L’ottusa superficialità del sindaco di Trieste

L’altro ieri, a Trieste, il sindaco ha deciso di far rimuovere lo ‘striscione giallo’, come mai?

Riceviamo e Pubblichiamo:

Il drappo giallo con la scritta ‘Verità per Giulio Regeni’, reclama la verità su come quel giovane uomo sia stato ammazzato, torturato, umiliato. Quel drappo ha avuto una grande esposizione sulle facciate delle sedi istituzionali, specialmente dei comuni piccoli e grandi. È stato portato in piazza da giovani e meno giovani,  in tanti abbiamo reclamato e reclamiamo che si sappia la verità su quello che è avvenuto al Cairo, e come Giulio sia stato ucciso. Si è aperto un problema internazionale con il Cairo, tanto che il governo italiano ha ritirato l’ambasciatore da diversi mesi, il procuratore della repubblica di Roma, Pignatone, ha avuto due incontri con i magistrati del Cairo, incontri che non hanno avuto esiti buoni per chiarire i fatti. Ovviamente, per la reticenza delle autorità del Cairo.

L’altro ieri, a Trieste, il sindaco ha deciso di far rimuovere lo ‘striscione giallo’,  come mai? Perché uno striscione che chiede la verità per un fatto cosi grave, ad un certo punto da fastidio ad un sindaco?

La spiegazione ufficiale data dal sindaco di Trieste è che quel drappo, “crea assuefazione visiva”; a volte il potere nelle sue varie espressioni diventa ridicolo e goffo. Ma la questione è più complessa e profonda, e trovo superficiale il modo come la stampa abbia trattato la questione, riducendola ad un problema di destra – il sindaco è effettivamente di destra- e di sinistra. ‘ La destra e la sinistra’ nascono con la rivoluzione francese, quindi, sono un fenomeno storico soggetto a cambiamenti e alle mutevoli vicende delle esperienze sociali e politiche. Il rito – materiale e simbolico – della sepoltura è primordiale, ed è il  tentativo sempre ripetuto, che l’uomo compie per dare un senso al ‘perché’ della morte. Costruendo una Memoria di colui che muore si crea un sapere umano personale, familiare e comunitario, volto a dare senso e conforto  a chi resta. Attraverso il rito sociale e di gruppo ‘creiamo’ la nostra Memoria, che rende ‘degno di senso’ il venir meno di chi amiamo. Ecco perché è superficiale trattare questi fatti come problema politico di destra e sinistra.  E’ invece una questione che affonda le radici nel senso della nostra umanità, è l’essenza stessa dell’umanità degli uomini, ad essere in gioco.                             

Per capire fino in fondo questi comportamenti bisogna  tornare all’ Antigone, a quella tragedia di Sofocle, dove si consuma lo scontro tra la ragione di stato e la ragione degli uomini, la ragione del potere e la ragione del cuore (che è la ragione dell’umano). Nell’Antigone, Creonte -Re di Tebe- vieta di far seppellire perché lo ritiene traditore della patria, il nipote Polinice fratello di Antigone, la quale ne richiede il corpo allo zio-Re, per darne degna sepoltura e consegnarlo all’eterno riposo. Creonte decide che Polinice non meriti una degna sepoltura, appunto perché indegno, in quanto traditore del Re. La sorella, disobbedisce allo zio-Re e seppellisce con cura e amore fraterno Polinice; per tale ribellione il Re la punirà facendola murare viva. Ecco, in questo mito greco è condensato il rapporto tremendo tra le due ragioni: del potere e degli affetti. Il potere vuole togliere dignità attraverso l’oltraggio del corpo esanime, va oltre la fine della vita, estendendo la sua potestà anche sulla sepoltura, negandola. Ma facendo questo, il potere diventa inumano, in quanto solo gli uomini seppelliscono i propri simili – e, se non lo facessimo e non coltivassimo la Memoria dei nostri simili, non avremmo Coscienza della morte,  e quindi, non saremmo ciò che siamo  – .

,Il mito di Antigone, risuona come un’eco nelle parole accorate della madre di Giulio, perché la madre ha riavuto il corpo martoriato del figlio ma non ne ha avuto la verità del perché di quell’umiliazione. Antigone sapeva chi negava la sepoltura, il Re; la madre di Giulio non sa chi nega e perché, la verità sulla morte per tortura del figlio. Entrambe chiedono: Antigone, un corpo da onorare seppellendolo, la madre di Giulio, la  verità del perché il figlio sia stato ucciso e chi ne porta la responsabilità. Entrambe cercano, attraverso il rito della sepoltura e della verità, un sentiero da percorrere insieme al ricordo del loro congiunto, sentiero che il potere nelle sue varie sembianze, ha negato e nega. Il mito dell’eroina greca è attuale perché la storia degli uomini e donne, nei loro sentimenti profondi, nella richiesta di dignità come elemento caratterizzante dell’essere umano, spesso, troppo spesso viene negato, e non riconosciuto.  La cosa imbarazzante e scandalosa è che, a volte viene fatto con la più stupida e ottusa superficialità, umiliando e offendendo chi già soffre.

renatocentofanti@libero.it

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