La dinastia Izzo in un libro, Simona Izzo: “La mia vita, le mie sorelle e la centralità della donna”
La nostra intervista a Simona Izzo che commenta anche Meloni neo Premier: “La conobbi anni fa, era già grintosa. Spero faccia differenza”
L’amore composto da codici numerici. Una serie di cifre, di contrassegni, che simboleggiano percorsi di vita importanti, sentimentali, emotivi. E racchiudono storie, tra forti gioie e momenti di sofferenza. E’ questo il percorso in carta e ossa di Rossella, Giuppy, Fiamma e Simona Izzo, descritto nel romanzo “4 sorelle, 8 matrimoni, 9 divorzi” edito da Fabbri Editori, con la prefazione di Ricky Tognazzi.
Tradizioni di famiglia, passaggi di testimone. L’attenzione e la cura per il cinema, per la scrittura, per il doppiaggio. Ma anche per le persone, le cose e le case. Un susseguirsi di frammenti di vita quotidiana, capitati a 4 sorelle, trascritti in un percorso emozionale interiore, sincero e confidenziale, che traspare nell’inchiostro. Un lavoro che personifica il significato del voltare pagina. Con il sapore di una storia vissuta, superando la mera similitudine retorica, diventando l’atto tangibile di un momento di apprendimento, consapevole. Per riassaporare ciò che è stato. Per attendere il tempo che verrà.
Abbiamo intervistato Simona Izzo, regista, attrice, doppiatrice e scrittrice, per raccontare meglio questo lavoro editoriale.
Simona, da dove nasce la necessità di raccontarsi così intimamente?
“C’è una bellissima frase che esprime tutto questo: ‘Tutto ciò che non può essere spiegato, può essere raccontato‘. Cerco e cerchiamo di spiegare la mia e la nostra vita. Fatta di fenomeni che avvengono a me e a chi è intorno. Si scrive per dare un senso alla vita. Se non la raccontiamo, perde di senso. E’ il rapporto poco analizzato tra fratelli e sorelle. Si dice che un fratello è come un migliore amico di cui ti vorresti liberare. Ho riscontrato che da “Piccole donne” che la Alcott scrive, nessuno lo ha più fatto in una certa maniera. A parte Romolo e Remo o Caino e Abele. Sì, ci sono i fratelli Karamazov, ma lì vince il contesto. Mi sembrava il caso di farlo. Ho scritto libri sulla centralità della vita. Sai, le donne parlano. È la natura della mia famiglia, ho lottato perchè le mie sorelle accettassero. Sono troppo impegnate con la società di doppiaggio Pumays. E’ un nome scelto da papà. Lo coniò pensando agli occhi del puma. Abbiamo tutte gli occhi verdi“.
È un lavoro che pone al centro le stagioni della vita…
“Beh sì, del resto se tu ci pensi, io e mia sorella siamo baby boomer. Proveniamo da un altro mondo, mia madre aveva vent’anni quando è nata la mia gemella“.
Il vostro racconto, la vostra storia essere una opportunità di imitazione e apprendimento. Può esserlo anche per voi, rileggendo le pagine dei vostri giorni?
“Assolutamente sì. Questo libro ci ha portato a litigare, a chiedere persino censure. Poi ha vinto la democraticità della sorellanza. E’ una preghiera a non insultarci più, a non sprecare i nostri giorni. Analizzo spietatamente i rapporti tra sorelle, io che non ho avuto fratelli maschi. Quando nascono solo femmine, il padre cerca sempre un principe ereditario, ma l’amore vince. Quando cera papà, la domenica era liturgicamente rispettata“.
Un libro di profonda attualità, soprattutto per il ruolo centrale della donna
“Si anche nella matematica, perché in contro copertina scriviamo i lavori effettuati. Ho citato solo i mariti ufficiali, ma non le grandi storie d’amore.
Oggi un premier donna come lo vede e cosa può significare?
“Io intervistai Giorgia Meloni ventidue anni fa credo, in un liceo in cui lei era presente per parlare davanti a degli studenti. E già la vidi grintosa e molto espositiva. Io non sono dalla sua parte politica, ma spero faccia la differenza. Non è mai sbruffona. Lei tiene insieme un gruppo di parlamentari. Una donna conferisce fiducia, con un istinto che forse gli uomini non hanno“.