Nulla da eccepire, sul sogno in se stesso. E in astratto. Bebe Vio ha tutto il diritto di accarezzare l’idea di poter arrivare, un giorno, alla guida del Coni, inteso come vertice dell'attività sportiva in Italia.
È un’atleta di grande valore e di sicuro, viste le limitazioni fisiche con cui ha dovuto misurarsi, non è soltanto una campionessa baciata dal talento ma una persona con una forza morale di rango superiore.
Inoltre, come dice lei stessa in un’intervista pubblicata dall’Agenzia Dire, è determinata a prepararsi in modo specifico: “Sto scoprendo che le passioni possono diventare un lavoro. Mi piace un sacco fare sport e ora sto studiando comunicazione. Un giorno il mio sogno nello sport e nella comunicazione sarebbe quello di diventare presidente del Coni. Ci sto lavorando, magari un giorno ci arriverò. Per ora faccio tutta la parte di studio per arrivarci”.
Cosa c’è che non va, allora?
Per quello che riguarda lei, nulla. Ma il problema, purtroppo, è che le grandi federazioni sportive sono tutt’altro che entità solo sportive. Sono enormi centri di interessi. Di natura sia economica (avete presenti i costi e il giro di affari di un’Olimpiade?) sia politica (e non proprio nel senso migliore e più elevato del termine).
Una persona integerrima, lì dentro, non durerebbe un mese. Ammesso che ce la facciano arrivare. E che non vogliano utilizzarla solo come testimonial, da esibire a mo’ di paravento nel mentre sbrigano i loro impicci.
Bebe Vio ha appena 21 anni, essendo nata il 4 marzo 1997, ed è normale che non sia ancora smaliziata. Ricevendo, alla Camera, l’Innovation Leader Awards dall’Angi, l’Associazione Nazionale Giovani Innovatori, ha difeso la propria generazione con legittimo entusiasmo: “Sono fiera di essere giovane e fiera di poter ricevere questo premio. Io sono una di quelle persone che crede tantissimo nel potere dei giovani. Troppe volte si sente dire che i giovani non hanno ambizioni e sogni, in realtà ci sono tantissimi giovani che vogliono darsi da fare, l’ho scoperto nel mondo dello sport e anche in quello dell’università. Nel mondo ci sono tanti giovani che hanno sogni e ambizioni e pazzesche”.
Benissimo. Si prepari, però, ad avere a che fare con avversari ben diversi da quelli che affronta sulle pedane della scherma, e incomparabilmente più infidi. Nel mondo del potere, poiché di questo si tratta anche se si presenta ammantato degli ideali dello sport, di leale non c’è nulla. Più che una laurea in Comunicazione serve un master in Scienze politiche, specializzazione Intrighi internazionali.
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