L’eterno secondo vincente: i paradossi del calcio
Da De Rossi a Milito, fino a Dida: i casi “umani” del pallone
La storia del calcio è piena di storie, è ciò che lo rende affascinante e intatto nel suo splendore, nei decenni che passano e così nel futuro prossimo. Storie di giocatori e squadre, di record scritti e sfiorati, di trofei mai vinti ed altri sollevati fino ad avere i crampi alle braccia. Poi ci sono quei racconti che rappresentano una via di mezzo, fra chi ha saputo lasciare un segno indelebile nella storia di questo sport, e chi invece vive nel limbo fra coloro i quali sono stati protagonisti dei propri successi e spettatori di quelli altrui.
I casi degli eterni secondi della Serie A sono emblematici e spiegano come questo sport sia tutt’altro che una scienza matematica, ma viva di momenti ed episodi che possono segnare una stagione, così come una carriera intera. È ad esempio il caso di una delle ultime bandiere che il calcio italiano ha dovuto salutare nel corso dell’ultima giornata di campionato, Daniele De Rossi.
Diciotto anni con la stessa maglia, quella della Roma, oltre 600 presenze fatte di qualche Coppa Italia e Supercoppa Italiana ma soprattutto, della bellezza di otto secondi posti. Due dei quali, in particolare, rievocano rimpianti enormi per come doveva andare ed invece non è successo: una leggenda romanista e romana, che non potrà fregiarsi di uno Scudetto sul petto, ma di qualcosa di ancor più grande forse sì. Perché c’era anche lui quella notte di Berlino, era lui uno dei cinque battitori dal dischetto che hanno portato al Circo Massimo la Coppa del Mondo: lui, pronto a farsi perdonare quella gomitata contro gli Usa nella seconda partita del girone, un rosso che gli sarebbe costato la squalifica fino alla finale.
E come non citare la storia di Diego Milito, il Re nella notte di Madrid, quella che avrebbe consegnato l’Inter alla storia col magico Triplete. Due reti e tante altre in quella stagione così come in tuttala sua straordinaria carriera, mai però col titolo di capocannoniere in tasca, sfiorato in ben tre circostanze: la prima col Genoa e due volte con l’Inter, uno degli eterni secondi più vincenti e forti di sempre.
Anche i portieri si iscrivono alla nobile lista, possiamo non citare Nelson Dida? Un brutto anatroccolo fino alla sera di Manchester, quella vinta ai rigori contro la Juventus, che sarebbe poi stata la sesta Champions League vinta dai rossoneri. Da quel momento, il brasiliano, per almeno un paio di anni avrebbe conteso a Buffon una leadership quale miglior portiere del mondo che nessuno aveva osato intaccare, prima e dopo: fino a quando il brasiliano venne colpito da un fumogeno in un quarto di finale di Champions contro l’Inter, che come d’incanto ruppe la magia di quegli anni. Eppure, Dida, non si potrà mai vantare di esser stato il portiere meno battuto della Serie A, nemmeno nell’anno dello Scudetto rossonero.