Nell’era delle “ciclabili a tutti i costi” Roma si è svegliata con uno sfregio nero sulla parte più bella del proprio volto. Una colata di asfalto è stata spalmata per chilometri sopra i sacri sampietrini che ricoprono le sponde del fiume Tevere, nel tratto più fotografato del suo viaggio interno alla città. Sotto ponti di straordinaria bellezza e immensa importanza storica ora è il catrame e il bitume a correre parallelamente al corso del fiume.
Come una scelta così scellerata poteva non generare dissenso e disapprovazione tra i cittadini? E infatti puntualmente hanno postato sui social il loro malcontento, come si fa oggi nell’epoca della diteggiatura coatta. Ma ormai il danno è fatto. Chi ha progettato e realizzato l’opera e soprattutto chi l’ha resa possibile dovrà ora vedersela con i fantasmi dei personaggi ai quali sono stati intestati i ponti interessati al tracciato: Giuseppe Mazzini, Papa Sisto, il principe Amedeo Savoia Aosta, Vittorio Emanuele II, e perfino l’Angelo del Castello.
Tutti affacciati dai rispettivi ponti, invisibili ma vigili, non tarderanno a rendere insonni le notti di chi ha rovinato la bellezza di un sito dove, in passato, vennero costruiti il porto di Ripetta e il porto dei travertini. Non certo il porto del catrame. Il Tevere è l’anima di Roma, come si fa a non saperlo?
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