Questa mattina la Polizia di Stato ha eseguito un fermo di iniziativa nei confronti di un cittadino nigeriano sul quale sono stati raccolti concreti elementi di prova circa la sua responsabilità nel trasporto via mare di centinaia di clandestini, con il ruolo di scafista. Nel viaggio dalle coste africane all’Italia, avvenuto nel novembre scorso, hanno perso la vita diversi migranti. L’attività è stata condotta dal personale della Digos di Latina con il coordinamento della Procura di Latina e di Agrigento. I particolari dell’operazione saranno illustrati in una conferenza stampa che avrà luogo alle ore 16.00 presso la Sala Riunioni della Questura.
AGGIORNAMENTO
Questa mattina la Polizia di Stato della Questura di Latina ha eseguito un fermo di polizia giudiziaria d’iniziativa nei confronti di un cittadino nigeriano sul quale sono stati raccolti gravi elementi di prova circa la sua responsabilità nel trasporto via mare di centinaia di clandestini con il ruolo di scafista. Durante il corso della conferenza stampa tenutasi ieri pomeriggio in Questura sono stati esposti i dettagli dell’operazione.
Tutto parte dal racconto, fatto agli operatori della Digos, di un cittadino ganese, J.O. di venticinque anni, ospite della struttura di accoglienza denominata “La Ginestra” sita in località Borgo Sabotino di Latina, reduce da una traversata via mare insieme a tanti altri migranti terminata il 17 novembre 2014 a Porto Empedocle grazie all’intervento di una pattuglia della Guardia Costiera, che raccolse l’imbarcazione oramai alla deriva a poche miglia dalla costa. L’imbarcazione, una delle tante “carrette del mare”, partita dalla città libica di Zuara, portava a bordo circa cento persone di varie nazionalità: Nigeria, Senegal, Gambia, Gana, Guinea Bissao. Il racconto del ragazzo ganese parte dai mesi precedenti l’imbarco, allorquando insieme ad un amico d’infanzia avevano deciso di lasciare il paese ed arrivare fino in Libia, la terra/ponte dalla quale raggiungere il sogno dell’Europa. In Libia trascorrono mesi a lavorare, sfruttati come mano d’opera a pochi dollari alla giornata in condizioni disumane, per racimolare la cifra necessaria per pagare il viaggio ai trafficanti di uomini: 1000 dollari.
Dopo qualche mese, nel mezzo di una notte, prosegue il racconto del migrante, tutti i candidati al viaggio della speranza furono svegliati e fatti salire su tre camion, ammassati nella parte posteriore e coperti solo dal telone, nelle mani degli uomini della tratta. Giunti sulla spiaggia, ad attenderli una barchetta senza copertura o stiva, un gozzo, su cui, dopo essere stati perquisiti e spogliati di tutti gli averi da parte di uomini armati, vengono fatte salire circa 100 persone. E’ sulla barca che i migranti conoscono gli scafisti, due persone con compiti ben precisi: uno al timone ed ai comandi e l’altro alla bussola con le carte nautiche.
Durante la drammatica traversata, a causa del mare mosso, 7 occupanti l’imbarcazione cadono in mare, come riferito da J.O. che perde il proprio amico d’infanzia proprio in questa occasione, due corpi verranno successivamente recuperati dai mezzi di soccorso. I due scafisti diventano anche aguzzini, perché per mantenere la calma sull’imbarcazione ed impedire che ci si attardi per recuperare chi cade in mare, minacciano e colpiscono i migranti disperati ed impauriti. Per ironia della sorte J.O., dopo essere stato recuperato ed accolto nel centro di Porto Empedocle, sarà destinato ad una casa di accoglienza a Latina insieme a poco più di una decina di ragazzi con cui ha condiviso lo stesso viaggio, tra cui anche uno degli scafisti, soprannominato “compasman”, per il fatto di avere la bussola durante la traversata ed essere responsabile della rotta, che grazie al fatto che esuno aveva parlato si era confuso con gli altri durante lo sbarco.
Dopo mesi di paure e reticenze, il ragazzo ganese, insieme agli altri compagni di viaggio, grazie anche al lavoro svolto dalle mediatrici della casa di accoglienza, decidono di denunciare il loro aguzzino, il quale anche nel periodo di permanenza nella struttura di Borgo Sabotino, si contraddistingue per essere di indole violenta ed insofferente alle regole del centro, tanto da raccogliere anche delle denunce da parte di quei responsabili. L’attività investigativa svolta dalla Digos ha permesso di riscontrare tutto il racconto fatto dai testimoni e di raccogliere gli elementi di prova per effettuare un fermo di P.G. per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, dato il pericolo concreto da parte di I.T., nigeriano di 23 anni, di poter fuggire, d’intesa con le Procure della Repubblica di Agrigento, competente per i reati connessi allo sbarco del 17 novembre 2014, e Latina competente territorialmente per il fermo. Sono ancora in corso ulteriori attività di indagine tese a raccogliere ulteriori elementi di prova a carico del medesimo cittadino nigeriano per i reati di tratta e omicidio, oltre a ricercare elementi per individuare tutti gli altri soggetti responsabili dei fatti illeciti contestati.
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