La Capitale e il Lazio si trovano al centro di una crisi profonda: tredici femminicidi registrati nel 2024, dieci dei quali solo a Roma. Numeri che raccontano una realtà in cui le donne continuano a morire, spesso per mano di uomini che non accettano il rifiuto o la libertà delle loro vittime.
Ogni nome racconta una storia tragica. Da Manuela Petrangeli, uccisa con freddezza dall’ex a luglio, a Annarita Morelli, assassinata in strada dal marito che non voleva accettare la separazione. Storie di possesso, di controllo, di un patriarcato che si manifesta nella sua forma più feroce. Questi non sono casi isolati: i femminicidi sono l’apice di un sistema che ogni giorno limita la libertà delle donne.
Il 23 novembre, la marea fucsia di “Non Una di Meno” tornerà a riempire le strade di Roma. Un corteo transfemminista senza simboli politici partirà da piazzale Ostiense per urlare contro il patriarcato e la violenza che permeano ogni aspetto della società. “Le parole del ministro Valditara confermano l’urgenza di scendere in piazza”, affermano le organizzatrici, riferendosi a dichiarazioni percepite come una giustificazione della deriva autoritaria.
Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha scosso l’opinione pubblica, ma non basta la commozione. Serve un’azione concreta. I dati del 1522, con il raddoppio delle chiamate nel Lazio, sono incoraggianti: più donne trovano il coraggio di denunciare. Anche i centri antiviolenza, come quelli di D.i.Re, hanno registrato un aumento del 14% delle donne accolte. Tuttavia, il cambiamento culturale è ancora lontano.
Strumenti come il Mobile Angel, uno smartwatch collegato ai carabinieri, rappresentano un passo avanti, ma non possono sostituire una vera educazione al rispetto e alla parità di genere. Come ha sottolineato Antonella Veltri, “negare l’esistenza del patriarcato o minimizzarne gli effetti è una forma di violenza”. Ogni donna uccisa è una sconfitta per tutta la società. La lotta al patriarcato deve partire da politiche integrate, educazione e un forte impegno contro gli stereotipi. La manifestazione del 23 novembre non è solo un momento di commemorazione, ma un grido di resistenza.
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