La cucina ciociara cresce e sorprende e recupera la tradizione contadina
Ancora oggi in Ciociaria, sono tanti i ristoranti e le locande che ci offrono i piatti tradizionali, nel rispetto del territorio e dei suoi eccezionali prodotti
La cucina ciociara ha una lunga e gloriosa tradizione contadina, semplice e genuina. Negli ultimi anni non sono pochi i cuochi, i ristoranti e le cantine che hanno fatto più di un salto di qualità. I riconoscimenti delle guide più qualificate e autorevoli, raccontano anche della scelta oculata e corretta dell’enogastronomia ciociara, quella del recupero degli elementi migliori della tradizione contadina.
Una cucina di “sostanza”, con ingredienti sicuramente “poveri” ma di eccellente qualità. Del resto la antica povertà ciociara era rappresentata dalle ciocie (antichi calzari di cuoio), il simbolo di un territorio dove il minimo benessere era frutto di lavori duri nelle vigne, tra gli uliveti e nei campi circondati da querce, lecci, cerri, fichi, mandorli e castagni.
Ma gli abitanti di questa magnifica terra videro anche Papi eccellenti che hanno lasciato una grande impronta come Innocenzo III, Gregorio IX, Alessandro IV, Bonifacio VIII, figure importanti che, ancora oggi, nominare crea una certo effetto. Ciociaria, quindi, terra di grandi opere e grandi personaggi, di Ciclopi ai quali si attribuisce la costruzione della cinta muraria di Alatri, fatta con blocchi di pietra monumentali.
Le strade salgono dolcemente in questo territorio da favola, tra gole profonde, mentre a valle si stagliano all’orizzonte i vigneti di Cesanese che producono il vino più adatto a reggere i sapori della cucina locale.
Una cucina che in un modello di pranzo ideale parte con piatti robusti, poi si prosegue con secondi sostanziosi per terminare con dolci leggeri, cosiddetti “da credenza”. L’antipasto oggi viene servito su appositi taglieri: salumi e formaggi, prosciutto di Guarcino aromatizzato al ginepro, salsiccia di Patrica, magra, di spalla, con aglio e finocchietto, mozzarella di Amaseno di solo latte di bufala, Gran Cacio di Morolo affumicato con trucioli di betulla, pecorino di Ferentino.
Sarebbe sufficiente così ma proseguire con i primi è praticamente obbligatorio. Ed ecco spuntare prelibatezze di pasta fatta in casa come i “fini fini”, tagliatelle all’uovo sottili come stringhe, con sugo di pomodoro e frattaglie innevate da cacio grattugiato e poi sagne: maltagliati di acqua e farina, con fagioli e cotiche di maiale; strangolapreti: pasta corta di farina di grano duro, al sugo di castrato.
L’alternativa povera è una minestra di pane raffermo con fave, fagioli di Atina e lenticchie, quella ricca è invece il timballo di Bonifacio VIII: trionfo di tagliatelle e polpettine di carne al sugo cotto al forno in uno stampo foderato da fette di prosciutto crudo.
Ma quando si pensa di aver terminato spuntano i secondi: carni miste alla griglia o salsicce dei Monti Ernici con broccoli di Alatri o arista con cicoria saltata…
Abbiamo però detto che si termina quasi sempre in modo semplice con dolci secchi a base di mandorle, come gli amaretti di Fiuggi, ciambelline impastate con vino bianco, come quelle di Morolo, o con la nota acidula della crostata alla marmellata di visciole. Per il caffè dobbiamo necessariamente uscire in strada e cercare i bar antichi che animano i propri centri storici e che resistono tra mille difficoltà in questo momento così complicato per l’economia locale.
Osteria del Vicolo fatato, Piglio
Comunque restano tanti i ristoranti e le locande che ci permettono ancora di gustare i piatti tradizionali e dove, se ci si reca con il dovuto rispetto per la grande energia che i cuochi locali mettono per respingere ogni sorta di contaminazione commerciale, possiamo ancora trascorrere piacevoli momenti enogastronomici, nel pieno rispetto del territorio e dei suoi eccezionali prodotti.
Un esempio di tutto ciò si può tranquillamente trovare presso una piccola locanda nel centro storico di Piglio, l’ Osteria del Vicolo Fatato di Pompeo che vi consigliamo perché è il frutto di un lavoro costantemente svolto con estrema attenzione alla tradizione e alla trasformazione in piatti straordinari di prodotti esclusivamente locali. Buon appetito e forza Ciociaria.
Cosa fare a Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, domenica 21 gennaio