Italia in panne! E Roma? Ferma ai box da anni peggio delle capitali EU
L’Italia attraversa un periodo di crisi politica e sociale interna e internazionale; e Roma? Ferma al palo
Che l’Italia non stia attraversando un periodo idilliaco, sia dal punto di vista della politica interna che internazionale, è ormai chiaro a tutti; disoccupazione, decrescita industriale e imprenditoriale, insicurezza delle città, una sorta di guerra civile politica tra una sinistra che spara a zero su qualsiasi cosa si muova e un governo, Lega – M5S, zavorrato da accordi che vengono mal digeriti da una parte dei pentastellati che, confluita nel movimento con una chiara estrazione e mentalità di sinistra, frena scelte e misure governative facendo sbandare, ogni volta, il governo in un momento in cui le pressioni esterne sono forti e provenienti tutte dai soliti Paesi EU che reclamano a suon di accuse e ostracismo politico-amministrativo quella disponibilità italiana, fino a qualche tempo fa piena, a subire le scelte di una UE che, in realtà, unita non è più; d’altro canto se a dirlo è Romano Prodi affermando che la UE “si è trasformata e ogni Stato tutela i propri interessi individuali” allora possiamo esserne sicuri accettando l’assunto a occhi chiusi. In questo marasma tipicamente mediterraneo e squisitamente italiano gioca un ruolo negativo, ancora una volta, il problema accoglienza di quegli immigrati dei quali se una parte dall’Italia vuole soltanto passarci per dirigersi verso altri Paesi europei un’altra considerevole parte ha trovato nella Penisola il vero Paese dei balocchi in cui bivaccare stabilmente occupando piazze e strade cittadine e creando un chiaro problema di ordine pubblico del quale, primi fra tutti, i cittadini ne risentono negativamente con una evidente e innegabile limitazione nell’esercizio di diritti individuali.
Episodi che danno risalto ad una escalation sempre maggiore di violenza sono la prova di una cultura della violenza, in quanto priva di regole di riferimento, ad opera di quelle che al momento sono delle minoranze nel nostro Paese ma che prendono sempre più corpo soprattutto in quanto organizzate da un punto di vista criminoso; si parla sempre più spesso e a più livelli, ormai, di mafia nigeriana e della sua organizzazione nella scalata al potere nella gestione soprattutto dei traffici di droga nelle principali città italiane. Eppure negli ambienti politici c’è chi ancora nega tale fenomeno continuando a parlare di accoglienza, cercando di far passare per razzismo il richiamo al rispetto di quelle regole che altro non sono se non le regole poste alla base del vivere civile di ogni società che possa definirsi evoluta rispetto allo stato dei tanti Paesi di provenienza di quelle masse.
“Il potere logora chi non ce l’ha”, frase memorabile di Andreotti che altro non è se non la versione moderna della frase illuministica “il piacere di governare deve senza dubbio essere squisito, se dobbiamo giudicare dal grande numero di persone che sono ansiose di praticarlo” pronunciata da Voltaire circa 250 anni fa; eppure questa frase mai più attuale risulta essere a giudicare dall’arrembaggio che viene mosso agli scranni del potere da chiunque, destra e sinistra, competenti e incompetenti, colti e ignoranti, saggi e avventati, oculati e spregiudicati, con un chiaro riflesso sull’andamento amministrativo della nazione ma anche delle singole città. Se a ciò si aggiunge lo stato di degrado ed incuria del territorio che porta alle evidenti disastrose conseguenze in occasione di eventi meteorologici più o meno gravi, allora si comprende come questa nazione sia come un’auto in panne. Emblema di questa situazione di precarietà cronica, che raccoglie in un’unica città tutti i problemi rilevanti a livello nazionale con l’aggiunta di altri, è Roma, capitale europea che di europeo ha sempre meno tranne le vestigia dell’antica caput mundi che, ormai, lasciano soltanto la nostalgia del ricordo dei fasti e della grandezza di un tempo; una storia importante dalla quale hanno preso le mosse il diritto moderno, l’ingegneria, l’architettura, la chirurgia, così come tanti dei “mattoni” della civiltà occidentale, una storia dalla quale, però, non siamo in grado di apprendere né di copiare sulla scia di quanto Montanelli ha sempre affermato nel dire che l’Italia “non ha un futuro perché un Paese che ignora il proprio ieri non può avere un domani”. Negli ultimi 30 anni Roma ha subito un declino lento ma costante ed inesorabile; alcune buche e marciapiedi sconnessi, visibili 30 anni addietro in piazza Venezia, sono ancora lì a imperituro ricordo della incapacità di governare e amministrare la città in modo organico ed efficiente al di là del colore politico che, in modo altalenante, ha rivestito il Campidoglio; dalla giunta Veltroni a quella Alemanno, da quella Marino a quella Raggi un unico filo conduttore accomuna tutti ovvero la incapacità di risolvere i vari problemi che attanagliano la capitale e che, anno dopo anno come una patologia non curata, ne aggravano lo stato di salute e la sua vivibilità.
Eppure un’altra capitale europea come Madrid, di eguale grandezza, numero di abitanti, appartenente ad una nazione molto simile all’Italia per status culturale e economico finanziario, offre una concezione differente, quasi opposta, rispetto a quella della nostra capitale con servizi di mobilità cittadina efficienti, controllo del territorio tale da offrire massima sicurezza a cittadini e turisti, una cura della città che vede le sue strade pulite e non invase da cumuli di immondizia, una pressochè totale assenza di parcheggiatori abusivi, mendicanti, immigrati di colore bivaccanti o venditori del momento; le stazioni della metropolitana, che conta 23 linee, sono pulitissime e illuminate oltre che controllate da personale di sorveglianza che , al contrario di quanto avviene in Italia, non deve temere le reazioni di eventuali facinorosi poichè il rispetto delle leggi e delle regole del vivere civile in Spagna è il punto di riferimento di qualsiasi fazione politica sia al governo.
A Roma ciò non è possibile, si tutelano i ROM che compiono ogni atto contrario alla legge, dalle pietre lanciate contro le auto in corsa sulla Pontina ai borseggi continui e infiniti sui mezzi pubblici accompagnati anche da aggressioni, ledendo e violando continuamente i diritti di romani e turisti; si costringono gli abitanti di interi quartieri, ormai esasperati, a subire i fumi tossici di roghi appiccati presso i campi nomadi, spesso allo scopo di trattare il rame sottratto ovunque o di eliminare rifiuti anche tossici in un contesto criminoso che si conosce benissimo. In nome di un buonismo e di un garantismo che di buono e garantistico non hanno nulla si ledono i diritti di tutti quei cittadini che ogni giorno faticano a rispettare le leggi in una giungla di violazioni delle quali sono le vittime; eppure appena si tenta di riportare la situazione sociale ad uno stato non di normalità ma, quanto meno, di minore precarietà sociale e di minimo rispetto delle leggi si grida subito al populismo facendo passare per ciò che non è il richiamo alla legalità. Peccato che populista sia stato definito Bertinotti, allora ultima frangia della storica sinistra italiana, da Montanelli ma anche Berlusconi, uomo emblema della imprenditorialità e del capitalismo, da Giorgio Bocca in un altalenare di indecisione concettuale che spazia da un polo all’altro; forse è da accogliere la definizione che ci offre l’economista e politologo statunitense Yoshihiro Fukuyama secondo il quale il “populismo, è l'etichetta che le élite mettono alle politiche che a loro non piacciono ma che hanno il sostegno dei cittadini” se nessuna alternativa veramente risolutiva, e la storia degli ultimi anni lo ha ampiamente dimostrato, viene offerta da una “sinistra” che in realtà di sinistra ha mantenuto solo una forma mentis disconnessa dalla relativa ideologia che, apparentemente, sembra paradossalmente appannaggio molto più del M5S se è vero che il movimento sembra mettere in pratica l’idea di Lenin secondo cui “ogni cuoca dovrebbe imparare a reggere lo Stato”; purtroppo Lenin, pur encomiabile nella sua idea di fondo, non aveva calcolato che per il governo di un Paese è necessaria quella competenza la cui mancanza, a quanto pare, sortisce i negativi effetti che ogni giorno sono sotto i nostri occhi e l’anarchia che in un certo qual modo si vuole apparentemente creare da parte di fazioni politiche, ormai minoritarie, è in linea con il pensiero dello scrittore americano Edward Abbey secondo il quale essa sarebbe fondata sulla mancanza di uomini saggi al punto da poter governare gli altri.
Insomma, se la metro si allaga alla minima pioggia, le strade diventano acquitrini navigabili, gli alberi cadono anche in assenza di vento, gli autobus nuovi si incendiano continuamente, i cumuli di spazzatura aumentano, le strade sono sempre più insicure, non è certamente colpa del populismo tanto più che se da un lato il cardinale Richelieu, che di governo e intrighi ne sapeva abbastanza, sosteneva che “per agire bene nel governo di uno stato bisogna ascoltare molto e parlare poco”, dall’altro oggi avviene l’esatto contrario in un continuo battagliare mediatico che distoglie l’attenzione da quelli che sono i veri e concreti problemi di una popolazione che si ritrova con l’acqua alla gola e che non è quella delle piogge che hanno trasformato Roma in una città lagunare come Venezia. Risolvere il problema dei ROM e dei loro comportamenti, perché è un problema, assieme agli altri che attanagliano la città non è cosa impossibile né complessa ma in realtà il buonismo che “è l’altra faccia dell’indifferenza e un modo per non esporsi e soprattutto per evitare di andare al centro delle questioni”, come dice Mina, sta divenendo la vera patologia morale e sociale di questo periodo storico perché se da un lato si ricollega alla decadenza dei tempi attuali dall’altro mostra una paralisi della volontà direttamente connessa a un relativismo sempre più incalzante che si riflette sul piano sociale, a tutti i livelli, con danni che spesso diventano irreparabili; un relativismo che nella sua declinazione si trasforma in lassismo da un lato e permissivismo dall’altro con una conseguente diffusione nel tessuto sociale di quanto dovrebbe essere prevenuto e immediatamente represso e sanzionato; dalle zone cittadine occupate dal vero e proprio spaccio, ad una microcriminalità libera che porta alla perdita totale di qualsiasi freno inibitorio fino all’omicidio per il quale uccidere è solo uno stadio di tale decadenza.
È accettabile l’idea di Ezra Pound secondo cui “governare è l'arte di creare problemi la cui soluzione mantiene la popolazione nell'inquietudine”? Potrebbe esserlo, ma vogliamo ancora sperare di essere in tempo per una inversione di tendenza che riporti il Paese in generale ma, soprattutto, le città nello specifico e Roma capitale allo stato che meritano; e mentre Mattarella, il 4 novembre, depone una corona sul sacello del milite ignoto, lo sfrecciare delle frecce tricolori sul Campidoglio appare un atto vuoto e privo di vero sentire legato al significato di cui dovrebbe essere foriero.