Rubriche

L’inizio della predicazione di Gesù

Il Vangelo (Mc. 1, 14-20) di domenica III del Tempo ordinario ci riporta le prime parole di Gesù all’inizio della sua missione in Galilea e la chiamata dei primi quattro discepoli lungo il mare di Galilea. Gesù inizia la sua attività pubblica dopo quella del Precursore. Gesù non poteva incominciare prima che Giovanni Battista uscisse di scena: “Dopo che Giovanni fu consegnato (arrestato)”. La fine violenta del Battista allude già da lontano al destino di Gesù: fu perciò un venir consegnato da parte di Dio; la forma passiva del verbo rimanda sempre all’opera di Dio. Il campo di attività di Gesù è la Galilea, dove ritorna dopo essere andato al Giordano per il battesimo, per farne la patria del vangelo di Dio, dell’annuncio del regno di Dio. La vicinanza del regno di Dio è stata resa possibile dal compimento del tempo, il tempo favorevole  stabilito da Dio: Egli ha fissato anticipatamente il momento della venuta di Gesù, con essa si compie la svolta dei tempi, inizia la fine del tempo.

Il regno di Dio è giunto e da adesso incomincia ad affermarsi nella persona di Gesù, il Figlio di Dio che opera tra gli uomini. La signoria di Dio, che ora si avvicina e spinge verso il regno finale di Dio, esige una decisione: include conversione e fede, “convertitevi e credete al vangelo”. Il termine “conversione” allude alla svolta della vita, una svolta che vuole mutare radicalmente il corso della vita. Essa include naturalmente anche la sfera del pensiero e deve riflettersi nella vita pratica. Sulla strada, che sino a quel momento è stata una strada sbagliata, avviene la svolta che ha come meta Dio, poiché il regno di Dio comprende qui tutte le sfere della vita umana del singolo, la sfera privata e pubblica.

La richiesta maggiore è quella della fede: è importante questo rapporto personale che il credente acquista con Gesù nella fede, poiché Gesù è il messaggero di gioia. Il credere assume qui in maniera più forte la sfumatura della fiducia. Con la fede l’uomo giustifica il vangelo e testimonia come vera la pretesa, l’invito a “credere al vangelo”. Infatti, l’accettazione o il rifiuto del vangelo, ha caratterizzato in modo decisivo la concezione di tutta l’opera di Marco fino alla sua conclusione.

La parola “Vangelo” inquadra le prime parole di Gesù: il testo suggerisce uno stretto legame tra il “Vangelo” e la solenne entrata in scena di Gesù, che si definisce “Vangelo”: egli ha la funzione essenziale di proclamare il Vangelo, di cui siamo già stati avvertiti che era suo nel titolo iniziale dell’opera di Marco. Certo, la parola indica l’annuncio di un messaggio di felicità e molto di più ancora: si tratta di una realtà viva, dinamica, di un avvenimento in cammino. Il Vangelo è la persona stessa di Gesù!

Gesù e i suoi primi quattro discepoli (vv. 16-20)

Il sommario che presenta Gesù e il “Vangelo” precede immediatamente il racconto della chiamata dei quattro discepoli, Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, su bordi del mare di Galilea. Anche se ubbidiscono ad uno schema identico e possono distinguere le due chiamate, bisogna anche dire che i due racconti sono strettamente saldati l’uno all’altro. Il fatto che fossero pescatori è riferito solo di Pietro e Andrea, ma si comprende che anche Giacomo e Giovanni erano anch’essi pescatori. Ogni racconto descrive un aspetto dell’attività del pescatore (gettare le reti e riassettarle), ma i due insieme forniscono un quadro completo del mestiere.

Il racconto è dominato da Gesù: egli passa, vede gli uomini al loro lavoro e si rivolge loro con tono di comando. Lo sguardo di Gesù è quello che sceglie. La chiamata li coglie durante il loro lavoro quotidiano, li coglie insieme: Gesù li invita a seguirlo. La sequela porta i due uomini (Pietro e Andrea) in una professione nuova che viene loro spiegata con l’aiuto del loro vecchio mestiere. Come sino a quel momento hanno preso pesci, in futuro prenderanno uomini.

Per sapere che cosa debbono lasciare, bisogna quasi addizionare quanto dicono i due racconti: reti, barca e il padre. L’iniziativa di Gesù rivela la sua autorità sovrana e l’efficacia della sua parola. Non è il discepolo che si mette alla ricerca di un maestro intellettuale, ma è Gesù che precede. Viene poi la risposta del chiamato: obbedienza assoluta alla Parola di Gesù, rottura totale con la situazione anteriore (famiglia e professione), dono totale a chi chiama per condurre con lui una nuova esistenza.

Per la chiesa primitiva questo racconto è il fondamento dell’autorità apostolica dei discepoli, la cui missione non viene da loro stessi, ma da una chiamata, e si radica nel fatto che hanno seguito Gesù. Tale racconto ha dunque un significato teologico. I discepoli hanno vissuto realmente intorno a Gesù al tempo della sua vita terrena e lo hanno seguito: senza alcun dubbio Gesù è stato visto dai suoi contemporanei come un “rabbi” circondato da allievi. La sua autorità è superiore a quella dei comuni rabbini, capace di attirare e di affascinare i discepoli in maniera incondizionata. L’espressione “pescatori di uomini”, una parola autentica coniata da Gesù, va intesa in relazione con l’annuncio del regno di Dio come imminente, in linea con la prima predicazione di Gesù e con la prima missione dei discepoli nel mondo giudaico.

Quando Marco scrive il suo Vangelo, le circostanze sono cambiate: essere discepolo di Gesù adesso significa far parte della vasta comunità dei credenti dispersi nel mondo. L’esperienza unica dei Dodici può illuminare la nuova situazione per capire cosa significhi oggi “seguire” Gesù: portare il Vangelo ai pagani e dare la vita per Gesù e per il Vangelo. I discepoli sono i continuatori dell’opera di Gesù e i testimoni delle sue azioni. L’evangelista Marco è riuscito a sottolineare bene la continuità tra la vita di Gesù e la Chiesa: Gesù ha inaugurato la sua missione dopo l’arresto e la condanna di Giovanni Battista, come lo sarà anche lui, e in Galilea, dove il Risorto convocherà i pescatori di uomini per una missione universale di cui la prima chiamata non era che un abbozzo. La Galilea ormai era la terra intera, e i quattro discepoli sono diventati l’immensa comunità di quelli che seguono Gesù.                                                                    

Bibliografia consultata: Brier, 1973; Gnilka, 2007.

Redazione

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