Il fatto che Grillo firmasse, con Matteo Renzi (e molti altri), il patto promosso dal virologo Roberto Burioni, per difendere la scienza dalle divulgazioni di ciarlatani e finti scienziati ha scatenato molte polemiche. C’è chi ha gridato al tradimento!
Per Grillo non c’è stata nessuna svolta: “..io critico l’obbligatorietà dei vaccini che è questione politica; non i vaccini in sé, che quando sono sicuri ed efficaci rappresentano il frutto della scienza”. Infatti il punto non è questo. Che si firmi un patto contro i ciarlatani e a favore della “scienza” è fin troppo ovvio, logico, pleonastico. Sulla questione vaccini non c’è da discutere nemmeno. Sono fondamentali in sé nella lotta per debellare malattie pericolose per l’intera collettività e la loro funzione è più che provata.
Il Movimento Cinque Stelle aveva fatto del “No Vax” uno dei caposaldi della loro battaglia politica che, uno dopo l’altro, sta vedendo cadere i suoi punti programmatici fondamentali, di fronte al senso di realtà delle scelte del Governo. Ma questo nemmeno è ciò che m’interessa. Evidentemente il velleitarismo politico è la malattia infantile del “grillismo”.
Chiediamoci piuttosto chi non sia contro l’oscurantismo e la superstizione? Sarebbe come firmare un patto per decretare l’assurdità delle previsioni dell’oroscopo. Nessuno potrebbe sostenere, con tesi scientifiche, il contrario.
L’appello promosso da Burioni impegna su cinque punti i sottoscrittori:
Il problema, al di là della curiosità dell’abbinamento tra Grillo e Renzi, è la difesa della scienza, non la questione politica che ha dato vita ai “No Vax”, creando problemi nelle nostre scuole, con la recrudescenza di malattie che i vaccini avevano debellato, credevamo, per sempre ma non avevamo messo in conto la dissoluzione della politica vecchio stile. Le opinioni sono tutte legittime, fin quando negano la verità. Se la terra non è piatta, l’opinione di che la ritiene tale, va sbeffeggiata e rigettata senza ombra di dubbio. La questione che si apre con questa notizia è un’altra e cioè se la scienza dica sempre la verità. Non ho mai avuto simpatia per il movimento “No Vax”. Non mi piacciono i fideisti, i talebani, i crociati, gli uomini del “Duce”, sia esso fascista o comunista o democristiano. Non mi piace chi non abbia dubbi, chi non cerchi la verità col lanternino, con pazienza, con determinazione. Ma non c’è dubbio che la scienza non è un valore altrettanto fideistico, proprio per la sua stessa definizione di ricerca della verità, attraverso prove e sperimentazioni verificate.
Partiamo da un detto, per me molto condivisibile, sempre con il beneficio d’ inventario: “Non esistono le malattie, esistono i malati.” Se cerchiamo in Internet “curare la malattia” si ottengono 138 mila risultati ma se cerchiamo “curare il malato” ne troviamo solo 28.000. Già questo dato ci dice quanto la ricerca scientifica sia impostata in un senso ben preciso. Ivan Cavicchi, docente dell’Università di Tor Vergata a Roma, esperto di politiche sanitarie, sostiene che Roberto Burioni sia portatore di un concetto positivista e ottocentesco della filosofia della scienza. Un concetto che non ammette dubbi e incertezze.
Purtroppo quello di Burioni non è un atteggiamento scientifico, mi si consenta il gioco di parole. Facciamo un esempio. Tempo fa furono dettate le linee guida per il controllo del colesterolo messe a punto dall’American Heart Association. Un numero di “indiscutibili” medici cardiologi e non solo (quindi scienziati) riunitisi in convegno, avevano decretato diversi livelli di rischio del colesterolo LDL, quello cattivo, abbassandone il dato. La rivista “Lancet” pubblica la decisione. Scoppia la polemica. I cardiologi americani propongono di dimezzare la quota di colesterolo LDL a prescindere dal valore iniziale. Il pericolo può essere un infarto o un ictus, non è cosa da poco. C’è da stare in ansia quando si legge il dato sulle analisi mediche.
Se dimezzi il livello significa che saranno molti, ma molti di più (dal 75 al 150%), i casi di persone in pericolo di infarto e ictus e, di conseguenza, saranno sicuramente di più gli acquirenti di statine, che servono a curare il colesterolo alto. Che dietro questa decisione “scientifica” ci sia la longa manus dell’industria farmaceutica?
“Siamo di fronte a un approccio largamente impreciso che sovrastimerà notevolmente il rischio”, afferma Paul Ridker, direttore del centro di prevenzione cardiovascolare del Brigham and Women’s Hospital di Boston. Si affaccia l’idea di un business, equivalente a quello della pressione. Più bassi sono i valori più si spende in medicine! È ineccepibile!
La scienza medica tende così a cautelarsi, sostiene qualcuno, di fronte a possibili rischi. Non tutti i pazienti reagiscono allo stesso modo, meglio stare tranquilli. Ecco il punto. Non tutti reagiscono allo stesso modo di fronte ai valori dati per medi e certi. Per me è sufficiente per pensare male (all’Andreotti) e rischiare di azzeccarci. Del resto la storiografia scientifica ci ha abituati a casi inspiegabili di guarigioni, a risposte differenti all’uso di farmaci e terapie. Da qualche anno si è capito che i test dei medicinali commisurati su uomini adulti possono non valere nel caso dei bambini e addirittura nel caso delle donne. Si chiama medicina di genere. Portando avanti il discorso, ogni individuo potrebbe essere ritenuto un “caso a parte”. In questo caso dobbiamo prendere i valori della scienza medica con le dovute molle. Valutare caso per caso, non dare per scontato valori medi validi per tutti, anche se è giusto fissare delle linee con le quali rapportarsi.
Qualche tempo fa un dietologo molto noto mi confidò che tutte le diete di cui si fa un gran parlare sono solo sciocchezze. Una notizia che se l’avessimo data in una delle trasmissioni televisive che seguivo come autore, avrebbe scatenato un putiferio. Allarmismi che non possiamo permetterci. Certo. “Allora perché le date?” chiesi. “Perché c’è tutto un mondo di affari costruito sulle diete ma anche un mondo di ciarlatani…” aggiunse. “E quale sarebbe la soluzione per dimagrire?” “L’unica vera dieta che mi sentirei di sottoscrivere è mangiare meno e camminare molto”. In quel momento pensai a quanti miliardi di euro andrebbero in fumo se solo passasse la notizia scientifica che per dimagrire non servono medicine, corsi e sedute estenuanti di ginnastica ma solo “camminare di più e mangiare meno”. Che comunque a dirsi è facile ma a farsi non lo è per niente. Personalmente mi convincono abbastanza i concetti che prevedono cure che non facciano troppo uso di farmaci e costose terapie. Mio nonno, molto a-scientificamente, sosteneva che: “Le medicine si dividono in due tipi: quelle che fanno male e quelle che non fanno niente!” Ora mio nonno non era medico, però nella mia lunga frequentazione di medici, non ne ho mai incontrato uno che di fronte a questa affermazione l’abbia rigettata completamente come falsa. Qualcosa di vero ci deve essere. Se un farmaco cura una cosa, può avere effetti collaterali negativi su altre parti dell’organismo. Basta leggere il “bugiardino” di ogni confezione farmacologica per mettersi paura e verificare quanto ciò sia vero.
In una società dove tutto viene regolato in base al profitto, come si può pensare che la scienza medica possa sottarsi a questa regola? Sappiamo benissimo quali siano i metodi dell’industria farmaceutica, per spingere i medici a somministrare un proprio farmaco piuttosto che un altro, ai pazienti. Premi, viaggi, finti convegni, regali sono tutte ormai note forme di “convincimento” cui è sempre più difficile sottrarsi. Quando il gioco è diffuso tra molti colleghi, colui che si astiene dalla partita viene additato, emarginato, sottoposto a ogni sorta di critica e forme di “bullismo”. Altrimenti non avrebbe senso scoprire che esistono malattie cosiddette rare, cioè per lo più sconosciute e sulle quali la ricerca scientifica non interviene, semplicemente perché chi deve investire i propri capitali in una ricerca vuole poi averne un ritorno economico che, nel caso di una malattia di cui sono affette poche persone al mondo, non esisterebbe. Da qui la nascita dei vari Telethon (sigla che prendo ad esempio delle varie iniziative del settore) per raccogliere fondi altrimenti irraggiungibili. Riconosciamo gli indubbi meriti delle organizzazioni di questo tipo ma, anche qui, si scopre che la percentuale più alta dei fondi raccolti, serve a mantenere in piedi la struttura organizzativa piuttosto che a finanziare le ricerche. Tutto molto umano e logico ma sorprendente se messo a confronto col manifesto di Roberto Burioni.
Il dr. Joseph Biederman è il più importante esperto mondiale di psicofarmaci antipsicotici. In questa materia ha pochi colleghi alla sua altezza ed esperienza. È lui che ha redatto le linee guida che regolano la somministrazione di questi farmaci ai bambini iperattivi e distratti. Come si legge sul sito AHRP (Alliance for Human Research Production) a firma di Vera Sharav, questo scienziato ha presentato i risultati dei propri studi clinici sull’efficacia di un farmaco “Rispendone”, prima di iniziarli. Che cos’è? Un mago che predice il futuro? Semplicemente la Johnson & Johnson (multinazionale del farmaco) aveva già deciso di servirsi degli studi del dr. Biederman, per incrementare le vendite di psicofarmaci, incluso il “Concerta”, destinato alla cura della sindrome ADHD (iperattività e deficit di attenzione), con studi pilotati atti a ridimensionare i pericoli di effetti collaterali sui bambini malati. Ce n’è per essere molto preoccupati sulle lacune della Scienza o no?
Nello stesso sito si denuncia che, sotto gli auspici del governo degli Stati Uniti, esperimenti medici non consensuali hanno esposto i pazienti al rischio di morte. La Health Affairs è una rivista pubblicizzata come “la bibbia della politica sanitaria” ha pubblicato i dati di oltre 40 studi che hanno coinvolto 46.464 pazienti. Il 94,6% di loro non era stato informato circa i rischi della sperimentazione. Il 29% erano afro americani. Il che contrasta con il dato statistico di riferimento, in quanto gli afro americani sono solo il 13% della popolazione statunitense. Questi pazienti reclutati senza la loro conoscenza e consenso informato, sono stati usati come cavie in esperimenti ad alto rischio di danni gravi. Due di ventiquattro studi hanno poi dimostrato un beneficio dagli interventi sperimentali. Altri interventi sono stati associati ad effetti avversi, tra cui aumento della mortalità, deficit neurologici e infarti del miocardio. Meno dell’1% dei pazienti si è ritirato dalla sperimentazione, perché semplicemente non erano stati avvisati dei rischi che correvano. Va bene la sperimentazione, va bene la difesa della Scienza ma che c’è di accettabile in questo comportamento scientifico? Forse il patto di Burioni andrebbe corretto con ulteriori frasi che non consentano un uso (diciamo disumano?) della sperimentazione scientifica.
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