“Vuole vedere sua figlia?” mi chiese premuroso il medico della “Zona rossa” prima del mio ultimo ritorno a casa. No, non ce la facevo a vederla come me la potevo immaginare. In verità la porta di quel tremendo stanzone era aperta e, passando, la coda dell’occhio vide di sfuggita, laggiù, la sua sagoma esanime.
Ore 23 del 2 novembre 2020. Torniamo a casa dall’ospedale dove Lisa stava contando gli ultimi suoi attimi. Seduto al tavolo di cucina, mi guardavo le mani e mi ripetevo: ”Perché disperarmi? Lisa è ancora viva!..goditi questo tempo…”. Il telefono appoggiato sul tavolo squillò alle 0.20.
Ora prendo il poco coraggio che mi resta e le vado incontro. Un cappello di lana le copriva la testa rasata dai chemoterapici. Istintivamente le stringo il polso per cercarle l’arteria radiale con il mio indice, come tante altre volte avevo fatto per capire se aveva febbre. Tre nitide pulsazioni mi salutarono: “Ciao papà, finalmente posso dirti addio”.
Lisa Federico morì il 3 novembre 2020 a seguito di un disgraziatissimo trapianto di midollo osseo effettuato presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma. L’esito ha portato con sé il tramonto di due certezze, la certezza della fede verso la Chiesa Cattolica, praticata dalla madre Margherita Eichberg per una vita intera, e la certezza verso la scienza, alla quale io, Maurizio Federico, padre di Lisa, ho dedicato l’esistenza. Ora io e Margherita stiamo lottando per evitare che ci si materializzi anche un terzo tradimento. Quello da parte della giustizia. Ma le premesse fanno paura.
Pochi giorni fa Margherita ha scritto una accorata lettera a Papa Francesco ripresa il giorno dopo anche dal quotidiano La Repubblica. Al di là della ovvia quanto inascoltata richiesta di dichiarare pubblicamente che nessuno dei componenti dell’ospedale del Papa deve essere considerato un intoccabile, il significato profondo di questa lettera è il disperato, ultimo tentativo di credere ancora ad una istituzione, la Chiesa cattolica, che attraverso i modi e le scelte che Margherita ha vissuto in prima persona durante il calvario di Lisa, ha mostrato tutto il suo volto spietato, cinico e affarista.
Entrando insieme a Lisa nell’ospedale del Papa, Margherita si era illusa di trovare interpreti della parola di Gesù. Margherita è stata tradita.
Ho studiato Biologia e lavoro come biologo dal 1981. Conoscevo bene il primario di quel reparto e la sua attività scientifica. Ero fiducioso, Lisa non era una malata oncologica, e io avevo la fortuna di avere vicino a casa un ospedale di “eccellenza” che, per arrivarci, tante altre sfortunate persone sono costrette a percorrere centinaia di chilometri, per poi passare nottate a dormire in auto.
A conti fatti, ammetto che anche la mia fiducia ha contribuito all’evoluzione della tragedia. Io avevo fiducia, e cercavo di trasmetterla a Lisa quando mi congratulavo con lei per la visita che il primario le aveva appena fatto. Solo dopo avrei saputo che la cosa più rilevante che il primario disse a Lisa in quella visita fu: “Questi tedeschi ci hanno fatto lo scherzetto…”, riferendosi a che razza di donazione di midollo osseo arrivò dalla Germania, ma che lui decise comunque di infondere.
Ero fiducioso nella scienza e nella medicina anche due giorni dopo, quando Lisa lanciò 12 ore di urla continuate, ultimo richiamo alla vita, durante l’infusione di quel maledetto midollo osseo completo di globuli rossi incompatibili. Ero fiducioso, ma solo dopo avrei saputo che già dopo poche ore il cuore di Lisa era ormai stato colpito a morte.
Confrontate, ad esempio, i valori di un parametro (NT-pro-BNP) che misura lo stato di sofferenza del cuore, valori che già a partire da 72 ore dall’infusione, Lisa aveva 10 volte più alti rispetto a quelli dei pazienti più gravi ricoverati in ospedale a rischio di vita per pericolose mio-pericarditi. Lisa aveva già valori circa 150 volte più alti del normale. Non occorre essere medici o scienziati per capire.
E così anche per i reni, il fegato e i polmoni, in un’orchestra in cui ormai ogni componente suonava per fatti propri il brano dell’addio.
Ma io, a casa e al lavoro, comunque lontano da Lisa, ero fiducioso. Salvo poi scoprire di essere stato tradito da quella scienza di cui mi ero nutrito una vita intera.
Ora io e Margherita ci troviamo davanti al GUP che deve decidere se le azioni dei due medici apicali del reparto dove Lisa morì sono meritorie o meno di un dibattito pubblico. Il GUP non si è accontentato di valutare sulla base delle perizie già depositate e redatte da un totale di dieci specialisti. Ne vuole ancora una. E per questo ha selezionato uno scienziato di altissimo profilo nel campo, il prof. Rambaldi da Bergamo.
Venni a conoscenza di questo nome pochi giorni prima, e subito cercai se il prof. Rambaldi e il prof. Locatelli, il primario che pronunciò davanti a Lisa la frase dello “scherzetto”, avessero mai avuto a che fare tra loro. In un attimo identificai dieci pubblicazioni scientifiche internazionali firmate insieme, la prima del 1997 e l’ultima del 2020.
Ma non bastava, dovevo dimostrare anche l’esistenza di rapporti lavorativi in corso. Passai due ore nella rete e, con gli occhi ormai spaccati, stavo per rinunciare quando, all’ultima schermata lo sguardo mi cadde sull’annuncio trionfante redatto dall’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) circa un progetto di ricerca in corso tra i cui componenti principali erano indicati Rambaldi e Locatelli Bingo!
Quando il GUP mercoledì 10 maggio scorso lesse in aula ad alta voce la nostra istanza di ricusazione, al prof. Rambaldi, venuto apposta da Bergamo a Roma, non restò che ammettere. Io e Margherita nell’aula del Tribunale sedevamo esattamente alle sue spalle.
Ad un certo punto della discussione, il prof. Rambaldi si alzò e sgattaiolò via, senza nemmeno un cenno di saluto per nessuno, riuscendo a nascondere al nostro sguardo non solo i suoi occhi, ma il suo intero volto.
Lavorativamente parlando, io faccio parte di un ambiente, quello scientifico, in cui tutti, più o meno direttamente, ci si conosce e riconosce. Il prof. Rambaldi è sicuramente cosciente di non aver fatto una grande figura, considerando anche che la convocazione da parte del GUP non si materializzò la mattina stessa dell’udienza. Perché uno scienziato di così alto profilo si espone a tutto questo?
Per noi non è stata una vittoria, abbiamo solo parato un colpo. Ma un colpo denso di significati e di messaggi. Con le nostre residue forze ci stiamo aggrappando alla fiducia che ancora vogliamo nutrire verso la giustizia, ma queste premesse ci evocano tradimenti già consumati. Dietro l’angolo, il terzo tradimento.
Dott. Maurizio Federico (papà di Lisa)
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