Una rassegna d’arte, emozione e cultura. Un posto dove ogni cosa si fa incontro, coinvolgimento, vita. Si chiama “Incontri all’imbrunire” è la rassegna culturale che si tiene a San Felice Circeo, ideata da Gianluigi Superti. Un appuntamento, che quest’anno compie vent’anni, avente come protagonisti libri e storie tratteggiate, tra fatti, luoghi e personaggi indimenticabili, si fa esperienza, racconto. Venerdì 26 agosto, ospite Laura Delli Colli con il suo “Monica, vita di una donna irripetibile”. Il profilo in carta e ossa di Monica Vitti.
Teatro dell’evento i Giardini del Circeo Park Hotel, per una figura indimenticabile del cinema e della commedia all’italiana, cinque volte premiata con il David di Donatello come migliore attrice protagonista, insignita di tre nastri d’argento e tante altre illustri premiazioni. Per l’occasione saranno proiettate delle immagini del documentario “Vitti d’arte, vitti d’Amore” di Fabrizio Corallo, autore protagonista all’ultima edizione della Festa del cinema di Roma.
Laura delli Colli, critica cinematografica per lungo tempo vicina all’attrice, ha parlato dell’evento in questa nostra intervista.
“Un incontro speciale, per un’artista speciale”
“E’ un incontro che fa piacere, soprattutto perchè inserito in una bella serie di incontri. Questo è legato al documentario di Fabrizio Corallo, presentato all’edizione 2021 della Festa del Cinema di Roma. Per la serata, era presente anche Paola Cortellesi. Questo è un piccolo tour che ruota intorno a un personaggio molto seguito e che è legato ad una storia di giornalismo. Un personaggio e una donna molto speciale“.
“Come mai, secondo lei, Monica Vitti è diventata un’icona, un simbolo del cinema nostrano?”
“Monica è un personaggio contemporaneo. E’ un evergreen, è sempre vivo. E’ una storia di presenza anche quando, a causa della malattia si è eclissata. È la sua capacità di esserci fisicamente, con le scelte personali ed estetiche, a renderla molto moderna e sempre fuori dal suo tempo. Una bambina degli anni trenta cresciuta in rapporti familiari non favorevoli. Nata in una famiglia borghese lontana dallo spettacolo. E’ Maria Luisa che, come narrato in “Sette sottane”, è diventata Monica. Unica femmina tra fratelli maschi. Un’immagine che non le piaceva, molto diversa dal suo tempo. Ha surclassato i canoni. Ricordiamo che tutte le attrici in quell’epoca venivano dalle passerelle di Miss Italia. Lei non era formosa, con queste mani che definiva lunghe e non sapeva dove metterle. Lei le vedeva come un limite. Questo modo di non essere in linea con i canoni l’ha resa moderna. Diceva: “Potrei scrivere una storia di me stessa descrivendola con i miei capelli“. Ciò l ha resa bella e lontana da una confezione“.
“Nel cinema un ruolo di grande importanza è giocato dal sapiente utilizzo delle immagini. Che rapporto aveva Monica con le fotografie?”
“Molto importante, ma non c’erano foto nella sua casa. Un rapporto a distanza con l’immagine. A parte l’incontro con Antognoni, suo grande amore, poi quello con un direttore di fotografia e poi quello con un fotografo. “Sembra che la foto ti rubi qualcosa” diceva, poi si innamorava di un fotografo. Ha vissuto però la storia che voleva. Ripeteva spesso: “Non vorrei mai un marito da aspettare a casa. Vorrei condividere tutto“.
“Lei è stata autrice di un piccolo fenomeno editoriale, accomunando cibo e cinema. Qual è il file rouge che lega questi due aspetti della vita di ogni giorno?”
“E’ un rapporto molto divertente da indagare. È stato un modo di giocare con quello che si vede nei film, che fa parte del costume. E’ un mezzo per raccontare la storia del cinema italiano. Un dato di costume fortissimo se consideriamo com’era la tavola nei film del dopoguerra. É anche la storia nei rapporti delle famiglie italiane. Come l’Italia sia cambiata dalla fame a un’abbondanza diversa. Nei film della commedia all’italiana si vedono i gusti semplici degli italiani, in costante cambiamento un po’ come cambiava la moda. Dalle penne alla vodka ai cocktail di scampi. Nei piatti si vede l’Italia che scopre un altro modo di socializzare. Poi entrano in gioco le Film Commission che hanno attenzione al gusto e alla cucina, che ti fanno capire dove sei. Ozpetek per esempio firma attraverso le immagini di tavole i suoi film. La Vitti aveva gusto per la cucina, pur ritenendo di combinare guai. Alberto Sordi voleva cucinasse sempre un pollo che veniva dalle campagne e veniva molto buono. Lei amava molto la socialità e la cucina fa parte di questa“.
“Sono una donna bionda, ho gli occhi verdi, alta 1.73, presbite, miope, astigmatica, ipermetrope e ipersensibile“. Si definiva così Monica. Icona, simbolo, punto di riferimento.
O semplicemente una ragazza divenuta donna. Lasciando un segno, un sogno. Tangibile, indelebile.
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