La ragazza tornava da Roma col treno delle 18. La stazione ferroviaria di Valmontone è in centro, due passi e sei su via Casilina, tra il traffico e i negozi. Qualcuno la segue, sono in tre i balordi e hanno brutte intenzioni. Chissà se erano in cerca di una preda qualunque o puntavano proprio lei. Cambia nulla, la seguono. Passano davanti a qualche negozio, un bar, una banca le cui telecamere di sorveglianza hanno ripreso le immagini. La ragazza, minorenne, incede. Evidentemente non ha sospetti, avrebbe chiesto aiuto, al telefono magari, se avesse capito di essere seguita.
Prende via Giacomo Matteotti, una strada interna, parallela a via Casilina, è diretta verso casa. Una strada dove, una dopo l’altra, si susseguono molte attività commerciali. Tanti negozi, normalmente c’è gente che guarda in quella via e sono le 6 del pomeriggio, poco più. Al branco non interessa rischiare di essere visti. Fiutano il sangue e attaccano, fanno violenza sulla ragazza, la toccano, provano a toglierle la maglia, i vestiti di dosso. Una persona vede la scena e accorre in aiuto della ragazza, i tre vermi scappano. E’ stata violenza, sessuale, ma per fortuna non carnale. Non cambia nulla nella gravità dell’accaduto ma cambia molto per la memoria della ragazza.
La risposta in parte la troviamo nella fattura dei 3 delinquenti. Uomini del genere sarebbero capaci di uccidere per nulla. Non servirebbe loro nemmeno un pretesto. Aggredire in quel modo una ragazzina per violentarla in mezzo a una strada davanti a possibili testimoni racconta una totale assenza di coscienza e di freni inibitori. Gente del genere è capace di fare qualsiasi cosa ed è un pericolo serio per la comunità. La Legge conosceva le tre canaglie, che avevano già mostrato di che pasta erano fatte. La peggiore.
E’ per questo che la Giustizia avrebbe dovuto fermarli subito, non permettere loro di essere liberi e di godere di benefici di legge immeritati. Come il branco che ha ucciso a Colleferro, anche questi erano nel libro nero delle forze di Polizia. Hanno una residenza, un indirizzo e la legge non consente che finiscano in carcere? Allora i cittadini devono sapere che in città ci sono persone pericolose. Devono conoscere i loro volti, la loro identità va esposta pubblicamente. La gogna meritano questi brutti ceffi. E’ il distanziamento sociale che ogni buon cittadino vorrebbe.
Non è una provocazione. Nel quartiere dove abita una persona pericolosa va fatto sapere chi è. L’amministrazione comunale lo deve esigere a vantaggio della sicurezza dei cittadini.
Eccola. Valmontone è una città buia. Troppo buia. Una città illuminata non solo è una città più viva ma è soprattutto una città più sicura. Non ci vuole molto a capirlo. Il denaro speso per illuminare una città è denaro speso bene. Una città spenta, spegne anche la sicurezza ed è un insulto verso i cittadini. Innanzitutto verso le donne, le prime a doversi preoccupare a camminare nel buio.
Abbiamo parlato con il sindaco Alberto Latini: “Il degrado della stazione ferroviaria di Valmontone è vergognoso. Prendo impegno da questa sera a dare ai pendolari una stazione sicura e illuminata. Sarà l’ultimo posto dove potrà nascondersi un malintenzionato. E l’impegno vale anche per l’illuminazione cittadina. L’ aggressione subita dalla ragazza poteva accadere in qualunque città ma noi come amministrazione faremo il possibile perché non succeda più nel nostro comune. Abbiamo già deciso di costituirci parte civile nel processo penale che ci sarà e ci faremo carico delle spese legali che la famiglia della ragazza dovrà affrontare. Faccio anche un plauso e sono onorato di avere concittadini come la persona che è corsa in aiuto della ragazza”.
Valmontone, la violentano davanti al portone di casa. Tre sciacalli, lei minorenne
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