Sono passati ormai 5 anni dal tragico terremoto dell’agosto 2016 che vide coinvolti molti paesi dell’Italia centrale. Tra i comuni più colpiti vi furono sicuramente Accumoli e Amatrice, in provincia di Rieti e Arquata del Tronto in provincia di Ascoli Piceno. Dopo 5 anni, il cambio di 4 commissari e sfilate di vari politici, ormai ridotto a un solo giorno, il 24 agosto, il ricordo dei caduti in quella tragica notte, durante il resto dell’anno tutto rimane fermo, immobile a come è rimasto 5 anni fa.
Abbiamo capito ormai tutti che lo Stato ci ha abbandonato, che i terremotati come mi disse una giornalista tempo addietro, non fanno più notizia, a noi non interessa essere al centro dell’attenzione, a noi basterebbe soltanto capire che qualcosa si sta muovendo, che finalmente la tanto agognata ricostruzione non è più un miraggio, ma comincia ad avere dei risvolti concreti, magari vedere una prima gru che cominci a sventolare, sarebbe la prima goccia in un oceano.
Invece siamo circondati da chiacchiere inutili e da piccoli faccendieri che cercano di raggirare la situazione a loro piacimento. Accumoli, il paese in cui risiedo, sicuramente è il più abbandonato tra i comuni terremotati. Le vicine Marche sono sicuramente meglio organizzate e gestite. Amatrice seppure nel Lazio, ha cominciato da tempo ad organizzarsi per la ricostruzione, sebbene all’inizio stentava a partire.
Accumoli contempla immobile le sue macerie, ormai ricoperte solo di erbacce e di piante che poco alla volta avanzano nascondendo gli ultimi segni del passaggio umano, un tempo presente tra i ruderi abbandonati. Anche io, un tempo tra le più accanite sostenitrici di Accumoli e della sua ricostruzione, piano piano ho smesso di sognare un futuro nel mio paese, continuo a vivere nella mia SAE, sperando che non si sfaldi del tutto, visto che le Sae (soluzioni abitative d’emergenza) dovevano servire per poco tempo, poi si sarebbe rientrati nelle nostre case ad Accumoli.
Questa estate non è trascorsa del tutto tranquilla, ormai i non residenti che avevano le case in paese cominciano a sentire la mancanza di questa lontananza forzata. Causa anche il Covid che ha finito di esasperare gli animi delle persone. Accumoli manca a tutti, anche a quelli che un tempo non sapevano apprezzare le sue bellezze, adesso si sente più che mai il bisogno di rientrare in quelle abitazioni, che almeno in estate si aprivano anche se per poco tempo.
Quelli che sono rimasti in paese, non sanno più cosa aspettare, sanno solo che dopo il terremoto una popolazione vive di stenti. Il terremoto del 2016 è stato devastante e purtroppo non tutti si sono potuti riorganizzare con il lavoro. La Regione prestava aiuti a chi voleva portare avanti un progetto in agricoltura o con l’allevamento del bestiame che sono dei mestieri per persone giovani e vocati a queste attività.
Considerando che la maggior parte delle persone che sono sul territorio sono anziane, e le rimanenti prima del terremoto facevano altri mestieri adesso impraticabili, infatti i muratori e artigiani vari non avendo case da ricostruire sono disoccupati o debbono lavorare altrove. I giovani, quelli che possono scappavano via da questa realtà desolante, rimane una fascia di cinquantenni e sessantenni non ancora pensionabili e difficili da riciclare sul mercato.
Chi aveva un B&B prima del terremoto è fermo da anni, anche se in compenso debbono subire la beffa di veder costruire in una zona Sic e di alto interesse ambientale, un rifugio perché così bisogna chiamarlo, a tre piani con 18 stanze, in un posto i pantani a 1600 metri dove nevica 9 mesi l’anno, senza una strada percorribile dal paese. Accumoli è diventato il paese degli sprechi: si costruiscono scuole per bambini che non ci sono, strutture sportive per i vecchietti rimasti che ormai hanno una voglia di correre e giocare a calcio che si può immaginare.
Ci portano ad Accumoli tutto quello di cui noi abitanti non abbiamo bisogno, un’università della conoscenza utile non si capisce a chi, con tanto di campus annesso, in progetto da anni e fermo sulla carta. I vari comitati del territorio, quelli più attivi almeno così amano definirsi, sono riusciti a riportarci nel villaggio SAE, la statua di Salvator Tommasi che adesso ammiriamo nella piazza, sperando che dopo le statue arrivino anche le case.
Al momento però dobbiamo solo accontentarci di guardare la statua, anche perché con il passare del tempo, siamo diventate statue anche noi, senza più sentimenti, immobili, pronte a essere rispolverate ogni 24 agosto, quando per un giorno solo si ricorda il terremoto, poi ci rigettano nel dimenticatoio del silenzio che ormai avvolge questa tragedia.
(Testo di Roberta Paoloni)
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