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La città perduta di Blanda Julia, identificata dal professor Mollo

Da tantissimi anni si discute sull’esistenza e l’ubicazione dell’antica città di Blanda attribuendo alla città perduta e alla sua ricerca un fascino particolare; menzionata principalmente da Strabone e da Plinio il vecchio, di Blanda se ne perdono le tracce intorno all’VIII sec. d.C. in cui l’ultimo riferimento è a Gaudiosus Blandarum Episcopus, il quale partecipa al sinodo indetto nel 743 confermando come Blanda fosse sede vescovile. Dal momento in cui alcuni resti di un antico insediamento sono stati rinvenuti a Tortora, in provincia di Cosenza, si sono susseguite campagne di scavo che hanno cercato di individuare la natura del sito ma, soprattutto, di identificarne l’identità. In realtà i tentativi non sono serviti ad attribuire a quel sito un nome, contribuendo ad alimentare il mistero della città perduta di Blanda che alcuni volevano altrove, a circa 35 Km di distanza, mentre altri ne ipotizzavano l’ubicazione a Tortora.

Oggi il fitto mistero sembra essere stato svelato grazie al professor Fabrizio Mollo, docente dell’università di Messina, il quale ha permesso, grazie al suo lavoro di moderno Indiana Jones diviso tra cattedra e scavi, di fare luce su quel sito che per decenni ha rappresentato uno dei gialli più intriganti e affascinanti dell’archeologia di “casa nostra”.

La zona di Tortora, oggi al confine con la Basilicata lungo il versante tirrenico della Calabria, era originariamente abitata dagli Enotri i quali, sin dall’epoca, occuparono siti posizionati su colline poste in posizione dominante sul mare e lungo i percorsi che dall’interno andavano verso la costa e che offrissero una sorta di protezione naturale o si prestassero ad una fortificazione così come accadde anche per il sito di Blanda. Tra il VI e il V secolo a.C. i centri enotri iniziarono ad essere occupati da popolazioni indigene che già abitavano la Lucania e la zona dell’attuale Vallo di Diano; contemporaneamente iniziarono le relazioni con le colonie della magna Grecia, in particolare Poseidonia (Paestum) e Velia (Ascea) che rientravano in un contesto di espansione territoriale e commerciale da parte della città di Σύβαρις, Sibari, prima della sua distruzione ad opera di Crotone nel 510 a.C., e che permettevano un controllo di tutta la fascia costiera del golfo di Palinuro e Policastro. Dagli scavi condotti emerge come questi insediamenti a vocazione marittima si svilupparono grazie a relazioni commerciali con l’Egeo da un lato e gli Etruschi dall’altro.

Questo è quanto emerge, grazie al paziente lavoro di scavo del professor Mollo, anche per Blanda dove sono stati rinvenuti diversi nuclei di necropoli di epoca arcaica, databili tra la metà del VI e la metà del V sec. a.C., la maggior parte delle quali poste intorno al colle del Palecastro che sembra essere il centro più importante del sito che fu, sicuramente, occupato dai Lucani, alla fine del IV sec. a.C., i quali realizzarono un articolato sistema di fortificazioni.

Le fonti storiche che ci riferiscano di Blanda sono quasi inesistenti e, pertanto, molto poco sappiamo della città lucana di Blanda; ad essa si sovrappone, a partire dal II sec. a.C. ed in seguito alla conquista operata dal console Quinto Fabio Massimo nel 214 a.C., l’insediamento urbano romano di Blanda, che non godrà di buona fortuna essendosi schierata a favore di Annibale durante la sua campagna contro Roma, al contrario di altri centri come la vicina Cerillae che inviò un contingente di uomini a rafforzare le legioni romane. Successivamente, nella seconda metà del I sec. a.C., Blanda diventa colonia triumvirale dotandosi di un piccolo Capitolium e di uno spazio forense perfettamente orientati secondo i punti cardinali occupando i quartieri abitativi di età lucana facendo si che Blanda – o meglio, Blanda Julia visto che probabilmente nella seconda metà del I secolo a.C., forse quando con la Lex Julia municipalis del 45 a.C., diventò municipio romano con proprie magistrature ed ebbe l’appellativo di Julia in onore di Giulio Cesare – divenisse un centro romano di modeste dimensioni ma, molto probabilmente, vista la sua posizione baricentro amministrativo e politico di un ampio comprensorio al centro del golfo di Policastro, alla foce del Noce ed allo sbocco di una vallata interna molto vitale. Qualche altra notizia di Blanda ci perviene grazie agli archivi della Chiesa e, così, sappiamo che nel 743 d.C. è sede vescovile e il suo vescovo partecipa al sinodo dopo di che la città di Blanda viene avvolta dalla nebbia dell’oblio e di essa si perdono le tracce fino ad oggi; grazie al professor Mollo, infatti, Blanda Julia rivive nella sua identità, nella sua struttura costituita dal foro, dalle botteghe all’interno di un portico, dal tempio del Capitolium, dalle tombe arcaiche di uomini e donne che vissero quei posti e in quei posti circa 3000 anni fa. Vale la pena visitare la Blanda che è stata enotria, lucana, magnogreca, romana e il locale museo archeologico attendendo che nuove scoperte ci facciano continuare a vivere questo romanzo divenuto realtà in cui Indiana Jones prende forma nei panni di Fabrizio Mollo.

Redazione

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