L’ intervista immaginata, tra uno dei giornalisti e scrittori più raffinati del secolo scorso, Nantas Salvalaggio e una figura indimenticabile, anche se controversa, della politica italiana, come Giulio Andreotti. Le domande dello scrittore veneziano vanno al cuore del problema più spinoso della scena internazionale contemporanea: i conflitti in corso e il rischio del coinvolgimento del mondo intero,
Senatore Andreotti, la situazione tra Russia e Ucraina è in continua evoluzione. Cosa pensa delle prospettive future di questo conflitto?
“Salvalaggio, i conflitti tra nazioni spesso nascono da ferite storiche mai completamente rimarginate. La questione ucraina è complessa, intrisa di identità nazionali, geopolitica e risorse economiche. Per il futuro, temo che senza un dialogo serio e costruttivo e senza concessioni da entrambe le parti, le prospettive di pace rimangano deboli. Serve una diplomazia forte e creativa, sostenuta dalla comunità internazionale.”
Parlando di comunità internazionale, quale ruolo dovrebbe giocare l’Europa in questo conflitto?
“L’Europa deve assumere un ruolo di mediatore imparziale. Non può permettersi di essere solo spettatore o di schierarsi apertamente con una delle parti. La stabilità dell’Ucraina è cruciale per la sicurezza del continente. L’Unione Europea dovrebbe promuovere un cessate il fuoco e avviare negoziati che includano anche le questioni economiche e di sicurezza energetica. La diplomazia deve prevalere sull’uso della forza.”
Rivolgiamoci ora al conflitto tra Israele e Hamas. Quali sono, secondo lei, le radici di questa disputa e come potrebbe evolvere?
“Le radici del conflitto israelo-palestinese sono profonde e storiche, risalgono alla fine dell’Ottocento. Si tratta di una questione di territori, di identità nazionali e di diritti umani. Il conflitto con Hamas, specificamente, è esacerbato dall’assenza di prospettive politiche per i palestinesi. Senza un intervento internazionale che promuova una soluzione a due stati, con garanzie di sicurezza per Israele e diritti legittimi per i palestinesi, temo che la violenza continuerà a ciclicamente riemergere.”
Crede che ci siano possibilità di una soluzione pacifica in tempi brevi?
“Sono sempre stato scettico riguardo alle soluzioni rapide nei conflitti prolungati. Serve pazienza, perseveranza e soprattutto volontà politica da entrambe le parti. Le iniziative di pace devono essere sostenute da tutti gli attori regionali e internazionali, compresi Stati Uniti, Unione Europea e le Nazioni Unite. Senza un impegno concertato e duraturo, una soluzione pacifica rimane un miraggio.”
Qual è il messaggio che vorrebbe lasciare ai leader mondiali di oggi?
“La pace è un processo, non un evento. I leader mondiali devono ricordare che la diplomazia, per quanto difficile e frustrante, è sempre preferibile alla guerra. Le soluzioni militari portano solo distruzione e sofferenza. Devono investire in dialogo, comprensione reciproca e costruzione di fiducia. Solo così potremo sperare in un futuro più pacifico per le prossime generazioni”.
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