La chiamata dei primi discepoli: chiamati dalla Parola
Dio cerca collaboratori perché non vuole fare tutto da solo. Dio chiama a prendere parte al suo progetto
Nel racconto della chiamata dei primi discepoli, nel testo di Luca (5, 1-11), il protagonista è Simon Pietro: la barca sulla quale Gesù sale per istruire le folle è la sua (v. 3); a lui chiede di spostarsi dalla riva e, successivamente, di prendere il largo per calare le reti (v. 4). Anche se lo stupore accomuna tutti i compagni intervenuti per tirare su le reti colme di pesci, è Simon Pietro a parlare con Gesù, in cui riconosce il segno della signoria divina (vv. 7-8). Infine, è Simone il prescelto per divenire “pescatore di uomini” (v. 10), mentre Giacomo e Giovanni, suoi soci, si uniscono a lui nella scelta di lasciare tutto per seguire il maestro (v. 11).
La barca come cattedra
La folla attornia Gesù presso il lago di Gennèsaret per ascoltare la Parola di Dio; egli sta in piedi, assumendo la postura di chi insegna, perché la sua voce possa essere ascoltata da tutti. Tuttavia, a motivo della grande folla presente, è costretto a salire su una delle due barche ormeggiate alla sponda: la barca di Simone, che aveva conosciuto Gesù in occasione della guarigione della suocera, diviene la cattedra dalla quale insegna e istruisce i presenti. Cogliamo l’intenzione dell’evangelista Luca di prefigurare la futura missione di Pietro, alla luce dell’attività di Gesù che insegna alle folle: la barca diviene il luogo dell’ideale investitura di Simon Pietro in qualità di evangelizzatore.
Il miracolo della pesca
Terminata l’istruzione alle folle, Gesù chiede a Simone di prendere il largo per calare le reti per la pesca. L’obiezione del pescatore galileo è sensata: la notte appena trascorsa si è rivelata avara di frutti, e pescare al mattino parrebbe un inutile azzardo, soprattutto dopo che le reti erano state già lavate e riposte: “ma sulla tua Parola getterò le reti” (v. 5). Simone, nonostante il suo iniziale scetticismo, decide di fidarsi: ha assistito alla guarigione di sua suocera da parte di Gesù; ha sperimentato che la sua parola è efficace e realizza ciò che annuncia.
La fiducia è ben riposta: le reti vuote si riempiono di pesci all’inverosimile; sono costretti a intervenire anche i soci dell’altra barca, che constatano l’evento prodigioso. I dettagli narrativi (vv. 6-7) indulgono volentieri sull’abbondanza del pescato: la notevole quantità depone a favore della potenza divina della parola pronunciata da Gesù.
Pescatore di uomini
Simon Pietro ha visto ciò che è accaduto; si getta alle ginocchia di Gesù in segno di venerazione, e lo acclama con il titolo di “Signore” (v. 8): la pesca miracolosa lo ha reso persuaso che egli non è solo un maestro autorevole, ma attraverso di lui è Dio che agisce. Per questo motivo, gli chiede di allontanarsi da lui, dichiarandosi “peccatore” (v. 8), non nel significato morale del termine, ma per esprimere la sua condizione di indegnità nella coscienza di stare alla presenza della signoria divina.
La reazione di stupore per l’accaduto accomuna Simone e gli altri compagni che hanno assistito alla pesca miracolosa; l’evangelista ne menziona due, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano “soci” di Simone. Sono così introdotti i due prossimi discepoli che sceglieranno di seguire Gesù.
Gesù non asseconda la richiesta di Simone di allontanarsi da lui: egli è venuto a chiamare i peccatori, perché se il peccato allontana, la sua misericordia avvicina l’uomo a Dio. Pietro non ha nulla da temere; è stato scelto per divenire pescatore di uomini, condividendo con Gesù il compito di proclamare l’avvento del regno di Dio. A Pietro si uniscono anche Giacomo e Giovanni, che abbandonano tutto per seguire Gesù in maniera radicale: d’ora innanzi non potranno più contare sulle loro risorse materiali, ma vivranno affidandosi alla bontà provvidente di Dio.
Dio cerca collaboratori
Dio cerca collaboratori perché non vuole fare tutto da solo. Dio chiama a prendere parte al suo progetto; fa appello all’intelligenza e al cuore, alle risorse e alla volontà di ogni persona. Ma cosa chiede innanzitutto a coloro che accettano di vivere quest’avventura? Proprio adesso che: preti, suore, operatori pastorali devono costatare con amarezza che il loro lavoro non è servito a nulla, sono a mani vuote, ora che le Chiese si sono svuotate! Gesù ci dice di “riprendere il largo”!
Il falegname di Nazaret chiede al pescatore esperto qualcosa che va contro la logica dell’esperienza: se non si è pescato nulla di notte, non sarà di giorno che si porterà a casa qualcosa. Eppure, è proprio allora che le reti si riempiono. Il successo non è dovuto (solo) alle nostre capacità, ma allo Spirito che continua a operare, quando meno ce lo aspettiamo. Chi collabora con Dio si trova dentro una logica “di grazia”. Così la meraviglia e lo stupore diventano l’ordinario; così le scelte strane talora risultano più produttive di quelle che appaiono ben ponderate.
E’ l’esperienza di tutti coloro che decidono di offrire a Dio parte del loro tempo, delle loro capacità, delle loro energie. Accade l’inimmaginabile e Dio realizza quello che neppure si osava sperare. Bontà dei nostri disegni e dei nostri metodi? Anche! Ma soprattutto dono della sua grazia, che produce cambiamenti impensati e fa raccogliere frutti abbondanti.
“Getterò le reti, Signore, perché sei tu a chiedermelo”. Non in forza delle mie previsioni, della mia competenza, ma perché me lo chiedi tu. E’ la forza della fede che sostiene qualsiasi autentica azione pastorale. E la coscienza della propria “pochezza” non costituisce un ostacolo, ma una risorsa, perché rende disposti a compiere la volontà di Dio, a seguirlo anche quando tutto sembra andare per il verso sbagliato.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Landi, 2022; Laurita, 2022.