La tempesta sedata
“Perché non avete fede?”
Il racconto della tempesta sedata (Mc. 4, 35-40), pur essendo in sé chiaro e suggestivo, necessita di qualche spiegazione, affinché sia possibile afferrarne tutta la ricchezza spirituale e teologica. La scena si svolge durante la traversata nel lago di Tiberiade che, nel testo di Marco diventa “mare”. In ebraico, la stessa parola serve ad indicare qualsiasi distesa d’acqua, sia lago che mare: si applica ad un lago il termine che ordinariamente designa il mare. Nella Bibbia, il mare viene presentato come un “caos” da cui escono le forze ostili a Dio e all’uomo. Per creare e ricreare il mondo, è necessario innanzitutto vincere e dominare questo elemento del mare.
Ma tale vittoria supera tutte le forze umane; solo la potenza creatrice di Dio può imporre la propria legge alle onde mostruose e salvare gli uomini dalla tempesta. Nei Salmi ( 107, 26-30) si trova una preghiera di un popolo che manifesta apertamente la paura del mare e la sua completa fiducia in Dio creatore e salvatore. Il racconto della tempesta sedata non si limita soltanto a riferire uno dei tanti miracoli di Gesù, ma acquista un significato del tutto particolare: la lotta contro il caos, contro il mare e il grande abisso e la vittoria sulle forze del male rifugiatesi nelle acque sono proprie dell’azione creatrice e redentrice di Dio. Gesù, che con un gesto efficace e profetico, comanda con autorità al vento e al mare, si rivela già qui Figlio di Dio e salvatore di tutta la creazione. Con quest’opera di salvezza, egli annunzia, prepara, inaugura la lotta decisiva che ingaggerà contro le forze del male e della morte. Gesù si rivolge al mare con le stesse parole utilizzate abitualmente per combattere i demoni (Mc. 1, 25), e si comprende lo stupore degli apostoli di fronte a questo gesto che assume ai loro occhi il valore di una autentica presenza di Dio (teofania).
La fede nel Cristo che domina la tempesta
Nella prima parte del suo Vangelo, Marco concentra la sua attenzione sulla domanda che ogni uomo deve rivolgere a Gesù: “Tu chi sei?”. L’evangelista con la narrazione della tempesta sedata vuole rivelarci il mistero di Gesù nella sua missione: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?” (v. 41). E’ lo stupore pieno di ammirazione dei discepoli dinanzi al mistero di Gesù che agisce con forza divina.
La paura di passare all’altra riva (v. 35). “Verso sera”: è l’ora delle tenebre, per Marco che si serve di immagini e rappresentazioni visive per esprimere le proprie idee. Anche l’invito ad “andare all’altra riva” appare indefinito e ambiguo. La furiosa tempesta (v. 37), le onde che aggrediscono la barca, l’acqua che vi penetra e la riempie, sono fattori tutti visivi che contribuiscono a creare un’atmosfera di prova e di pericolo. Essa non è un banale incidente: la scena si svolge sul mare, sull’abisso primordiale dove trovano rifugio le forze del male. Eccole agitarsi per inghiottire gli uomini e con loro il Figlio di Dio venuto a salvare il mondo. E’ impossibile non vedere qui, in trasparenza, la vera tempesta del Venerdì Santo abbattutasi su Gesù e sui discepoli. Del resto, in tutti i tempi, l’uomo affronta questa tempesta quando urta contro le prove dell’esistenza e quando, giunta la sera, in pericolo di essere inghiottito dalle forze della morte, deve passare all’altra sponda.
Il sonno del Cristo e la morte di Dio (v. 38). Orbene, mentre la barca e i suoi occupanti erano in pericolo, Cristo dormiva. Nel sonno del Cristo dobbiamo vedere un’immagine della sua morte o un simbolo della sua assenza corporale. Il tema del sonno è utilizzato nella Bibbia anche per esprimere l’indifferenza di Dio e la sua assenza apparente. Veramente Dio ci abbandona proprio nei momenti più duri? No, certamente! Più attivamente presente di qualsiasi realtà terrena, egli si situa ad un livello di profondità tale che il nostro slancio verso di lui, per raggiungerlo, deve trasformarsi in fede. Non una fede qualunque, ma una fede radicata nel Cristo, una fede che rinnovi la sua accettazione della morte prima di giungere alla risurrezione.
La fede nel Cristo morto e risorto. Il grido degli apostoli che destano Gesù: “Maestro, non t’importa che moriamo?” (v. 38), è una mancanza di fede. “Non avete ancora fede?” (v. 40): i discepoli non solo hanno paura che Gesù addormentato non li possa salvare, ma non hanno ancora capito che la salvezza portata dal Cristo non elimina i pericoli e le tempeste, anzi deve passare attraverso la passione e la morte.
Nella tempesta sedata, dobbiamo dunque vedere in trasparenza la grande tempesta della Passione che scuote la piccola barca della comunità apostolica, lo smarrimento che si impadronisce degli apostoli mentre il Cristo è addormentato nella morte. Ma dinanzi alle forze del caos, dinanzi al male e alla morte, simboleggiati dal mare, ecco che Gesù risorge per virtù di una forza divina. Noi siamo imbarcati con il Cristo sulla stessa barca umana, siamo sommersi dagli stessi pericoli mortali e, quando il Cristo si desta, quando risorge e impone silenzio al “nemico”, con sé salva tutti noi. Non meravigliamoci della tempesta che infuria, non gridiamo con angoscia verso il Cristo, piuttosto volgiamoci verso il Salvatore vittorioso e imitiamo gli apostoli finalmente credenti: il vero discepolo deve seguire il Cristo con fiducia, consapevole che la strada della vita passa necessariamente attraverso la tempesta e la morte.
Il Cristo e la vera fede
Questo brano presenta dunque un duplice insegnamento: l’evangelista riesce a presentarci contemporaneamente l’annientamento del Cristo e la sua gloria pasquale; descrivendo gli apostoli scossi dal dubbio, rimproverati da Gesù, Marco ha voluto sottolineare la necessità della fede. Siamo persuasi che l’evangelista Marco ha voluto trasmetterci questo insegnamento: seguire il Cristo con fede nella tempesta, sia ieri che oggi, significa sempre seguirlo nella sua morte e risurrezione. Anche la conclusione del racconto (“Chi è dunque costui al quale anche il vento e il mare obbediscono?” v. 41) esalta la missione e la persona di Cristo. Ma questa esaltazione di Gesù come salvatore e Signore si presenta come la testimonianza di fede degli apostoli ed è un invito all’autentica fede cristiana che passa attraverso la croce e la risurrezione.
Bibliografia consultata: Lamarche, 1970.