“Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione” (v. 15): in queste parole è sottolineato il compimento di quel tempo ultimo già oggetto dell’insegnamento di Gesù, il tempo della “resa dei conti” tra l’attuarsi del piano di Dio e le forze ostili che vi si oppongono. Lo vediamo chiaramente nel momento dell’agonia di Gesù nell’orto degli Ulivi: lo scontro giunge al suo momento estremo, Satana stesso è all’opera (vv. 42-44). Ma questa è anche l’ora del desiderio ardente di Gesù, la comunione con i suoi, nel dono totale di sé: “Il mio corpo, che è dato per voi… il mio sangue, che è versato per voi” (vv. 19-20).
I discepoli che tra tutti emergono come protagonisti nell’ora della passione sono Giuda e Pietro. Nel Vangelo di Luca, Giuda è colui che “consegna” (tradisce) Gesù: lo consegna ai nemici mostrando in questo l’abisso del male in cui è precipitato, ma al tempo stesso lo consegna al piano di Dio, che è più grande delle trame ordite dagli uomini e supera le loro intenzioni. L’affermazione: “Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!” (v. 22) contiene entrambe queste verità.
“La mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola” (v. 21): da queste parole emerge con crudo realismo che proprio nel luogo dell’estrema vicinanza di Gesù con i suoi, la mensa del suo corpo e del suo sangue, si consuma il tradimento del discepolo. Anche il bacio di Giuda durante l’arresto mostra questo paradosso: il gesto intimo dell’amicizia e dell’affetto diviene segno definitivo della lontananza del traditore dal suo maestro.
“Ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (v. 32). Nel momento in cui è istituito il suo ministero, viene anche predetto il suo rinnegamento e la necessità di una conversione. Così emerge un altro paradosso di questo racconto: Pietro è scelto per la sua debolezza, nella quale si rende evidente il perdono e la misericordia di Dio.
Nella scena del rinnegamento, nel cortile del Sommo sacerdote, dopo che Pietro ha dichiarato per ben tre volte la sua estraneità al gruppo dei seguaci di Gesù, viene raggiunto da uno sguardo: “Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro” (v. 61). Luca ci porta così tanto dentro questa scena che questo sguardo raggiunge anche noi. In esso, Pietro legge molte cose: il suo fallimento, ma anche la preghiera del Signore per lui, la sua chiamata e la sua fiducia che non vengono meno. Di fronte a questo, Pietro non può che scoppiare in pianto (v. 62). E’ il pianto di chi si riconosce sempre preceduto dall’amore, di chi non dispera ma confida nel perdono di Dio.
Nel racconto della passione di Luca compare un’unica citazione esplicita della Scrittura: “Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento” (v. 37). La citazione è tratta dal quarto canto del Servo di Isaia e, nel tratteggiare la figura del servo sofferente, rimanda in particolare a due momenti del racconto: la condanna a morte a opera di Pilato, delle autorità giudaiche e del popolo, e la crocifissione in mezzo ai due ladroni.
Nella prima scena, l’innocente è messo sullo stesso piano del reo Barabba; la seconda scena contiene un momento fondamentale per il processo di riconoscimento dell’identità di Gesù che sul Calvario, inchiodato sulla croce, compare tra due malfattori. Il “segno di contraddizione” non potrebbe essere più evidente. Chi vuol vedere in Gesù un profeta fallito, un reietto e un maledetto da Dio ne trova qui la conferma definitiva; così è per il primo ladrone e per tutti gli altri che si fanno beffe di lui. Ma chi è capace di scorgere in lui il giusto ingiustamente perseguitato, nel suo abbandono fiducioso a Dio, trova in Gesù l’immagine del Dio di misericordia.
Così il buon ladrone: nel racconto della passione è l’unico che percorre tutto l’itinerario della fede che salva ed è il primo a entrare in paradiso. Così si compie la Scrittura: le tenebre e il silenzio che avvolgono il momento della morte di Gesù, e che si prolungano nel silenzio del Sabato santo, sono il preludio di una nuova creazione.
Per tre volte Gesù si rivolge al Padre. La prima volta durante la sua agonia, quando chiede la forza di farsi una cosa sola con la volontà del Padre: è la preghiera del Figlio che giunge al punto estremo della sua umanità; il Padre risponde con la presenza dell’angelo consolatore. Una seconda volta sulla croce, Gesù chiede al Padre il perdono per i suoi uccisori. L’ultima preghiera di Gesù è il grido con cui consegna il suo spirito. Tutto è compiuto: il Figlio unigenito ora è tornato nel seno del Padre e chi ha visto il giusto morire nel suo abbandono fiducioso a Dio, se ne torna battendosi il petto.
E’ il pentimento del popolo che prefigura la conversione delle genti. Ma è soltanto con l’annuncio della risurrezione che l’evangelista Luca ci consegna la tessera mancante del suo mosaico su Gesù Cristo. Infatti, è attraverso le parole del Risorto che, insieme al senso delle Scritture, è rivelata ai discepoli la chiave per comprendere il progetto di salvezza di Dio per il suo popolo e per tutta l’umanità.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Mino, 2022.
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