La Santissima Trinità
Il mistero di Dio Uno e Trino
Domenica 26 Maggio celebreremo la solennità della Santissima Trinità, il primo mistero principale della fede: Unità e Trinità di Dio. Questa verità di fede che ci viene proposta dalla Chiesa è stata rivelata a noi da Gesù Cristo durante la sua vita terrena. Infatti, il Vangelo (Gv. 16, 12-15) che sarà proclamato nella liturgia domenicale è tratto dal discorso di addio che Gesù rivolge agli apostoli nell’ultima cena. Quindi la nostra professione di fede nel Dio Trinitario fa parte dell’insegnamento supremo di Gesù, si tratta del suo testamento spirituale.
Al termine della sua missione terrena, Gesù constata che non ha potuto ancora trasmettere tutto il suo messaggio ai discepoli: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso” (v. 12). Non solo, ma i discepoli non hanno ancora compreso il suo messaggio: varie volte nei discorsi dopo la Cena indica quanto essi fossero lontani dal penetrare il mistero del loro Maestro; sono gli apostoli stessi che affermano di non comprendere quello che il Signore vuol dire (cfr. Gv. 16, 18). La constatazione dell’imperfezione della fede dei discepoli fatta in questo momento serve ad introdurre i vv. 13-15, in cui Gesù promette la venuta dello Spirito Santo che li guiderà verso tutta la verità: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità…”. Ormai Gesù ha sott’occhio l’avvenire, il tempo dello Spirito Santo che comincerà a Pasqua: Egli sarà la guida che prolungherà l’opera di Gesù nella conduzione dei discepoli a tutta la verità, cioè alla persona di Gesù.
Come Gesù, lo Spirito Santo è un inviato: Egli dirà tutto quello che ascolta da Dio, così come Gesù ha detto tutto ciò che ha udito dal Padre. Non si limiterà a ricordare ai discepoli l’insegnamento passato del loro Maestro (“vi ricorderà tutto quello che vi ho detto”), perché “vi annuncerà le cose future” (v. 13). Ma qual è “l’avvenire” (le cose future) che lo Spirito Santo farà conoscere ai discepoli? Certamente si tratta dell’interpretazione da parte dello Spirito Santo dei fatti della Passione e della Risurrezione che in quel momento (nell’ambito dei discorsi dopo la Cena) non sono ancora avvenuti. E’ anche probabile che l’evangelista Giovanni pensi qui a tutto l’avvenire della Chiesa. Egli sa che i discepoli hanno conosciuto situazioni diverse da quelle del tempo di Gesù e sa che Lo Spirito Santo li ha guidati facendo loro cogliere il senso delle parole e degli atti di Gesù e comprendere il significato della storia alla luce del Vangelo del Maestro.
L’azione futura dello Spirito Santo non adombrerà la gloria e la signoria di Gesù: “Egli mi glorificherà…” (v. 14). Lo Spirito Santo glorificherà ora Gesù ispirando la predicazione del Vangelo, aiutando i discepoli a comprendere in profondità il mistero della sua persona, e in tal modo il Maestro verrà glorificato nei suoi discepoli. Dunque, tutto ciò che viene dallo Spirito viene da Gesù, come tutto quello che ha il Padre appartiene a Gesù.
Il passo biblico che abbiamo commentato ci offre una descrizione concreta dei rapporti dello Spirito Santo con Gesù e con il Padre, cioè del mistero trinitario. Lo Spirito di verità continua l’opera di Gesù riprendendo il suo messaggio e facendolo penetrare dai discepoli. Egli è l’inviato che proclama quello che ascolta: è l’inviato del Padre, che è la fonte della parola; è l’inviato di Gesù perché questa parola è la sua e il Padre gli ha dato tutto quanto possiede.
Tutti gli altri testi in cui l’evangelista Giovanni mette lo Spirito Santo in relazione con Gesù e con il Padre, concordano nel mostrare che la missione dello Spirito Santo prolunga quella di Gesù. L’uno e l’altro sono inviati dal Padre per compiere la sua opera di salvezza. In più, sia Gesù che lo Spirito Santo sono misteriosamente uniti al Padre. Giovanni vede lo Spirito Santo come una persona, poiché lo mette in rapporto e in parallelo con Gesù: mostra che ciò che appartiene al Figlio, appartiene anche allo Spirito Santo, esattamente come ciò che appartiene al Padre, appartiene anche al Figlio. Tuttavia, Giovanni non conferisce allo Spirito Santo il nome di Dio, che invece dà a Gesù. Possiamo spiegare questa differenza affermando che la riflessione cristiana non ha dovuto percorrere la medesima strada per pensare in profondità sulla persona di Gesù e sulla persona dello Spirito Santo.
In un primo tempo i testimoni di Gesù hanno conosciuto il loro Maestro come un uomo e a poco a poco hanno visto in lui la presenza di Dio. Forse è proprio per questo che si afferma anzitutto che lo Spirito è mandato da Gesù, senza disconoscere il suo invio da parte del Padre. Invece, la chiesa nascente ha conosciuto lo Spirito Santo nel pensiero dell’Antico Testamento, che lo concepiva come il soffio di Dio e non sentiva quindi il bisogno di affermare l’unità dello Spirito Santo con il Padre. Inoltre, l’Antico Testamento non vedeva nello Spirito una persona, e i credenti dovettero percorrere una lunga strada per giungere ad interpretare la loro esperienza con lo Spirito Santo. Il fatto dello Spirito Santo è così nuovo nella chiesa che l’apostolo Giovanni non può ancora dargli una formulazione teologica tecnica, come l’abbiamo noi oggi attraverso l’insegnamento del Magistero della Chiesa. Ma il mistero è stato dato per intero nel fatto dello Spirito, come in quello di Gesù: la Chiesa ha vissuto questo mistero fin dalla sua nascita a Pentecoste, e Giovanni è il primo testimone che abbia espresso questo mistero con grande chiarezza.
Oggi per noi è chiaro il “dogma” (verità rivelata) e il mistero della Trinità: un Dio in tre Persone. Ma nel mondo in cui viviamo, è Dio stesso che costituisce problema, rendendo il mistero della Trinità non più attuale e con la minaccia di un rischio generalizzato di indifferenza. Eppure, l’esistenza cristiana, l’esistenza umana vissuta in verità, si dispiega completamente davanti a Dio Padre che è al di là di tutto, con Dio Figlio venuto a condividere per sempre la nostra condizione umana, e in Dio Spirito Santo che non solo è in tutti, ma agisce attraverso tutti: un Dio diverso da questo non ci interessa.
Bibliografia consultata: Georges, 1973.