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L’invidia delle tette logora chi le ha grosse

L'idea di scrivere delle tette mi è venuta ripensando ad un magistrale pezzo di Nora Ephron pubblicato sull'Esquire nel 1972, ma anche in seguito ad uno spassoso articolo del Sun in cui un ipnoterapista, tale Zack Polanksi, fornisce teoria e tecnica per aumentare il volume del seno con il solo pensiero in poche sedute.

Comunque la mettiate: le tette hanno e avranno sempre un potere. Soprattutto sulle donne che ne subiscono la fascinazione.
Non per nulla, le richieste di mastoplastica additiva sono in crescente aumento. Mi pare interessante sottolineare la capacità (in)umana di trasformare il proprio corpo come fosse il vecchio 'das' o il 'pongo' con cui giocavamo da bambini per plasmare gli oggetti. O, ancora, come il corpo che cambia nel film Tetsuo (1989) di Shinya Tsukamoto in cui il protagonista si innesta protesi metalliche, vittima compiaciuta del proprio feticismo.

Inoltre, sarà anche ovvio, ma un intervento chirurgico è una cosa seria e lo si dovrebbe affrontare solo in caso di 'necessità'. Non riesco a trovare cui prodest l'aumento del seno. Cosa aggiunge alla nostra vita una misura in più di seno? Sensualità, femminilità, sicurezza? Magari bastasse una misura in più di reggiseno.

"Zuppa di tette" direbbe la Miranda Hobbes di Sex And The City guardando le 'conigliette' durante la festa nella magione di Hugh Hefner.
Qualche esempio, molti ce ne sarebbero, di donne attraentissime che non spiccano per forme da maggiorata: Nicole Kidman prima del botox, Sharon Stone ai tempi di Basic Instinct, Fanny Ardant in tutte le età, Isabelle Adjani prima del copioso bisturi, Catherine Zeta Jones, Julia Roberts, così solo per ricordare le belle del cinema.

Innestare dei palloncini di silicone sottocutanei vuol dire innestare in noi un cambiamento? Davvero ci faciliterebbe nel processo di consapevolezza della nostra identità femminile?
Avere un seno prosperoso implica possedere un certo tipo di fisicità e un rapporto con il proprio corpo diverso da chi, al contrario, ha un seno minuto. Viceversa. Una sorta di psicologia della fisicità? Ebbene sì.
Non diventi una donna 'diversa' davanti allo specchio soltanto perché hai comprato un'altra fisicità.

"Io volevo fare la ballerina di danza classica – dice Natalia Aspesi in un'intervista alla Soncini di qualche tempo fa – ma avevo le gambe grosse".

Be', anch'io avrei voluto essere flessuosa come una danzatrice, come Luciana Savignano, ma non avevo le physique du role e l'ho accettato e ho capito anche il motivo per cui non possedevo quella fisicità. Perché io non ero quel corpo lì. Ho utilizzato il verbo 'essere' e non il verbo 'avere' non a caso. Non avevo la mente da danzatrice, né il carattere, né il temperamento, né la tenacia.
Bisognerebbe capire il rapporto corpo-mente della tradizione orientale, che non divide i due elementi, ma li tiene uniti e legati in un'unità. Non come quello occidentale che ci consente di comprare dal chirurgo plastico dei 'pezzi di ricambio' quando e come vogliamo.

In più, le tette piccole sono comode e non provocano il rischio di lordosi e di cattiva postura, ve lo conferma chi l'ha vissuto in prima persona specialmente nell'età puberale. Durante la quale, la sottoscritta era sempre 'gobba' per vergogna delle tette che cambiavano e si sentiva diversa da tutte le altre ragazzine. Per non parlare di quando a 13 anni a scuola arriva l'ora di educazione fisica.

Si corre, si salta, ci si muove meglio con un seno piccolo e misurato. Sempre per dirla con la Ephron, si è pronte per scattare verso le sorprese che la vita ci offre. Con un seno minuto non si sbaglia mai, perché non si rischia di essere volgari con qualche scollatura in più, ammesso che chi per natura avesse un seno prosperoso lo possa essere suo malgrado, ma è un'associazione facile come conseguenza del binomio creato dagli stilisti 'formofobici': magro è elegante. Pensate a figure icastiche come Audrey Hepburn, Grace Kelly, Coco Chanel, nessuna di loro aveva un seno prosperoso.

Mi scriveva un amico che adora le donne con il seno e il senno prosperosi, ma poi sposa quelle con il seno piccolo, perché le ritiene più rassicuranti. D'altro canto un seno da maggiorata piace perché ricorda il seno che ci ha allattato, la madre, la fertilità.

Tuttavia, se la vanità è il vostro debole, se piacere vi piace e il narcisismo è il vostro peccato, mi torna alla mente Roberto Gervaso che, durante una nota trasmissione radiofonica romana, sottolineava sovente quanto amasse le donne con poche curve, ché riteneva le spigolosità fisiche anche spigolosità mentali, quindi più intriganti e poi più belle in quanto flessuose e atletiche nel talamo.

Inoltre, oggi avere delle tette naturali grandi è quasi una bestemmia, pena l'attrazione di gravità. Se poi si è reduci dal parto e dall'allattamento, guai a non avere più la tonicità di un tempo!

Come se il tempo non passasse, come se si volesse restare immobili e il corpo che cambia, come la nostra vita, fosse uno sfregio a chissà quale imposizione.
Certo, ci sono anche donne che si sono messe in mostra grazie alle generose tette. Di solito accade perché ognuno mostra quel che può, oppure acquista quel che non ha. Buon per loro. Mi torna in mente Anna Falchi, che rispondendo a chi aveva insinuato che le sue forme fossero frutto del chirurgo plastico, dichiarò che avendo origini finlandesi da parte di madre, le erano cresciute più tardi.

Nora Ephron scrisse, in quel famoso articolo di cui sopra, che una volta la madre di un suo ex ragazzo, quand'era giovanissima, la prese da parte e le disse che temeva non potesse rendere felice il figlio, perché non aveva un seno grande come il suo. La Ephron lo raccontò nel pezzo, ma all'epoca ci rimase malissimo, la considerò una forma di crudeltà tutta femminile.

Ecco, a mio avviso, più che dell'invidia del pene, si dovrebbe parlare dell'invidia delle tette. Non di quelle donne che non le hanno particolarmente grandi, ma proprio di quelle prosperose nei confronti delle minute. O di quelle che se le misurano e se le rimirano appena escono dalla sala operatoria. Basti pensare al senso di 'superiorità' della madre del fidanzato di Nora Ephron.
Ci si scruta, ci si guarda, sovente in competizione. Eppure la Ephron in quel pezzo ci dice che se lei avesse avuto delle tette grandi sarebbe stata una donna diversa. Lo credo anch'io.

Penso che l'aspetto fisico caratterizzi la persona e che quella stessa sviluppi delle capacità per compensazione e per esaltazione. Lo affermo perché per tanto tempo sono stata anche brutta e grassa, perciò mi sono dovuta ingegnare. E, soprattutto, ripiegare su me stessa.
Perciò, se avete le tette piccole, siete più che fortunate. Soprattutto se siete delle scrittrici, delle giornaliste o comunque se svolgete una professione che ha a che fare con l'intelletto. Nel fatuo mondo della 'zuppa di tette', per paradosso, il mondo autentico è tutto vostro.

* Articolo già pubblicato sull'Huffington Post Italia, per gentile concessione dell'autrice.

Mariagloria Fontana

Scrittrice e giornalista. Laurea magistrale in Storia e Critica del Cinema. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione Pubblica all'Università di Tor Vergata di Roma. Nel 2017 pubblica il suo primo romanzo "La Ragione era Carnale" (Armando Curcio editore). Ha scritto per "Il Fatto Quotidiano", "MicroMega", "Viaggi del Corriere della Sera", "Huffington Post", "Affaritaliani". È stata fondatrice e direttrice del sito femminile di costume "Le città delle donne". Ha un programma di libri, "Affari di libri", in cui intervista gli scrittori in onda sulla emittente radiotelevisiva "Radio Radio".

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