Il vangelo di oggi si apre con l’arresto del Battista (v. 14) e una sintesi della missione itinerante di Gesù, che da questo momento diventa il protagonista della vicenda narrata dall’evangelista Marco. Gesù non annuncia se stesso ma il regno vicino di Dio, il vangelo di Dio, cioè la buona notizia che porta con sé il compimento del tempo nel presente della storia per ogni uomo e donna. Gesù proclama il “vangelo di Dio” costituito da una duplice coppia di affermazioni. La prima è formata da due verbi al perfetto che indicano l’azione di Dio: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino” (v. 15).
La conseguenza della prossimità del regno è un appello forte, fatto da Gesù mediante la seconda coppia, costituita da due imperativi: “Convertitevi e credete nel vangelo” (v. 15). Questo duplice imperativo al plurale sta a indicare la responsabilità dei destinatari: il primo in rapporto al passato (convertitevi, cambiate mentalità) e il secondo aperto al futuro (credete, abbiate fede nel vangelo). Quattro affermazioni che sono in stringente parallelismo sulle labbra di Gesù: “E’ compiuto – Convertitevi”; “E’ vicino – Credete”.
L’esortazione a cambiare vita è generale, richiamando ogni individuo e tutti i livelli della società. Inoltre, questi due inviti di Gesù sono fatti con due verbi all’imperativo presente: l’impegno a convertirsi (cambiare mente) dice che si tratta di “uno stato” che va coltivato ascoltando la parola del Signore come comunità (convertitevi). Così anche l’invito a credere al Vangelo indica un cammino che attende “la comunità” attraverso l’itinerario dell’intero vangelo. E’ questo un modo di dire semitico proprio di Gesù: prima si cambia mente poi si crede nel Vangelo, vale a dire: “credere nella buona novella”.
L’evangelista Marco è molto sintetico: questo è il progetto dell’intero “vangelo” che risale allo stesso Gesù, come lieto annuncio della riconciliazione fra gli uomini e le donne con Dio nel Figlio amato. Credere nel Vangelo è il vertice di tutto il percorso che ci attende. Il primo invito “convertitevi” indica un cambiamento di mentalità e di vita; il secondo “credete” comporta un rovesciamento di prospettiva da parte dei destinatari. E’ importante chiedersi: “chi sono i destinatari” del breve discorso di Gesù? A ben vedere non sono menzionati. In questo modo è tracciata l’identità del discepolo dell’opera di Marco, chiamato a convertirsi e a credere nel Vangelo, basandosi sull’annuncio e la realizzazione del Regno portato da Gesù. Un cammino aperto anche per tutti noi.
Dopo l’autorevole annuncio del Vangelo, il primo atto che Gesù compie coinvolge la vita di coloro che incontra. La chiamata dei primi quattro discepoli è inquadrata tra due movimenti: quello di Gesù che passa lungo il mare e quello dei chiamati che lo seguono.
Essa ha come sfondo il “mare di Galilea”, che qui in realtà indica un lago interno (di Tiberiade). Questo contesto geografico della scena serve per presentare sia l’azione di Gesù (il “camminare”) sia la professione dei discepoli (“pescatori”). L’incontro con i quattro è raccontato in maniera essenziale attraverso un unico verbo, “vide”, con cui l’evangelista sintetizza un evento fondante di cui sfuggono i particolari. Gesù è colui che cammina, vede, parla, chiama. E’ lui a incontrare e chiamare due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Egli vede Andrea e Simone “mentre gettavano le reti in mare, erano infatti pescatori. Gesù disse loro: Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini. E subito lasciate le reti lo seguirono” (vv. 16-18).
Egli chiama i discepoli a seguirlo per prepararli a una responsabilità missionaria. Entrambe le coppie di fratelli accolgono la chiamata in uno stile di ubbidienza immediata. Importante notare la loro competenza: erano pescatori, categoria modesta che procurava un bene di prima necessità, godeva di buona reputazione, senza appartenere né al ceto ricco né alla casta sacerdotale. L’accettazione suppone la piena fiducia in Gesù e l’adesione alla sua persona e al suo programma di vita. Gesù invita a seguire la sua persona e il vangelo del regno di Dio per diventare pescatori di uomini, cioè continuatori della sua missione, e ha il punto chiave nella sua chiamata rigenerativa con un verbo al futuro: “vi farò diventare” (v. 17).
La chiamata dei primi quattro discepoli ha un valore programmatico per la comprensione di tutto il vangelo. A partire dalle parole di Gesù tutto si basa sulla relazione con lui e si fonda sul futuro, e ciò mette in attesa il lettore anche di oggi. La narrazione evangelica si limita all’essenziale: l’azione “dice” il cuore, l’“agire” rivela la fede. Simone e Andrea rinunciano ai loro precedenti progetti di vita lasciandosi trasformare da Gesù. Questa vocazione rappresenta il paradigma di ogni chiamata: ogni volta che Gesù invita qualcuno a seguirlo gli apre un nuovo orizzonte di vita.
Gesù invita i quattro discepoli a “seguirlo” e questo implica l’atto di unirsi a Gesù e di accompagnarlo dappertutto, in una comunione di vita con il maestro. Tutta la tradizione evangelica che tramanda i racconti della chiamata di Gesù alla sequela e al discepolato si presenta come una novità rispetto al mondo ebraico contemporaneo e in discontinuità con la prassi della comunità cristiana successiva.
Nella prassi del tempo non era il rabbino a scegliere i discepoli; al contrario, erano coloro che desideravano approfondire il significato della Legge a cercare il rabbino che ispirava loro maggiore fiducia. Gesù, invece, è lui stesso a scegliere i discepoli che restano suoi per tutta la vita, perché è la sua persona e non la conoscenza della Legge a rappresentare l’ideale di esistenza. Gesù è e rimane l’unico Maestro; invece, i suoi discepoli non diventano a loro volta maestri, ma restano discepoli per tutta la vita: il discepolato con Gesù diventa un fatto permanente e qualificante di tutta l’esistenza, compresa quella pastorale.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Mazzeo, 2021.
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