La falsa ripartenza del calcio italiano: urge un tavolo di lavoro con tutti
Protocollo pronto e poi smentito, l’aggiornamento ora al vaglio del Cts, la protesta dei medici delle società. Un quadro sempre più nebuloso, mentre in Europa c’è un’orizzonte molto più definito
18 maggio 2020: la fase 2 che per la stragrande maggioranza degli italiani è entrata nel vivo, ma non per il calcio italiano. Come nelle gare di atletica, quando allo sparo il velocista parte un decimo di secondo in anticipo. La cosiddetta “partenza falsa”: tutti tornano ai blocchi e si ripete la procedura. Con questa metafora si può capire cos’è successo nelle ultime ore tra i palazzi e i campi di allenamento.
Sembrava essere tutto pronto con le vicende della scorsa settimana: protocollo proposto dalla FIGC, modificato dal Cts con misure molto stringenti, accettazione a denti stretti di Gravina, con la Lega Serie A che propone il 13 giugno come data di ripresa del campionato. Invece la rivolta dei club di A e dei medici sociali ha spinto la Federcalcio a ritrattare gli accordi. Un protocollo giudicato (postumo) inapplicabile, motivo per il quale oggi si è proseguito con gli allenamenti individuali.
I nuovi termini del protocollo al vaglio del Cts
La FIGC quindi ha inoltrato al Ministero dello Sport le nuove modifiche al protocollo, sulla base delle problematiche emerse dall’incontro della Lega di A con i medici sociali. Queste modifiche si basano su tre capisaldi:
- Un tampone ogni 4 giorni e test sierologico ogni 2 settimane. Uno screening iniziale più rigido per poter ripartire con il minor rischio possibile. A questo screening verrà sottoposto il cosiddetto “Gruppo squadra”, individuato dalla società, cioè coloro che dovranno necessariamente operare a stretto contatto tra di loro. Test molecolare effettuato 3-4 giorni prima dell’inizio degli allenamenti di gruppo e poi ripetuto ogni 96 ore. Test sierologico, per l’individuazione dei possibili anticorpi al virus, ogni 14 giorni. Dopodiché avverrà la suddivisione della squadra in due gruppi (anziché 3): COVID+, accertati e guariti, e COVID- più soggetti asintomatici (non testati).
- Niente raduno blindato e responsabilità limitata dei medici sociali. La proposta non prevede più “clausura” nel centro di allenamento delle squadre, gli appartenenti al Gruppo Squadra far ritorno al domicilio al termine dell’allenamento con mezzi propri rispettando le misure anti contagio. Viene così ad alleggerirsi la “spada di Damocle” in capo ai medici sociali, responsabili degli atleti solo durante gli allenamenti e non 24 ore su 24.
- In caso di positività giocatore isolato e squadra in ritiro. Forse la proposta sulla quale si decideranno le sorti del campionato, o meglio sulla fine di esso. Qualora durante il periodo di ripresa degli allenamenti di gruppo ci sia un caso di accertata positività, si dovrà provvedere all’immediato isolamento del soggetto. Ma da quel momento, i club vogliono avere la possibilità che tutti gli altri componenti del gruppo vengano sottoposti ad isolamento fiduciario. Teoricamente nessun componente potrà avere contatti esterni, consentendo al gruppo isolato di proseguire gli allenamenti.
Castellacci: “Ripartenza del calcio solo con linee guida condivise. I protocolli proposti finora sono inapplicabili”
Molte delle problematiche sono poste da coloro che avrebbero sulle loro spalle una responsabilità (anche penale) notevole. Enrico Castellacci, presidente dell’Associazione Italiana Medici del calcio, questa mattina è intervenuto a Radio anch’io sport su Radio 1, palesando le criticità istituzionali di questo momento.
“Si potrà giocare in sicurezza? Parlare di sicurezza in momenti di eccezionalità come questa è difficile, si potrà giocare cercando di rischiare il meno possibile“, ha dichiarato. “Per poterlo fare, bisogna che finalmente vengano proposte quelle linee guida di cui si parla da un mese e che non escono mai in versione definitiva. Linee guida applicabili, perché altrimenti sono solo carta straccia: finora sono stati fatti protocolli non applicabili. Sarebbe stato auspicabile un tavolo unico, con membri del governo, della FIGC e della federazione dei medici dello sport (e del calcio): un unico tavolo senza burocratizzare il tutto”.
Capitolo responsabilità in capo ai medici: “È inconcepibile e paradossale che la responsabilità sia data esclusivamente al medico. Esso è già carico di suo di responsabilità civili e penali e poi ci sono tantissimi soggetti che gravitano nel mondo del calcio. Gli stessi giocatori dovrebbero essere d’accordo su queste misure. Stamattina abbiamo mandato una lettera al ministro Spadafora e al presidente Gravina e per conoscenza a Giovanni Malagò: una lettera dei nostri legali per far chiarezza su questo punto. Il medico sociale non può essere l’unico responsabile. La circolare dell’Inail riguarda la responsabilità del datore di lavoro e non dei medici sociali e tale estensione del tutto illegittima e fuorviante“.
Proprio Castellacci lamenta il fatto che la propria categoria non abbia avuto voce in capitolo: “Il paradosso è quello di aver sentito l’obbligo, prima da parte del ministro Spadafora poi dal presidente federale che in 24 ore ha accettato quell’input, di dare questa responsabilità al medico. Il medico sociale è l’anello debole del calcio, è l’unica non istituzionalizzata: i medici non hanno i contratti depositati in Lega e la propria associazione sindacale non è stata invitata al tavolo della trattativa”.
Occorre un tavolo unico con tutte la parti: così non si riparte
Le modifiche sostanzialmente vanno verso la strada tedesca. Le partite di Bundesliga del weekend appena terminato hanno visto stadi vuoti, giocatori in panchina distanziati, esultanze fatte con il gomito ma anche caos (inevitabili) in area di rigore: qualche incoerenza c’è, lo spettacolo non è il solito, ma in questo momento sembra essere l’unica strada per andare avanti.
Concludendo, si è capito che la questione è molto complessa, visti anche i pressanti economici. La complessità è data anche dalla moltitudine di categorie in ballo, come le televisioni e la categoria dei medici capitanata da Castellacci. Ed è proprio l’ex medico della nazionale italiana che ha dato l’interpretazione migliore della situazione. Per sciogliere tutti questi nodi urge un incontro con i rappresentanti di tutte le parti chiamate in causa. Il tempo stringe, gli altri campionati hanno un futuro molto più delineato e se si continua di questo passo verrebbe compromessa anche la stagione 2020/2021, che ha gli Europei come culmine a giugno. Altri errori potrebbero avere ricadute economiche non solo nel presente, ma anche nell’immediato futuro.