L'Orso Bruno dell'Appennino centrale fu descritta come sottospecie dell'orso bruno europeo per la prima volta nel 1921 dal naturalista molisano Giuseppe Altobello.
I monti e le località del Gran Sasso d'Italia sono l'habitat ideale per questo affascinante e timido animale che, di tanto in tanto, si avventura nei centri abitati alla ricerca di cibo e di facili prede.
Più piccoli dei cugini d'oltreoceano, i maschi di questa specie, in posizione eretta sfiorano i 190 centimetri per un peso che oscilla tra i 150 ed i 200 chilogrammi. Può arrivare a 40 anni di età.
E' il più grande carnivoro italiano anche se per tre quarti, la sua dieta è costituita da vegetali.
L'orso marsicano, una volta padrone del Centro Italia, oggi sopravvive all'enorme pressione che le attività umane esercitano sul territorio. Strade, caccia, tagli forestali e impianti per lo sci, oltre all'aumento degli insediamenti umani, hanno ulteriormente frammentato il suo regno relegandolo in piccole zone dove riesce ancora a riprodursi.
Da oltre venti anni, la specie è in forte pericolo di estinzione e i numeri degli esemplari rimasti non lasciano molte speranze per la sopravvivenza futura dell'orso italiano. Gli ultimi dati, infatti, parlano di una popolazione che oscilla tra i 47 ed i 60 esemplari rimasti.
Dopo il letargo, tra dicembre e gennaio, le femmine danno alla luce da 1 a 3 cuccioli che, alla nascita, pesano tra i 300 ed i 500 grammi. I piccoli, nutriti dal ricco latte materno, passeranno i successivi 2 anni con la mamma fino a raggiungere mole ed età tali da consentire loro il distacco.
Non feconde per i primi 4 anni di età, le femmine partoriscono solo ogni 3-4 anni. Dati, questi, che uniti alla popolazione ancora presente sul territorio e all'alta mortalità dei cuccioli nel primo anno di vita, parlano da soli.
Il Parco Nazionale d'Abruzzo vede la più alta concentrazione di orso marsicano anche se sono stati osservati individui isolati, spesso giovani maschi, spostarsi con una certa frequenza verso altre aree protette come il Parco Nazionale della Majella, la Riserva regionale del Monte Genzana e il Parco Regionale del Sirente-Velino. Segnalazioni che hanno riguardato questi animali sono arrivate anche dal Parco dei Sibillini (tra Umbria e Marche) e dagli Ernici Laziali fino ai Simbruini.
Come gli altri orsi bruni, il Marsicano si nutre prevalentemente di vegetali (il frutto del faggio, la faggiola, costituisce un'importante risorsa alimentare) non disdegna, tuttavia, carcasse o piccoli animali che preda raramente, nei sobborghi di piccoli villaggi di montagna come accaduto, ad esempio, ai pollai di Scanno quando l'orsa chiamata Gemma, approfittò della scarsa protezione a difesa delle galline.
La sopravvivenza dell'Orso Marsicano è legata ad un filo. Spesso ad una carabina, un boccone avvelenato, una strada. Negli ultimi mesi sono stati registrati diversi interventi lungo le arterie che attraversano il territorio dell'orso che cercano di far rallentare i veicoli che le percorrono. Con il pericolo bracconieri sempre in agguato (durante le battute di caccia al cinghiale tra il 1977 ed il 1986 furono uccisi 15 orsi, 19 tra il ’91 e il 2000), la contaminazione e le malattie legate al bestiame non vaccinato (l'orso ritrovato moribondo a Gioia dei Marsi nei giorni scorsi, è morto di TBC bovina) e il suo habitat in discussione di volta in volta, l'orso italiano è ancora vivo, presente, seppur sempre più difficile da avvistare.
La sua sopravvivenza è legata anche al disinteresse che continua a perseguitarlo. Il PATOM (Piano d'azione per la tutela dell'Orso Marsicano) che aveva visto Regione Lazio e Abruzzo, Province e Ministeri della Salute e Ambiente tra i firmatari, ha avuto scarso seguito così come gli implementi rispetto alle prescrizioni indicate.
“L’orso fa parte della tradizione storico-culturale italiana, dice Stefano Orlandini di Salviamo L’Orso (www.salviamolorso.it). Anche per questo deve essere preservato così che anche le generazioni future possano godere della sua bellezza e affinchè, ha concluso, il sogno di incontrare questa meraviglia in Natura non rimanga tale”.
L'orso dell'Appennino è stato inserito negli allegati II e IV della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” in quanto specie di interesse comunitario e prioritario, pertanto richiede una rigorosa tutela su tutto il territorio nazionale.
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