Religione

In Gesù si ha il compimento dell’intera Bibbia: la Legge, i Profeti e i Salmi

Una comunità aperta al compimento

Il vangelo di questa domenica (Lc. 24, 35-48) appartiene alle apparizioni del Cristo risorto. Spesso queste scene hanno come sfondo dei fraintendimenti. Evidentemente la prima comunità cristiana ha voluto riflettere su cosa fossero queste manifestazioni di Gesù e non ha voluto nascondere la fatica di riconoscere il Signore risorto. Sicuramente centrale è il ruolo delle Scritture. In Lc. 24 troviamo per tre volte il ricorso alla Scrittura per reagire all’incredulità dei discepoli. In Gesù si ha il compimento dell’intera Bibbia: la Legge, i Profeti e i Salmi.

Queste osservazioni ci sono utili perché ci fanno comprendere chi fosse la chiesa nascente: una comunità con radici ebraiche ma aperta a un compimento che non passa. La figura di Gesù Cristo diventava infatti il centro di tutto il racconto biblico: la salvezza di Dio si era adempiuta in quest’uomo perché il Cristo tanto atteso si era presentato come un uomo in grado di affrontare la sofferenza e la morte.

Dio che si fa corpo

Dio da allora non è più un essere impassibile, lontano dall’uomo: non è un’entità solo spirituale ma conosce profondamente la dimensione umana perché non solo si è incarnato ma ha sperimentato anche il punto più faticoso dell’essere creatura, quella finitudine che porta alla morte. Davvero valgono le parole dei Padri della Chiesa: “caro cardo salutis”, la carne è il cardine della salvezza. Il sacrificio del Messia è dunque un’offerta operata da Dio stesso, secondo un progetto voluto da sempre e accolto da Gesù.

La storia, fondamento di salvezza

Il testo dice che Gesù “aprì la mente” (v. 45) dei discepoli alla comprensione delle Scritture e questa chiave è quella che vediamo nei versetti successivi: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà… e nel suo nome saranno predicati… la conversione e il perdono” (vv. 46.47). La vicenda di Gesù non è dunque una storia finita, chiusa in sé stessa, ma è la base solida per annunciare al mondo che Dio è in pace con noi, che non vuole la distruzione dell’umanità ma la sua salvezza.

Questa vicenda di perdono e d’amore è detta ora per ogni uomo, per ogni carne, perché nel Figlio il Padre ha mostrato con che forza d’amore vuole attirare tutti a sé e allo stesso tempo ha mostrato in Gesù che l’uomo può amare fino a vincere il peccato e la morte. Questo annuncio così grandioso, inciso nella Scrittura, ora è inciso per sempre anche nella carne di Cristo: mangiando una porzione di pesce arrostito, Gesù ci dice chiaramente che le verità di fede non sono inconsistenti, non hanno una dimensione solo spirituale, non sono sogni e visioni di fantasmi.

Ancora di più, il fatto che Gesù dica: “Sono proprio io” (v. 39) mostrando le mani e i piedi che evidentemente portano i segni della crocifissione, ci dice che il sacrificio di Gesù non è stato una passeggiata e che la risurrezione non è un colpo di spugna sulla sofferenza e sulla storia vissuta. Il Risorto porterà per sempre, nel suo corpo, i segni del Crocifisso: le due dimensioni non si annullano.

Il corpo della fede

Tali verità sono così grandiose che portano nel cuore sentimenti contrastanti: “Sconvolti e pieni di paura…Per la gioia non credevano ancora” (vv. 37.40). L’esperienza del corpo è necessaria ma non porta automaticamente alla fede. E’ necessario che le Scritture si facciano carne, diventino esperienza del cuore, non rimangano idee velleitarie, ma è anche vero che il corpo, da solo, sarebbe spaesato, portando a sentimenti perfino contraddittori.

E’ sulla promessa della parola di Dio che le storie umane trovano un punto di equilibrio ed è grazie a esse che verità impossibili possono invece essere avvistate e intraviste. Nell’eucaristia i discepoli di Emmaus dicono di aver riconosciuto Gesù: è lì che parola e corpo si fondono, permettendo all’intelligenza di Dio di manifestarsi e di entrare nei cuori delle persone. Ciò che più conta è scoprire che Gesù Cristo è ancora presente.

L’annuncio di un nuovo volto di Dio

Questa apparizione di Gesù risorto così concreta e fisica (ecco perché il gesto di mangiare un pesce arrostito) spinge a continuare il racconto. La vicenda di Gesù non è finita: egli sta in mezzo ai suoi, come è avvenuto nel nostro brano. La sua presenza può assumere forme diverse, ma grazie alla Scrittura riconosciamo che egli non è sparito ma ha realizzato il progetto previsto dal Padre per combattere il male e il rifiuto che gli uomini hanno opposto a Dio.

Tale rifiuto doveva essere punito da un Messia giustiziere che invece ha fatto sì giustizia ma senza violenza, anzi patendo in prima persona. In Gesù abbiamo così la vera immagine del volto di Dio e chi ne ha fatto l’esperienza non può tacerla, questa notizia è così bella che va portata a tutti. Anzi, tutta la storia d’amore tra Israele e Dio era volta proprio a mostrare che il Padre ha un amore grande, che perdona i suoi figli, prima Israele e quindi tutti gli altri.

La vicenda di Israele è servita per mostrare concretamente al mondo che il rifiuto di Dio è vinto dall’amore del Creatore che non rifiuta e non rinnega le sue creature. Per questo Gerusalemme diventa il centro di questo annuncio, perché è la città che simbolizza il popolo ebraico ed è il luogo in cui questa vicenda si è svolta fino alla manifestazione più grande, quella della croce. E’ dunque bene che da Gerusalemme si irradi questo annuncio che lì è stato vissuto, non per chiudersi a quell’angolo di terra ma perché diventasse davvero modello per tutta l’umanità.

Anche a noi, Signore, affidi una missione e, nonostante le nostre fragilità, fai di noi dei testimoni, ci metti nelle mani il tuo vangelo perché lo annunciamo a tutti coloro che attendono misericordia e speranza.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Flori, 2024.

Redazione

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