Non è vero che la maggioranza degli Italiani sappiano mangiare, lo si deduce dai costi sanitari per le diete sbagliate. Da quanto si prediligono cibi confezionati fritti, facili da cuocere, che accontentano grandi e piccini. Dall’aumento di adulti e bambini obesi o in sovrappeso. Dal 75% di coloro che fanno diete che scelgono in base al sentito dire.
Siamo sicuramente il paese con la migliore cucina del mondo, almeno a giudicare dalla quantità di ristoranti e dal gradimento delle pietanze italiane, in giro per i cinque continenti ma questo non significa che mediamente sappiamo mangiare. Ammonterebbe a tredici miliardi di euro all’anno la spesa per costi sanitari determinati dall’alimentazione sbagliata in Italia, secondo Sima, la Società Italiana di Medicina Ambientale. Parliamo di un impatto del 10% sul settore sanitario. Vista la situazione della Sanità in Italia non sarebbe male intervenire sull’alimentazione per diminuire la pressione dei malati sulle strutture della salute. Perché un dato va messo bene in evidenza: la salute dipende dall’alimentazione e anche dall’ambiente in cui viviamo, oltre che dalla genetica dei vari individui.
Un’indagine che si intitola “Dal freezer ala tavola: abitudini di consumo di pesce surgelato e bastoncini” ci spiega che 8 italiani su 10 apprezzano a tavola i famosi bastoncini di pesce, che poi molti (il 78,9%) riconducono al marchio Findus. Sono comodi, abbastanza insapori, non si intuisce l’aspetto animale, per cui piacciono soprattutto ai più piccoli e a tutti coloro che, non sapendo mangiare, si accontentano dei cibi più facili da cucinare. Li tiri fuori dalla confezione e li butti nella padella con l’olio bollente, magari un oliaccio di semi a basso costo e basso punto di fumo, così riesci ad abbinare al non sapore del prodotto anche una buona dose di tossicità derivata dall’olio fritto.
Adesso tutti i vegetariani si sperticano in post a favore della salvaguardia dei poveri agnellini strappati alle “mamme pecore” per le feroci abitudini pasquali, ma non gliene frega niente delle insalate pre-tagliate e imbustate vendute più care del prodotto sano e fresco. Un’insalata tagliata ha perso gran parte del suo potere nutrizionale e ogni busta contiene un gas per allungarne lo stato di conservazione. Senza considerare che volendo essere pignoli anche le piante sono esseri viventi e se non starebbe bene “assassinare” l’agnellino perché invece si può farlo con le insalate?
Non ho nulla contro i bastoncini di pesce ma non sono certo polpe di orata o di spigola. Sono pesci di nessun valore (merluzzi) che vanno a finire nel tritacarne dell’indifferenziato dal quale trarre anonimi prodotti da friggere. Un po’ come avviene per certi tipi di würstel che si vendono a basso costo e che contengono carni sicuramente non di prima scelta. La tendenza della produzione alimentare industriale risponde alla logica del minimo costo con la massima resa. Produrre qualcosa che possa piacere a tanti, quanta più gente possibile e che costi alla ditta produttrice il meno possibile.
La formula bastoncino, sashimi, würstel, bocconcino, polpetta è la migliore. Da fuori non spaventa e dentro l’importante è che non avveleni nessuno, anche se certamente non è una proposta gastronomica di gran qualità. Ufficialmente i bastoncini di pesce sono un prodotto alimentare trasformato, preparato con pesce bianco (tipo nasello o merluzzo senza spine) glassato con pastella di fecola di patate, impanato, con aggiunta di sale o spezie o spinaci, pre fritto e surgelato.
Il pesce viene congelato subito a bordo del peschereccio e poi lavorato a terra per ottenere la forma a bastoncino. A seconda dei luoghi di vendita si procede a colorali con più o meno tinte gialle o rosse (paprika). I bastoncini vengono fritti per qualche secondo in modo che l’impanatura formi una crosta secca e sostanze aromatiche tostate (reazione di Mallard), mentre il filetto di pesce all’interno non si scongela. Secondo le linee guida del Codice alimentare tedesco, i bastoncini di pesce contengono almeno il 65% di filetto di pesce tagliato a strisce e/o fino al 25% di carne di pesce tritata.
La più grande azienda mondiale di prodotti alimentari surgelati, Iglo Group, produce quasi due miliardi di tonnellate di bastoncini di pesce all’anno con il marchio Birds Eye. Iglo ha acquistato l’azienda Findus nel 2010. Solo in Gran Bretagna vengono mangiati ogni anno 185 milioni di pezzi, particolarmente apprezzati dai bambini e dalle famiglie con bambini. In Gran Bretagna, si stima che il 75% dei bambini assaggi per la prima volta il pesce sotto forma di bastoncino e metà delle famiglie compri questa tipologia di prodotto almeno una volta all’anno.
Una passione, quella per i bastoncini, che è ulteriormente rafforzata dalla recente operazione di Findus, avviata da febbraio, che ha visto una riduzione del 20% del prezzo di cessione dei bastoncini di merluzzo su tutto il territorio nazionale. Da quanti anni esistono questi brand e questi prodotti? Almeno dagli anni ‘50. Molti tra noi ricordano le pubblicità di quando eravamo bambini con il Capitano Findus o l’altra col Nostromo, che invece pescava tonno da mettere in scatola. Sempre nella speranza che ci sia davvero solo tonno in quelle latte e non magari avanzi di pescecane e altri pesci di scarto. Il Capitano lo conoscono il 97,9% degli Italiani. Potere della pubblicità martellante.
Non fanno male, a parte la quantità di mercurio che molti istituti di ricerca segnalano nei predatori marini, per cui non si morirà per una scatoletta o per dei bastoncini, certamente non sarà la stessa cosa che alimentare i propri figli con anguille, sogliole o altro pesce non di allevamento e non rintracciabile nelle confezioni industriali. Eppoi il pesce comprato in pescheria va saputo cucinare. Sia chiaro che è la cosa più semplice del mondo ma comunque va saputo fare, per non essere costretti a mangiarlo crudo o scotto o bruciato.
E i genitori di oggi hanno poco tempo per cucinare. Tanto sono occupati con il traffico, i parcheggi, le riunioni di lavoro, le amiche, gli amanti, lo stress, la palestra, lo shopping e via dicendo. I figli che mangino allora alla mensa scolastica o dei bei bastoncini o anche “cinese”, che tanto piace loro, o una bella pizza “delivery”. Poi ci si lamenta che ingrassano troppo.
La stragrande maggioranza di coloro che consumano o hanno consumato i bastoncini li associa ai ricordi dei pasti della gioventù, con un 89,5% che li ricorda nei momenti felici dell’infanzia. Circa il 90% li consumava, spesso o occasionalmente. Non sono solo una tradizione del passato, ma un prodotto che attraversa le generazioni: oggi il 95,2% dei genitori intervistati afferma di servirli anche ai propri figli. Il pesce sarà anche un normale merluzzo ma l’olio per friggere? Gli additivi?
Circa un terzo dei consumatori li inserisce nella propria alimentazione ogni settimana (31,1%), preferenza particolarmente alta tra gli uomini della Generazione Zeta (40%), donne Millennials/Gen Y (37%) e le famiglie con figli tra gli 0 e i 10 anni (40%) e adolescenti tra 11-19 anni (38%). I bastoncini si servono prevalentemente con un contorno di verdure, abbinamento preferito dal 63,2% del campione, ma sono molto apprezzati anche con un contorno di patatine fritte, scelte dal 38,5% dei consumatori, mentre il 24,4% li serve da soli e il 21,4% preferisce accompagnarli con salse e diversi condimenti. Che costerebbe alternarli con dei filetti di o pesce?
“Quello dei bastoncini è un mercato che è stato creato proprio da Findus nel lontano 1967. Iconici per eccellenza, sono oggi un vero e proprio ‘cult’ amati e apprezzati da 5 milioni di famiglie italiane”, afferma Renato Roca, Country Manager Findus Italia. “Solo nel 2023 ne sono stati prodotti 7 mila tonnellate pari a circa 280 milioni di pezzi destinati al mercato nazionale. Così tanti da riempire 63 campi da calcio o fare due volte il giro della luna. Interamente prodotti nella sede di Cisterna di Latina, nel Lazio, sono un pilastro fondamentale per l’azienda, contribuendo al 30% del fatturato del nostro portfolio ‘Pesce’”.
La tendenza è quella di abbandonare i piccoli negozi a vantaggio del Super o dell’Iper mercato. Fare la spesa una volta a settimana, riempire il carrello è tanto comodo, perché si può fare quando non si deve lavorare e poi, nei giorni feriali, si consuma dal frigo quello che serve. Soprattutto per quei 16 milioni di Italiani che periodicamente si mettono a dieta in vista delle vacanze estive. Però i cibi sani sono sempre più cari dei cibi spazzatura, tra cui quelli industriali abbondano, per via dei conservanti, coloranti, del glutammato, dei sali e degli zuccheri aggiunti, per renderli appetibili agli occhi del compratore frettoloso. Si perché la spesa per molti è una fastidiosa incombenza e pensare che riguarda l’aspetto più serio delle attività umane, quello della alimentazione che determina la propria salute.
Per Alessandro Miani, milanese, presidente del Sima, la soluzione è sotto i nostri occhi: “I mercati comunali, per le grandi città, ed i mercati contadini nelle località minori sono già una prima risposta al problema – dice a Fortune Italia – Dobbiamo riscoprire l’autenticità del cibo Made in Italy e della nostra dieta mediterranea, che purtroppo in Italia il 40% della popolazione ha abbandonato. Prodotti stagionali e coltivati in prossimità dei nostri luoghi di vita hanno costi più contenuti e fanno bene alla nostra salute oltre che all’economia nazionale. Questa è la migliore ricetta per far convivere il nostro portafogli con un’alimentazione sana, equilibrata e ricca di elementi nutraceutici e funzionali.
”Secondo l’Italian Barometer Obesity Report, nel nostro Paese le persone in eccesso di peso sono più di 25 milioni, e circa 6 milioni di individui, pari al 12% della popolazione, sono a tutti gli effetti obesi, con una incidenza maggiore al Sud (14%) rispetto al 10,5% del Nord-Ovest e del Centro. Spesso si ricorre agli integratori alimentari, la cui spesa nel nostro Paese ha raggiunto i 4 miliardi di euro, sempre secondo Sima. Al tempo stesso si impenna la vendita dei farmaci per la perdita del peso che, a livello globale e secondo i numeri ufficiali, registrano un aumento del +25% solo nel primo trimestre del 2023.
La ristorazione in Italia non è d’eccellenza, tranne un 10% tra stellati e osterie della tradizione. Lo sono le nostre cucine regionali ma che seguono solo una minoranza dei ristoranti che rispettano le regole di qualità e salubrità degli ingredienti base. La grande maggioranza compra semilavorati delle grandi aziende internazionali, che distribuiscono cibi prodotti industrialmente, in base alle disposizioni nazionali ed europee, insaccati in pvc trasparente, provenienti da fabbriche e allevamenti europei e del tutto identici dalla Svezia alla Sicilia. Uova in polvere, cosci di pollo, petti, filetti, funghi, surgelati li trovi abbondanti e convenienti più che andare a comprarli dal contadino o al mercato centrale.
A parte la pessima abitudine delle diete fai da te o consigliate dall’amica e dall’amico (che ha un cugino, che vive nell’appartamento sotto quello del grande dietrologo della tv, per cui sarebbe affidabile) e che sono il 75% di coloro che le fanno, correndo il rischio, anzi la quasi certezza di andare incontro a malattie e disturbi. Per cui 950mila persone ogni anno in Europa perdono la vita per diete malsane o sbagliate, la stragrande maggioranza degli italiani mangia malissimo a casa e al ristorante.
Per il presidente del Sima, Alessandro Miani, serve tutelare il nostro patrimonio enogastronomico e agroalimentare e “valorizzare l’identità dei territori italiani, le tipicità, la nostra storia, il sapere dei nostri agricoltori e la qualità di ciò che possiamo acquistare per alimentarci in modo sano senza dover ricorrere sempre e solo alla grande distribuzione organizzata.
Gli integratori alimentari, ad esempio, sopperiscono alla carenza dei micronutrienti essenziali alla salute che sempre meno troviamo disponibili in prodotti che per arrivare maturi sulle nostre tavole vengono raccolti ancora acerbi e vengono fatti maturare durante i lunghi viaggi in nave, da ogni parte del mondo. E le conseguenze sono anche per l’inquinamento ambientale. Prendiamoci un po’ di tempo per conoscere la nostra terra, la nostra comunità, il nostro territorio e certo potremo tornare a riscoprire i sapori autentici della cucina italiana. Cucina povera, ma sana“.
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