Interviste

La storia di Barbara Bartolotti: il collega da bravo ragazzo ad aguzzino

Questo che stiamo per narrarvi non è un film dell’orrore, né tanto meno un caso di giustizia, si tratta di un quasi femminicidio, l’ennesimo che avviene in Italia in cui, l’aguzzino, il carnefice – come al solito – l’ha fatta franca. “Radio Radio” ha ospitato nella trasmissione “Un giorno speciale”, condotta da Francesco Vergovich, per “Storie al confine” quella di Barbara Bartolotti. In collegamento il noto giornalista Marco Guidi.

Barbara: “Era il 20 dicembre 2003. Lavoravo in un’impresa edile e l’ufficio lo condividevo con altri impiegati, uomini e donne. Avevo 29 anni, ero sposata con un poliziotto e aspettavo il mio terzo bambino. Un collega, che mai mi aveva fatto avance, mi ha invitato ad uscire con lui per lavoro. Vedendo che imboccava la strada dell’aeroporto, ho tentato di telefonare a mio marito che era al circo con i bambini. Lui mi ha colpito improvvisamente dietro la testa con un martello per quattro volte, dicendomi ‘Se non ti posso avere, meglio ucciderti”.

Dopo che gli ho detto ‘Bastardo’ mi ha colpito con calci e pugni; non contento mi ha sferrato colpi all’addome con un coltello facendomi perdere il bambino, infine mi ha dato fuoco. Io pensando ai miei figli mi sono fatta forza e mi sono lasciata bruciare facendo finta di essere morta. Poi ho spento con le mie mani le fiamme ed ho avuto la forza di scavalcare 2 metri e mezzo di filo spinato, lasciandovi brandelli di pelle. Sono stata fortunata, per caso sono passati due musicisti, due angeli che non percorrevano mai quella strada, i quali mi hanno portata all’ospedale. A loro ho ripetuto tante volte il nome del mio aguzzino. Per dieci giorni sono rimasta in coma.

Esiste l’aldilà: ho visto un luogo meraviglioso, prati verdi con bambini felici vestiti di bianco che giocavano. Quando mi sono svegliata è iniziato il mio calvario che è durato per sei mesi al Centro grandi ustionati dove hanno dovuto tagliarmi al vivo i brandelli di pelle bruciati. Lo hanno fatto per salvarmi. Ho perso 17 chili. Grazie al rito abbreviato il mio aguzzino è libero. Condannato a 24 anni, con l’indulto gli sono stati comminati soli quattro anni agli arresti domiciliari che non ha scontato mai, se non per pochi giorni. A casa incontrava, pur essendo proibito, la donna che è diventata sua moglie”.

Guidi: “Sono allibito più che esterrefatto. Non siete ricorsi in Appello?”

Barbara: “No, non potevamo a causa del rito abbreviato e del patteggiamento. Sono stata danneggiata nel corpo e nell’anima, da donna, da mamma. Lasciata sola ho fondato l’Associazione Onlus ‘Libera di vivere’ per aiutare le altre donne che come me subiscono violenze fisiche e morali.

Io dal 2003 sono senza lavoro, invece il mio aguzzino addirittura ha trovato lavoro all’Unicredit e sua moglie come maestra nella scuola di Marineo (grazie alle conoscenze della madre). Noi donne del femminicidio non siamo tutelate. Nel 2003 ancora non esisteva la legge che punisce lo stalking”.

Vergovich: “Oggi esiste, ma non ha prodotto passi avanti. E’ assurdo che una donna l’abbia sposato”.

Guidi: “Se accadesse a mia moglie o a mia figlia io andrei a cercare l’aguzzino.”

Barbara: “Mio marito è un poliziotto e se lo avesse ucciso gli avrebbero dato 30 anni di galera. Ha pensato che lui in carcere ed io tra la vita e la morte, come sarebbero vissuti i nostri figli ? Siamo rimasti persone perbene. Ho avuto il coraggio di rivederlo  nel 2011, quando gli è stato pignorato tutto in casa e venduto all’asta. Lui teneva gli occhi bassi. E pensare che chi va allo sportello dell’Unicredit se lo trova di fronte.

Quando ho telefonato all’Unicredit ed ho inviato la sentenza, mi hanno risposto: ‘Lei come si permette con un nostro impiegato ?’ Intanto io sono senza lavoro, nessuno mi ha aiutata, né dimostrato solidarietà. Vado avanti da sola con la mia Associazione; mi reco nelle scuole, aiuto le donne, le metto in  guardia raccontando la mia storia. Sono arrivata dove sono senza che nessuno mi aiutasse, né tantomeno lo Stato. Se non ho avuto giustizia sulla terra, avrò giustizia in Cielo. Non ho neanche una sede per la mia Associazione. Dobbiamo andare avanti per tutelare i nostri figli”.

Guidi: “Ripeto sono allibito. Troppe cose non funzionano in Italia. L’Unicredit avrebbe potuto evitare di offrirgli un lavoro. Certamente c’è qualcuno dietro che lo aiuta. La signora immagina qualcosa, ma non ha le prove ed evita di fare accuse”.

Cosa pensate di questa storia? Ancora una volta la giustizia italiana ha fatto fiasco disinteressandosi della vittima e premiando il suo carnefice.

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