi, le pecore, le colombe e i cambiavalute. Le colombe servivano per i sacrifici dei poveri; i cambiavalute servivano a cambiare la moneta impura con l’effige dell’imperatore con la moneta legale di Tiro che corrispondeva come valore a quella di Gerusalemme, naturalmente dietro un certo guadagno. Evidentemente è il legame tra culto del tempio e denaro, l’intreccio confuso tra servizio religioso e vantaggio economico, a suscitare la critica. Nella cacciata di tutti i venditori e compratori si preannuncia la fine del tempio. La funzione del tempio è giunta a termine.

Gesù messia si presenta come Figlio che purifica la casa del Padre suo, ne prende possesso, volendo salvaguardarla dalla profanazione del commercio. Ma questo rinnovamento è preludio di un cambiamento molto più radicale, che Gesù esprime nella disputa che ne segue. Ne sono interlocutori i tipici nemici di Gesù nel Vangelo, i giudei, i quali domandano di mostrare loro un “segno” che comprovi la sua autorità messianica.

La domanda di un segno, per quanto abbia il suono negativo e provocatorio, in realtà è orientata al “segno” supremo, che Gesù rivela subito nella risposta, il segno della sua risurrezione: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò sorgere di nuovo” (v. 19). L’accento non è sulla distruzione, ma sulla riedificazione del nuovo tempio, aspettato dai pii giudei. Il verbo (egeirein) è il termine per indicare la Risurrezione di Gesù. I giudei, nella risposta, dimostrano di non capire il senso profondo dell’affermazione di Gesù e sottolineano l’assoluta impossibilità della sua pretesa di ricostruire il tempio in tre giorni, mentre avevano lavorato per ben 46 anni per la sua ricostruzione, che era stata intrapresa da Erode il Grande nel 19 a. C. Computando i 46 anni si arriva al 28 d. C., cioè all’inizio del ministero pubblico di Gesù.

Con l’affermazione misteriosa sulla distruzione del tempio e il suo miracoloso “risorgere”, Gesù si arrogava la dignità di Messia, Figlio di Dio, perché solo il Messia, nella tradizione giudaica, era legato al nuovo tempio degli ultimi tempi. E così giustificava il suo gesto sensazionale e lo spiegava, riferendosi alla risurrezione, la realtà cui rimanda il segno del tempio. Gesù risorto è il nuovo Tempio, che si sostituisce all’antico; e la risurrezione è l’evento divino che costituisce il nuovo centro di culto in spirito e verità.

Il segno del Tempio e Gesù Risorto (vv. 17-22)

Non solo i giudei, ma neppure gli apostoli compresero il senso più profondo del gesto e delle parole di Gesù: “Ma egli parlava del tempio del suo corpo” (v. 21). Lo capirono solo dopo, alla luce della sua risurrezione e con l’aiuto della Scrittura. Il gesto di zelo per la casa di Dio porterà Gesù all’opposizione, alla persecuzione e alla morte. Quindi la purificazione del Tempio è un preludio della morte di Gesù, come pure negli altri Vangeli è un motivo per la sua condanna a morte. Il corpo di Cristo risuscitato sarà il nuovo tempio, in cui si dirigeranno i popoli tutti. Esso è il centro del culto in spirito e verità, il luogo della presenza di Dio in mezzo agli uomini, il tempio spirituale, da cui scaturisce la sorgente di acqua viva.

Giovanni conclude l’episodio con la fede degli apostoli, come nel segno delle nozze di Cana. Qui però la fede degli apostoli non è durante la vita terrena di Gesù, ma dopo la sua risurrezione: “Quando fu risuscitato dai morti…”(v. 22). Essi allora si ricordarono di ciò che aveva detto Gesù: la predizione della sua risurrezione, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. La luce della risurrezione di Gesù getta luce sulla sua persona e sulla sua parola per comprenderne il senso. Non solo Gesù fece dei “segni” (miracoli) che rivelavano la sua persona, ma era egli stesso “un segno” da interpretare: i suoi gesti, le sue parole erano dei segni, dietro ai quali stava nascosta una realtà personale profonda, che si rivelerà in pieno solo con la risurrezione. Solo allora gli apostoli comprenderanno di quale realtà erano segni i suoi gesti e le sue parole. La morte di Gesù apparirà il risultato del suo zelo per la casa del Padre, che egli vuole restaurare perché sia centro di un nuovo culto in spirito e verità. E’ la risurrezione che fa rinascere la fede assopita, una fede che ha la forza di rompere tutte le barriere, in modo che si realizzi il sogno dei profeti, che la nuova casa del Signore sia casa di preghiera per i popoli.

Se il corpo risorto del Cristo è il nuovo tempio dove si adora Dio in spirito e verità, la Chiesa come tempio, luogo di culto e come comunità dei credenti, deve necessariamente essere corpo di Cristo. La chiesa, infatti, è sacramento di Cristo risorto. Quando per motivi contingenti, storicamente accertati, alcuni suoi ministri-uomini se ne allontanano, allora essi nascondono ai fedeli la sua vera natura, di essere il tempio e la famiglia di Cristo risorto. Per questo motivo tanti cristiani separano Cristo e la Chiesa, sbagliando! Ma talvolta il loro errore, anche se non è possibile giustificarlo, però può essere compreso!         

Bibliografia consultata: Segalla, 1972; Gnilka, 1990.

Redazione

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