Non entravo in un campo sportivo dal 1986. Quell’ultima volta, giocavano Francia-Italia, per il ‘Mundial’, a Città del Messico. In tribuna, c’era tutto il gruppo degli artisti RAI che partecipava al programma di Gianni Minà ‘Mundialissima Show’, al quale, appartenevo pure io. Gomito a gomito a tifare Italia, eravamo: Gianni Morandi, suo figlio Marco, sua figlia Marianna, Gianni Minà, Mariana Minà, Gino Paoli, Beppe Vesicchio, Cocciante, Rivera, e altri noti. Perdemmo. E perdemmo male.
Ricordo ancora il gol di Platinì e ogni volta che capita durante il sonno, si tratta di un incubo ricorrente. Promisi di non entrare più in un campo sportivo. Non perché avevamo perso, ma per il modo. Ero rimasto davvero deluso dalla mancanza d’impegno della nostra squadra. Sembravano smidollati. Ed io che ho giocato a calcio, tra i ragazzi del Newell’sold Boys e poi in Italia, ‘odio’ i calciatori arrendevoli.
Ieri, invece, per troppo amore nei confronti del messaggio di Papa Francesco, ho dovuto tradire la mia promessa; ma l’ho fatto con gioia. Non potevo mancare all’incontro di calcio in suo onore, organizzato dai vertici della Nazionale Italiana e dall’AFA Argentina. L’incontro è stato straordinario, dal mio punto di vista; anche se l’Italia ha perso 2 a 1.
Vorrei saltare, inizialmente, il mero aspetto tecnico sportivo dell’incontro per parlare dell’organizzazione. Senza esagerare io, l’ho vista perfetta.
Gli steward, professionali, inflessibili ma gentili, non lasciavano passare nessuno che non fosse in regola coi pass, o coi biglietti; e le hostess, belle, sorridenti, e forse più rigorose degli steward stessi, erano imperturbabili dinanzi al più conquistatore dei sorrisi o ai commenti meno sportivi e più pepati di alcuni giornalisti con il testosterone fuori controllo. In ogni modo, tutto è filato liscio come si suol dire.
Sono arrivato prestissimo all’Olimpico, perché volevo gustarmi ogni istante del pre-partita. Sono andato a prendere gli accrediti lasciati per me dal mio editore, Francesco Vergovich, e durante il tragitto dalla macchina allo stadio, ho iniziato a vedere i primi tifosi delle due squadre arrivare insieme, sorridenti. Io che non amo le aggressività stupide e incontrollabili, spesso, delle folle, mi sentivo sereno, in mezzo a tutta quella gente festante e non sono stato preso da alcuna crisi di panico.
Volevo ‘recuperare’ arrivando presto, i vissuti da calciatore. Volevo sentire l’odore dell’erba bagnata. Vedere la gente arrivare piano piano. Vederla con le magliette sfavillanti di colori, le bandiere al vento, los ‘bombos’ degli ultrà che seguono le loro nazionali in ogni luogo del mondo. Volevo davvero godermi lo spettacolo (perché di spettacolo si tratta) e me lo sono goduto come un bambino davanti ad un gelato enorme, come un ragazzo al primo incontro d’amore.
All’inizio della partita ero estasiato. Mi girava la testa dall’emozione. Ero assetato, ma ho commesso l’errore di non portarmi una bottiglietta di plastica riempita d’acqua e avevo la bocca secca per le scale infinite verso il mio posto in cima alla tribuna stampa. Ho visto la partita dal punto più bello dello stadio: al centro e in alto. La visione del gioco è perfetta. Lo sguardo ha la possibilità di accogliere tutto ciò che accade intorno. Al suono degli inni, ho iniziato a piangere dall’emozione, ed ho cantato, male, a squarciagola, stonando come tutto il pubblico. La banda, suonava come una banda. Il che non è così logico.
Il tempo musicale dei 50.000 tifosi, era come sempre terrificante, soprattutto, per un musicista come me che ha incorporato il metronomo in testa. Ma è ciò che accade nei campi, e dimostra che il suono si propaga in una dimensione di spazio-tempo ed essendo la fonte sonora non è equidistante dai riceventi, la risposta, non potrà mai essere contemporanea. Ma anche questo ‘fuoritempocanorodastadio’ è bello lo stesso, è appassionante e coinvolgente.
Non so cosa la gente abbia visto alla tv, ma lo spettacolo, dal campo, è stato meraviglioso. Ho capito dopo tanti anni perché il calcio è il gioco più amato del mondo. Il vero spettacolo è stato il pubblico che ha sottolineato ogni azione con boati.
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