Intervista ad Andrea Pancani: “Draghi al Quirinale? Una garanzia per l’Europa”
Abbiamo avuto l’occasione di intervistare Andrea Pancani, giornalista conduttore televisivo ed ex docente presso La Sapienza, sulla questione della politica italiana
Abbiamo avuto l’occasione di intervistare Andrea Pancani, giornalista conduttore televisivo ed ex docente presso l’Università di Roma La Sapienza.
Pancani è uno dei punti di riferimento nel settore giornalistico italiano. Inizia la sua carriera nel 1982 a Roma con la redazione Olimpico per poi approdare nel 1987 in Rai conducendo alcuni programmi televisivi e radiofonici come Vogliadiradio. Tuttavia, nel 2002 decide di cambiare editore trasferendosi sul canale di LA7, dove ancora oggi lavora. Nel 2015 diventa il conduttore di Coffee break, programma in cui tutt’oggi si occupa di varie tematiche – dalla politica all’economia, al lavoro alla medicina fino ai consumi – con interviste e dibatti con vari ospiti di spessore. Proprio in merito a ciò, abbiamo voluto fare qualche domanda a Pancani sulla questione della politica italiana.
Qual è la sua visione a livello locale e nazionale sul centrodestra e sul centrosinistra?
È ovvio che se il centrodestra dovesse vincere a Roma e Torino si ribalterebbe tutto quello che si è detto fino ad oggi. Soprattutto per la posta in gioco di Roma, che va oltre il governo della città.
Credo che siano per entrambi due sfide molto aperte perché al di là del momento, dei fatti successi sabato, e delle accuse reciproche, Roma è aperta tanto quanto Torino, dove il candidato del centrodestra è secondo ma di pochi punti. In una fase normale queste piccole differenze sono cose che si potrebbero recuperare. In questa campagna è tutto molto difficile da prevedere, soprattutto dopo gli eventi di sabato. Poi c’è la grande incognita, sia su Roma che su Torino, sugli elettori del Movimento 5 Stelle. A Roma in particolare, gli elettori di Calenda seguiranno il leader, ossia la sua visione e predilezione verso Gualtieri o no?
Sappiamo però che storicamente l’elettorato di centrodestra è meno avvezzo al ballottaggio, ossia al ritorno del voto. Però ad oggi la situazione, a dispetto di ciò che dicono i sondaggi, credo che illustri due partite ancora aperte. Indubbiamente più aperta quella di Roma che quella di Torino.
Riguardo invece Draghi. Un domani dove lo vedresti tra palazzo Chigi, Quirinale o Europa?
Tutti pensano che ci voglia la continuità di Draghi per il PNRR, dunque più lui resta a palazzo Chigi meglio è.
Io credo che non possiamo avere idea di ciò che succederà in legislatura, se arriveremo al 2023. In quel caso si andrebbe a votare e dunque vince o il centrodestra o il centrosinistra.
Credo che Draghi al Quirinale rappresenterebbe anche per l’Europa quella garanzia e quella continuità per il PNRR, indipendente da chi sarà al governo. Se Draghi arrivasse a palazzo Chigi e arrivasse alla fine della legislatura, dopo sarebbe una grande incognita. Questo perché chi vorrebbe un movimento di centro e di moderati per sostenere Draghi. Chi sa se nascerà e comunque la sua nascita dipenderebbe dalla legge elettorale. Lui come garante per l’Europa sarebbe opportuno al Quirinale perché la sua carica durerebbe sette anni e potrebbe garantire una continuità fino al 2026, che coinciderebbe con la fine del PNRR. Poi però bisogna vedere lui che ambizioni ha. In Europa il ruolo più prestigioso è quello di Presidente della Commissione europea, ma per adesso non coincidono i tempi.
Detto tra me e te credo che Draghi, non so ovviamente, in cuor suo potrebbe voler terminare una carriera così prestigiosa e importante con la Presidenza della Repubblica. Lui al Quirinale sembra, tra i candidati possibili che ancora non conosciamo, il più accreditato. Attenzione però a non pensare che se lui dovesse scegliere di andare al Quirinale ci saranno le lezioni anticipate. Non è scritto da nessuna parte. Non c’è un automatismo.
Credo che tutti i partiti oggi, centrodestra e centrosinistra, avrebbero una garanzia anche loro sul fatto che Draghi può proseguire l’impegno, cioè seguire tutto il PNRR. Questo perché, più o meno, porterebbe delle riforme che mancano da anni, e farebbe quel lavoro “sporco” che i partiti non possono fare. Dunque, tutto sommato converrebbe anche a loro. Io poi sono un grande sostenitore del voto, però ragionando sulla fotografia attuale, tutto sommato in questa situazione i partiti si potrebbero riorganizzare e capire bene qual è la loro identità e su cosa si dovrebbero spendere. Così poi, andando a votare, avrebbero la possibilità di prendere un paese, forse, un po’ meno complicato.