Interviene la Polizia sui tweet anti Boldrini

“La sinistra non ha il senso dell’umorismo”. Giorgio Forattini racconta le minacce di querele e processi

E' aperto il dibattito sui diritti della rete e tra questi anche il diritto di satira e se ne parla anche di più perché l'oggetto della satira è l'attuale presidente della Camera Laura Boldrini che non minimizza il valore offensivo delle attenzioni che riceve ogni giorno dal web, compresi fotomontaggi che la ritraggono discinta e in pose provocatorie. La reazione della polizia postale ha prodotto perquisizioni e interventi in casa di giornalisti e blogger responsabili anche solo di una semplice condivisione su Facebook o Twitter. Vale la pena fuori dal merito della questione ricordare che da anni sono presenti sulla rete notizie, immagini, fotomontaggi, allusioni e sberleffi a uomini e soprattutto donne politiche del centro destra nella indifferenza generale.

Abbiamo intervistato qualche giorno fa Giorgio Forattini che così si esprima sul senso dell'umorismo della sinistra. Ecco le parole del celebre vignettista:
"Uno come D’Alema mi chiese 3 miliardi di lire, e io fui costretto ad andarmene da La Repubblica. Che, tra l’altro, nemmeno mi difese, e non mi difese nemmeno l’ordine dei giornalisti. Per fortuna poi arrivò Agnelli che mi fece un contratto per La Stampa, un ottimo contratto".

"Io sono un uomo libero e non sono di sinistra, per questo, spesso, come è successo a molti altri – ha proseguito – sono stato accusato di essere prima fascista, poi qualunquista, poi berlusconiano. Ma io sono un liberale.
Il problema è che la sinistra non ha il senso dell’umorismo, non ce l’ha per programma. Loro ragionano così: "sfotti tutti, ma noi no". Per questo, io, dalla sinistra ho solo ottenuto grane, minacce di querele e processi, e anche processi e querele vere. I guai per me sono venuti sempre da una sola direzione".

Secondo Forattini, i politici querelano l'intenzione della satira politica.
"Io vivo anche a Parigi – ha proseguito – e tutti i miei amici che fanno satira lì, sono allibiti per il fatto che in Italia si possa condannare una vignetta e quindi la satira. Che poi la vignetta è uno sfottò, non un’accusa. Se io dicessi che un tizio è un ladro senza averne le prove, è chiaro che sto diffamando quel tizio. I politici, poi, vengono appoggiati dai giudici, che poi ti condannano. I giudici non pensano al fatto che la satira è al di fuori delle parti. A maggior ragione la mia, visto che io non sono schierato. Molti miei colleghi per non avere grane quindi si sono schierati, soprattutto a sinistra".

"Ma il problema non è solo politico. Il problema è anche giudiziario. I giudici – ha incalzato il vignettista – dato che non esiste il reato di satira, condannano utilizzando il Codice Rocco fascista, e appellandosi al reato di diffamazione a mezzo stampa. Perché non esiste un reato di satira nel nostro codice penale, esiste solo quel Codice Rocco, mai cancellato. Quel Codice aveva senso all’epoca del regime: se andavi contro il dittatore venivi condannato, era una dittatura! Ma oggi no, e loro continuano a condannare usando i parametri di quel Codice".

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