Il racconto della missione dei Dodici (Mc. 6, 7-13) riveste una importanza eccezionale per la chiesa di tutti i tempi: non soltanto essa non lo considera un semplice fatto di cronaca, ma vi si riferisce in continuità per scoprirvi la volontà di Cristo a suo riguardo.
Elementi introduttivi
Il racconto narra la convocazione dei Dodici ad opera di Gesù, il loro invio a due a due, il dono di un potere sugli spiriti maligni (v. 7). Le consegne di Gesù sono polarizzate su due temi (vv. 8-11): gli inviati non devono portare nulla con sé e il modo come devono comportarsi nei luoghi dove si recheranno. Infine, la conclusione accenna brevemente ad alcuni aspetti della missione compiuta: esortazione alla conversione, esorcismi, unzioni e guarigioni di infermi (vv. 12-13).
La missione dei dodici, annunziata ancor prima come uno degli scopi della loro scelta e della loro istituzione, è già presente nella promessa che fonda la chiamata di Simone e di Andrea: “Io vi farò pescatori di uomini” (v. 1, 17). Gesù stesso è stato inviato per annunciare la Buona Novella del Regno di Dio e la conversione: egli associa i Dodici alla sua opera come collaboratori. Quindi, l’appello, l’istituzione e l’invio di compagni mette in rilievo la continuità dell’opera di Gesù: il Vangelo sarà trasmesso e potrà essere proclamato nel mondo intero, a tutte le nazioni, fino alla venuta del Figlio dell’uomo per stabilire definitivamente il regno di Dio. Non si può collocare meglio la missione dei Dodici nello sviluppo di un’azione di Dio che, realizzandosi in Gesù, è chiamata ad avanzare nel mondo fino al suo termine.
Aspetti maggiori della Missione dei Dodici nel Vangelo di Marco
Al loro ritorno della missione, i Dodici prendono il nome di “apostoli” (6, 30). Questo titolo appartiene alla lingua cristiana del periodo post-pasquale. I Dodici, inviati da Gesù, assolvono i medesimi compiti: “proclamano” il Vangelo della venuta del Regno, che motiva l’urgenza della conversione; “insegnano”, “cacciano i demoni e guariscono gli infermi”. Ma esiste una differenza sostanziale: solo di Gesù, gli uditori affermano con stupore che li istruiva come chi ha autorità e non come gli scribi. E’ lui l’uomo più forte di satana e in grado di smantellarne il regno. I Dodici proclamano e insegnano in funzione di suoi delegati e ricevono da lui il potere contro satana e contro le malattie.
Per l’evangelista Marco, i Dodici appartengono al passato. Ma l’interesse di cui sono oggetto supera il piano storico: la loro figura concretizza un aspetto sempre attuale dell’opera e dell’insegnamento di Gesù. Ne è una prova il modo di riferire le istruzioni date agli inviati: devono andare senza provviste, unicamente muniti di un bastone e di un paio di sandali. Tali consegne sembrano arcaiche e opportune per viaggi missionari limitati, in un paese conosciuto come la Galilea. Due elementi emergono da questo ritratto del missionario tracciato dalle consegne di Gesù: il rifiuto e la leggerezza del viaggiatore senza bagagli.
Il rifiuto dei missionari, proprio come Gesù che ha trovato incredulità in patria sua e tra i suoi parenti. Al tragico destino del Figlio dell’uomo rigettato dai capi del popolo verrà poi collegata la necessità, per chi voglia seguirlo, di rischiare la propria vita per essere suoi testimoni. Gesù impegna i propri inviati a percorrere la sua strada: essi vi incontreranno l’opposizione.
La leggerezza del viaggiatore senza bagagli: questo elemento è in armonia con la rinuncia che si può pretendere da ogni credente a motivo di Gesù e del Vangelo. L’inviato reca i segni distintivi del discepolo pronto a seguire Gesù nello spogliamento totale dei propri beni, dei legami che lo uniscono alla famiglia e alla sua stessa vita. Per portare il Vangelo occorre che venga abbandonata ogni incombenza inutile, perché il tempo è breve: il “bastone” e i “sandali” esprimono la mobilità e la disponibilità richieste agli operai del Vangelo. L’opera di Dio comanda e non aspetta.
La missione galilaica dei Dodici esprime il radicamento, nella vita e nella volontà umana di Gesù, dell’onere ormai accollato alla chiesa: rendere testimonianza a Cristo, alle sue parole, al Vangelo. Secondo Marco, i Dodici sono i garanti di questa volontà. Poi ha fatto loro comprendere che il Vangelo era destinato a tutti gli uomini. Essi sono diventati i tipi dei missionari grazie ai quali l’annunzio del Vangelo è continuato dopo la Pasqua. Tale proclamazione caratterizza i tempi della Chiesa, la quale ha riconosciuto nella missione dei Dodici la volontà chiaramente indicata da Gesù a suo riguardo. Ricca dell’eredità dei Dodici, cioè della tradizione degli atti e delle parole di Gesù, essa deve viverne e testimoniare dappertutto nel mondo intero, fino al suo ritorno.
Per il compimento della loro missione, i Dodici ricevono da Gesù “potere sugli spiriti immondi” (v. 7), e la loro parola è accompagnata da esorcismi e da guarigioni. Non si tratta semplicemente di parlare o di insegnare, ma anche di “fare”: il regno di Dio non viene solo in parole, ne sono dati alcuni “segni”. In Gesù queste azioni si esprimono in un combattimento vittorioso contro gli spiriti immondi. Analogamente, col messaggio che affida loro, Gesù dà ai suoi inviati il potere sugli spiriti immondi con la fede e la preghiera. Nel potere dato ai Dodici, la chiesa intera è invitata a riconoscere la forza del Vangelo che essa deve portare agli uomini. La potenza stessa di Gesù è affidata alla sua fede e alla sua preghiera, per esprimere in successi molto precisi la nuova creazione dell’uomo inaugurata nel Cristo risuscitato. Il realismo di Marco ci ricorda che non si tratta di un semplice rinnovamento spirituale: dobbiamo dire che lo spirituale è anche carnale, ricordando che lo Spirito si rivela nella Bibbia in quanto c’è di più concreto della vita degli uomini. E la salute delle persone e dei gruppi può sempre essere il terreno di segni del Vangelo e di un test della nostra fede.
Il racconto della missione affidata ai Dodici ricorda ad ogni cristiano la sua appartenenza a una chiesa inviata agli altri e la sua funzione di testimone di Gesù davanti agli uomini. La potenza di Gesù non può svanire, né il Vangelo ridursi a un discorso umano abbandonato alle sole risorse della retorica o delle scienze umane. Dire e fare vanno di pari passo, e noi non faremo economia né della fede né della preghiera.
Bibliografia consultata: Delorme, 1974.
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