Opinioni

Kessié e Bakayoko e la maglia di Acerbi è segno dei tempi. Brutti tempi

L’episodio di domenica scorsa, che ha visto protagonisti i giocatori del Milan Kessié e Bakayoko esultanti, sfottenti e strafottenti con la maglia scambiata col giocatore della Lazio Acerbi a fine partita, è un segno dei tempi. Brutti tempi. Per gli oltre 90 minuti di una partita di calcio, ventidue uomini cercano in tutti i modi di prendersi a calci l’uno contro l’altro – ma al fischio finale gli stessi dovrebbero tornare ad essere amici e in segno di rispetto abbracciarsi e finalmente scambiarsi la maglia. A leggere le cronache, il rituale dello scambio della maglia è un gesto patrizio con origine nel lontano 1931, anno in cui la tanto odiata e nemica nazionale di football di Francia sconfisse quella inglese per la prima volta. I giocatori francesi erano così increduli e felici che chiesero ai giocatori inglesi se potevano avere le loro maglie come ricordo: gli atleti inglesi acconsentirono.

Nel 1954 vi fu il primo scambio ufficiale durante una competizione ufficiale FIFA, nel 1966 invece lo scambio mancò e fu storia. In quell’anno infatti, l’Inghilterra – allora Paese ospitante ed alla fine vittorioso per la prima ed unica volta, sconfisse l’Argentina, 1-0, ma il gioco fu così duro e violento che quando il manager dell’Inghilterra, Alf Ramsey, che aveva fatto riferimento ai giocatori argentini come animali, individuò uno dei suoi giocatori che scambiava maglie con un argentino, Ramsey intervenne e tirò via la maglia. Come dire, lo scambio è un rito sacro e puro e in quel caso non s’aveva da fare.

Oggi, 2019, davanti al caso di Kessié e Bakayoko, quel magico rituale è stato spogliato della sua purezza e svergognato dell’onorabilità del gesto. Tutto finisce nel gran calderone dello spettacolo fine ase stesso: l’accadere. Acerbi, nel tranello dello scambio, è stato vilmente ingannato in nome di una farsa pagliaccesca; abbracciato come in un bacio da Giuda. E se come pare la Giustizia Sportiva non interverrà in qualche modo a sanzionare l’immorale operato dei due calciatori, tutti noi dovremmo iniziare a farci delle domande sul perché ogni aspetto della vita viene oggi ricoperto di melma e leggerezza e se non sia a questo punto necessario porre un limite a tutti questi sberleffi.

Non si può e non si deve passare su tutto, in nome dell’ilarità e dello scherzo. Kessié e Bakayoko dovrebbero quanto meno restituire la maglia. E una buona occasione per dimostrare almeno l’inviolabilità dei valori umani e dello sport, l’ha persa anche la Società a cui Kessié e Bakayoko appartengono: quel Calcio Milan, che nei suoi comunicati ufficiali sui fatti, ha sorvolato, senza saper nemmeno come chiedere scusa. Davvero tempi brutti.

Francesco Di Pisa

Dottore in Giurisprudenza, con un Master in Scienze delle Comunicazioni presso "La Sapienza" di Roma. Libero professionista, vive in Gran Bretagna dove si occupa di politiche Marketing, consumo, comunicazione e scrive di politica, attualità e costume.

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